Thierry (Vincent Lindon) è un uomo impegnato, dopo i cinquanta, nell'affannosa e umiliante ricerca di un nuovo impiego. Tra agenzie di collocamento, corsi di formazione inutili, colloqui degradanti, la sua è una corsa contro il tempo con la speranza di poter continuare a sostenere la famiglia, gli studi e le cure necessarie al figlio affetto da paralisi cerebrale.
Le scelte che ci definiscono
Il regista Stéphane Brizé lo segue prova dopo prova, scrutando con discrezione anche il suo quotidiano, le piccole mansioni casalinghe, le lezioni di ballo con la moglie, per illuminare passo passo una persona semplice che è disposta a molto per risolvere una situazione economicamente compromessa, ma con dei limiti, limiti che raccontano molto di lui e forse di noi. Perché il percorso frustrante che è costretto a percorrere, le umiliazioni che deve a subire senza mai smettere di essere cortese e pacato, e poi la posizione che si ritrova a coprire come addetto anti-taccheggio in un supermercato incattivirebbe un uomo appena meno gentile, generoso e attento agli altri di Thierry.
Non è un paese per giusti
Come detto, il film segue senza sosta il suo esclusivo protagonista, senza cercare di esplorare altri conflitti oltre a quello che Thierry ha con sé stesso, che è il fulcro del film: è quando passiamo dai colloqui umilianti, dai momenti imbarazzanti in cui i formatori del personale criticano ogni aspetto della sua persona, alle scene in cui assiste alle umiliazioni altrui che qualcosa in lui comincia a cedere.
In quel momento ci rendiamo conto della funzione di quanto Brizé, sempre poco intrusivo ma attentissimo, ci ha mostrato di Thierry: la scena in cui rifiuta fermamente l'idea di vendere il suo appartamento per non perdere tutto quello che ha costruito fino a quel momento; quella in cui si difende dall'aggressività degli aspiranti compratori della sua roulotte; e quella in cui affronta l'insegnante di suo figlio, e contempla, e, ancora una volta rifiuta fermamente, la possibilità di mancare l'obiettivo più importante e ambizioso, mandare il figlio in una buona università. Tutti episodi che ci raccontano chi è Thierry, ci parlano dei suoi solidi principi e dei suoi semplici desideri, e che ci preparano ad assistere alle scene penose che si svolgono nel retro del supermercato, quando è Thierry a trasformarsi in spettatore dei drammi altrui.
Anziani che non hanno di che pagare il pezzo di carne che hanno taccheggiato e finiscono con l'essere denunciati, cassiere che intascano qualche buono sconto per avere due soldi in più per aiutare i figli; queste sono le persone alla cui vergogna deve assistere, complice suo malgrado dello stolido, ipocrita manager del negozio.
È qui è davvero formidabile il lavoro sul body language del silenzioso Lindon, che ci parla con la tensione dei muscoli del collo, col tremare delle palpebre dell'effetto che quella vile routine sta avendo su lui. A questo punto lo conosciamo abbastanza bene. E siamo orgogliosi di girare i tacchi insieme a lui.
Movieplayer.it
3.5/5