Lui, Arnaud Labrède (Kévin Azaïs), ha appena perso il padre, vive con la madre Hélène (Brigitte Roüan) e, insieme al fratello maggiore Manu (Antoine Laurent), ha intenzione di trascorrere l'estate occupandosi della falegnameria di famiglia, fra piccoli lavori artigianali e passeggiate con gli amici sulle spiagge della Guascogna. Fino a quando non incontra lei...
Lei, Madeleine (Adèle Haenel), è una ragazza introversa e scostante ed è determinata ad arruolarsi nel corpo dei parà, che proprio in quei giorni stanno effettuando una campagna di reclutamento presso una località balneare. Conquistato dalla bellezza selvatica e dalla fierezza indomita di Madeleine, d'impulso Arnaud sconvolge i propri progetti per l'estate e decide di seguire la ragazza nel campo d'addestramento, suscitando reazioni spesso imprevedibili.
Love Is a Battlefield
"L'amore è un campo di battaglia", cantava Pat Benatar: letteralmente, nel caso di The Fighters - Addestramento di vita, piccolo fenomeno della scorsa estate in Francia, dopo essere stato presentato con successo al Festival di Cannes 2014 nella sezione Quinzaine des réalisateurs, aggiudicandosi il premio FIPRESCI, e rititolato The Fighters - Addestramento di vita per la sua uscita nelle sale italiane. Lungometraggio d'esordio del regista Thomas Cailley, anche autore della sceneggiatura con Claude Le Pape, Les combattants mette in scena, con la semplicità, la grazia e l'acutezza di cui sono capaci soltanto (o quasi) gli autori d'Oltrealpe, quel periodo della vita, meravigliosamente drammatico, che corrisponde al definitivo abbandono dell'adolescenza e al passaggio ormai obbligato verso l'età adulta. Una fase della govinezza in cui è necessario farsi carico di responsabilità ed inquietudini in grado di indurre timore e di generare un perenne stato di incertezza, spingendo verso scelte radicali frutto di ardui compromessi fra la ragione e l'istinto.
A queste meccaniche reagiscono, seppure con modalità agli antipodi, anche i due protagonisti de Les combattants: l'Arnaud di Kévin Azaïs, alla cui tenera mitezza si accompagnano un'ostinazione silenziosa e una solidità frutto di una precoce maturazione; e la Madeleine di Adele Haenel, 'maschiaccio' intrattabile che nasconde la sensibilità e le paure dei suoi vent'anni dietro una facciata di aggressività e di indipendenza. Due opposti destinati ad attrarsi fin dal primo incontro, già preludio di un'imminente "guerra dei sessi": un'esercitazione di lotta libera in riva al mare, in cui il colpo di fulmine e la pulsione erotica sono declinati in un agonismo talmente feroce da rivelare senza possibilità d'equivoco una passione latente. Ma ne Les combattants la storia d'amore si intreccia con i canoni del racconto di formazione, secondo un approccio che non calca mai il pedale né sulla comicità (limitandosi a qualche sottile spunto umoristico), né sul melodramma, per mantenere invece un sostanziale equilibrio fra i due registri.
Una commedia fra rivalità e sentimenti
Thomas Cailley, infatti, si limite a qualche lontana eco della screwball comedy nei vivaci alterchi fra i due personaggi, e nel corso della seconda parte della pellicola, ambientata all'interno del campo d'addestramento militare, evita derive ridanciane in stile Soldato Giulia agli ordini, per aderire piuttosto ad un calibrato realismo che contribuisce a rendere i due protagonisti, così come le loro interazioni, assolutamente concreti e credibili. Un elemento da cui derivano gran parte del fascino del film, ma anche alcuni piccoli squilibri a livello di ritmo e di gestione dell'intreccio, fra esplosioni di idilliaco erotismo e un'improvvisa parentesi drammatica - l'immensa nube grigia provocata dall'incendio - dai contorni quasi apocalittici: ingredienti di un amalgama singolare ed accattivante, ma che lascia talvolta l'impressione di un potenziale non sfruttato fino in fondo.
Notazioni a margine, comunque, per un debutto originale quanto promettente, da apprezzare proprio in virtù di certe scelte narrative, e che in patria ha ricevuto il plauso incondizionato della critica e l'attribuzione di tre premi César: quello come miglior opera prima, il trofeo come miglior attore emergente per il ventiduenne Kévin Azaïs, impeccabile in un ruolo in apparenza dimesso e sotto le righe, e la statuetta come miglior attrice (quantomeno eccessiva, vista la concorrenza delle ben più meritevoli Marion Cotillard e Juliette Binoche) per la venticinquenne Adèle Haenel, al suo secondo César consecutivo dopo quello come miglior attrice supporter per Suzanne. E proprio nella bizzarra alchimia fra Azaïs e Haenel risiede uno dei punti di forza di una commedia sentimentale che è anche e soprattutto un inno all'importanza di trovare se stessi e di esprimere a piena voce (si veda in proposito la splendida locandina originale) il proprio universo emozionale.
Movieplayer.it
3.0/5