Nuova Zelanda, anni Sessanta. La famiglia Mahana vive da anni sotto l'autorità del severo patriarca Tamihana, che detta il destino di figli e nipoti curandosi poco delle loro opinioni in merito. Questo fino al giorno in cui il giovane Simeon, anche perché invaghito di una ragazza la cui famiglia è nemica giurata dei Mahana, comincia a ribellarsi alla tirannia del nonno, con conseguenze monumentali per tutta la stirpe del patriarca...
C'era una volta Lee Tamahori
Classe 1950, il neozelandese Lee Tamahori si era fatto notare, nel 1994, con la sua potente opera prima, Once were warriors - Una volta erano guerrieri, imponendosi come uno dei nomi da tenere d'occhio per quanto riguardava la cinematografia del suo paese. Una promessa in realtà non mantenuta, poiché Tamahori è rimasto subito vittima della trasferta hollywoodiana, firmando opere mastodontiche e dimenticabili come 007 La morte può attendere, xXx 2: The Next Level e Next. A oltre vent'anni di distanza dall'opera prima è finalmente tornato in patria, ritrovando per l'occasione l'attore Temuera Morrison, che i fan di una certa saga di fantascienza ricorderanno forse per essere stato il "padre" di Boba Fett in Star Wars ep. II - L'attacco dei cloni. Nel 1994 era uno dei guerrieri, oggi invece è diretto da Tamahori in un ruolo meno action, ma non per questo meno brutale.
Nonno padrone
Il motivo principale per vedere The Patriarch è proprio la presenza dominante e temibile di Morrison nei panni del patriarca che dà il titolo internazionale al film (Mahana in originale). Circondato da altri volti presi dalla comunità Maori, egli è una figura centrale potente e carismatica, sorta di dittatore del terreno famigliare. Attorno a lui Tamahori costruisce un mondo credibile e suggestivo, attingendo ad un'iconografia che non sarebbe fuori posto in certi Western o mélo americani del periodo in cui è ambientata la storia (non per niente il giovane Simeon è un cinefilo, che frequenta la sala locale con assiduità). E così facendo torna finalmente a realizzare un film dove gli effetti speciali e lo star power non hanno la meglio sulla narrazione, grazie anche al materiale di base piuttosto solido (un romanzo dell'autrice de La ragazza delle balene).
Un film dal taglio classico, a tratti forse un po' troppo, poiché oltre a replicare l'atmosfera del decennio in cui è ambientata la storia ne riproduce anche certe semplificazioni a livello tematico, lasciando sullo sfondo una potenziale sottotrama tutt'altro che banale sulle tensioni tra i bianchi neozelandesi e la comunità Maori. Ma in fin dei conti questo dettaglio non nuoce in modo irreversibile alla fruizione di un buon pezzo d'entertainment che ci permette di esplorare un paesaggio - fisico e psicologico - abbastanza sconosciuto a livello internazionale, nonché di ritrovare un regista che avevamo dato per perso nel suo ambiente ideale. Con risultati che ci danno una rinnovata speranza per il suo nuovo lungometraggio, anch'esso previsto per il 2016.
Movieplayer.it
3.5/5