Sarà per il cast, sarà per l'umorismo, sarà per l'atmosfera, ma ne La scommessa di Giovanni Dota c'è tutta la grande tradizione della commedia napoletana, tra cinema e teatro. Uno spazio chiuso, rappresentato dalle corsie di un ospedale, e la voglia di ammazzare (letteralmente) il tempo, lungo l'infinita notte di ferragosto. Al centro del film, due infermieri, indolenti, svogliati, stropicciati (interpretati da Carlo Buccirosso e Lino Musella, straordinari), che scommettono sulla vita e sulla morte di un paziente in fin di vita. Ne La scommessa - Una notte in corsia, passato alle Giornate degli Autori di Venezia 81, l'impianto teatrale di un set che si rifà alla napoletanità sincera e irresistibile.
"Sono un grande appassionato nel teatro di Eduardo", dice Giovanni Dota, durante la nostra chiacchierata. "Questa passione è sicuramente un condizionamento inconscio. Poi, la questione del ridere delle tragedie con un certo fatalismo è assolutamente napoletano. Sappiamo cosa vuol dire vivere ai piedi del Vesuvio. È un modo di affrontare la vita. Da napoletano mi sento abbastanza condizionato in questo. In più, ci metti che ho sempre apprezzato la capacità, rapidamente napoletana, di sdrammatizzare qualsiasi evento tragico".
La scommessa: il film raccontato da Giovanni Dota
Il filo che mette in comunicazione La scommessa - scritto da Giovanni Dota insieme a Giulia Magda Martinez e Matteo Visconti - è proprio l'umorismo, correlato al senso di noia che finirà per accendere gli eventi della storia. "Mio padre mi ha insegnato a ridere delle cose cattive", continua il regista. "Costruendo il film abbiamo organizzato un senso di claustrofobia, che gioca sul concetto di noia. Siamo a ferragosto, vorresti essere ovunque, tranne che al lavoro. Dovevamo stabilire dei limiti, anche visivi: non abbiamo cercato il primo piano, bensì muovevamo la macchina come se fosse un occhio osservante".
La forza della comicità napoletana
Se oggi è complesso scrivere una commedia, forse la comicità napoletana - come dimostra La scommessa - è l'unica ad infilarsi con precisione nel sottile confine tra correttezza e scorrettezza. "Sicuramente è forte la caratteristica dell'umorismo napoletano. Non basta essere napoletani, però. Nel senso che è necessario ascoltare la nostra grande tradizione, ma anche la nostra grande tradizione nazionale, e mi riferisco anche a Dino Risi, a Monicelli, alle tragedie che fanno ridere, al voler utilizzare la commedia come strumento per ferire. Questo purtroppo oggi lo vedo fare sempre meno, ma credo che la mia generazione stia tornando a voler pungere con la commedia. Parlare con la risata è qualcosa di molto profondo", prosegue Giovanni Dota, che poi spiega come ha scelto le facce giuste per il cast. "Ci siamo divertiti tantissimo a scrivere questi personaggi. Molte facce, ma anche molte fisicità, erano già stabilite sulla carta. Quando hai un personaggio come Wrustelle, lo fai pensando già di dargli un fisico... Io ho pensato subito immediatamente a Nello Iorio. Nello ha una tradizione comica che viene anche da Made in Sud, è diventato popolare con dei personaggi, ma l'abbiamo inteso come personaggio cinematografico. Sono tutti i personaggi che vengono fuori dalla scrittura. Noi avevamo in mente quelle facce lì. Gli attori e le attrici che hanno accettato ci hanno permesso di avere il cast che si sognavamo".
Il diritto alla noia
Se la noia è lo schiocco che poi accende il film, oggi abbiamo un rapporto strano con questo sentimento, cercando in tutti i modi di allontanarlo. Eppure, l'essere annoiati è un'emozione indispensabile. "Appartengo all'ultima generazione che ha avuto a che fare con la noia", ci dice Giovanni Dota, "Ho dei nipoti che fanno molta fatica a stare un attimo senza far niente. Questa frenesia è figlia del nostro tempo ed è l'evento scatenante del film. Senza la noia e senza la capacità di due personaggi al limite come Salvatore ed Angelo, il film non poteva esserci. Fanno un lavoro che probabilmente non gli dà le soddisfazioni che vorrebbero. Il lavoro però è un pretesto, ci interessava che i due personaggi affrontassero al meglio la svogliatezza di una giornata uguale alle altre, che improvvisamente cambia e svolta".