La rivoluzione ha inizio
Smartphone, TV, computer, internet. Ma anche lavatrici, condizionatori, asciugacapelli, automobili. Sapreste vivere senza tutto questo?
Sono costretti a farlo i protagonisti di Revolution, nuova serie ideata dall'Eric Kripke di Supernatural e prodotta dalla Bad Robot di J.J. Abrams per la NBC, che vediamo in Italia dal 15 Gennaio 2013 su Steel di Mediaset Premium. Il pretesto è semplice: per cause sconosciute, almeno allo spettatore ed alla maggioranza della popolazione, si verifica un catastrofico blackout che rende inutilizzabile qualunque prodotto della tecnologia umana. E si tratta evidentemente di qualcosa di causato, perchè nessuno è in grado di sistemare il problema e ripristinare l'elettricità.
Quindici anni dopo, la civiltà come noi la conosciamo non esiste più e la popolazione vive in un mondo che ha fatto diversi passi indietro rispetto al nostro, antico per molti versi, in cui la legge del più forte ha assunto un nuovo valore, in cui il problema delle risorse e del loro sfruttamento non è di immediata gestione, in cui una milizia armata cerca di prendere il comando.
Due idee, quindi, unificate per creare la complessa ambientazione che viene fuori dall'intreccio delle due anime della serie: da una parte la storia ambientata nel presente che ha la forma della più classica delle quest fantasy, con la giovane protagonista Charlie impegnata in un viaggio per salvare il fratello Danny accompagnata da un eterogeneo gruppo di eroi (e non mancano combattimenti armati di spade e dei misteriosi medaglioni che hanno il sapore di oggetti magici); dall'altra gli immancabili flashback della TV post-Lost, che poco per volta svelano alcuni retroscena del disastro, nonchè gli inevitabili misteri ad esso legati ed i tanti segreti relativi ai personaggi principali. Se infatti la Charlie di Tracy Spiridakos è molto lineare nella sua evoluzione, almeno nel primo blocco di episodi, se l'Aaron di Zak Orth è il classico accompagnatore imbranato e nerd e la Maggie di Anna Lise Phillips rappresenta una figura materna di riferimento per la protagonista, non mancano i personaggi con un background più articolato e, perchè no, misterioso ed intrigante. E sono loro a fornire i maggiori motivi di interesse della prima parte di stagione di Revolution: lo zio Miles di Billy Burke, l'antieroe per eccellenza, i cui risvolti ci vengono svelati poco per volta, di episodio in episodio; l'ambiguo Nate di J.D. Pardo, il capitano Neville dell'intenso Giancarlo Esposito e l'ipnotico Monroe di David Lyons. Sono i personaggi che hanno di più da dire allo spettatore e sfortunatamente lo fanno soprattutto attraverso i flashback, rendendo quella linea narrativa di gran lunga più interessante del filone principale della storia, che si dipana nel presente della serie. La trama della prima parte di stagione, quella che segue il viaggio di Charlie, zio Miles ed i loro accompagnatori fino a Philadelphia per raggiungere Danny nel suo luogo di prigionia, è infatti il principale punto debole della serie e procede senza slanci tra momenti autoconclusivi e lungaggini fine a sè stesse, nonostante il coraggio di alcune scelte (pensiamo alla precoce morte di uno dei personaggi, che mette tutti gli altri in pericolo agli occhi dello spettatore) e le ammiccanti (quanto inevitabili) citazioni della letteratura di genere, con L'ombra dello scorpione di Stephen King in primis.
Un difetto che la produzione sembrerebbe aver percepito, ponendo una lunga pausa di quattro mesi dopo la trasmissione del decimo episodio della prima stagione, per dar modo agli autori di porre i correttivi del caso prima di proseguire con i restanti dieci. Si arriva quindi a un totale di venti e non ventidue, come sarebbe previsto dall'ordine ottenuto subito dopo le prime settimane di programmazione USA: un ripensamento dovuto proprio ai difetti di cui sopra?
Intanto Revolution continua a reggere a livello di ascolti e, dopo il fisiologico calo tra il primo ed il secondo episodio, si è mantenuta costante fino al Fall finale di novembre. Ma il pubblico televisivo non ha memoria lunga: saranno ancora tutti davanti i teleschermi americani il prossimo 27 Marzo?