Terminator: Genisys e i paradossi di una saga che guarda al passato più che al futuro

James Cameron aveva chiuso nella maniera più soddisfacente possibile la saga di Sarah e John Connor con Terminator 2; ogni rielaborazione o sequel successivo ce l'ha fatto rimpiangere. E il film di Alan Taylor purtroppo non fa eccezione.

Ammettiamo di essere arrivati alla proiezione di questo quinto Terminator piuttosto prevenuti: non tanto per l'operazione in sé che, in questi tempi di remake/reboot/sequel a gogo, non fa più alcun effetto, ma perché se c'è una saga cinematografica di successo che in questi anni ha dimostrato di essere meno longeva di quanto fosse lecito aspettarsi è proprio quella iniziata da James Cameron nel 1984.

Terminator: Genisys - Arnold Schwarzenegger in una sequenza del film diretto da Alan Taylor
Terminator: Genisys - Arnold Schwarzenegger in una sequenza del film diretto da Alan Taylor

E il problema è proprio qui, nel nome di questo regista che 24 anni fa con Terminator 2 - il giorno del giudizio non solo realizzò uno dei migliori sequel della storia del cinema ma chiuse in maniera (quasi) definitiva la storia di John e Sarah Connor. È ovvio che in una storia in cui i viaggi nel tempo sono all'ordine del giorno niente può considerarsi davvero chiuso, ed è proprio questo espediente che in tanti hanno utilizzato negli anni successivi sia al cinema (Terminator 3 - Le macchine ribelli e Terminator Salvation) che in TV (Terminator: The Sarah Connor Chronicles), ma il risultato ha sempre fatto rimpiangere Cameron, l'uomo che proprio al film del 1984 deve l'intera carriera, quella da "Re del mondo".

Terminator: Genisys - un'immagine del film diretto da Alan Taylor
Terminator: Genisys - un'immagine del film diretto da Alan Taylor

La buona notizia è che nel 2019, a 35 anni esatti dal primo film, i diritti torneranno al buon Cameron che potrà eventualmente riprendere ad occuparsene in prima persona o, più presumibilmente, lasciare che i suoi amici metallici trovino un po' di pace; nel frattempo il suo contributo non può che limitarsi a qualche consiglio - comunque molto azzeccato, come il tornare ad utilizzare il T-800 originale di Arnold Schwarzenegger - o ad una (sincera?) benedizione.

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"Se vi piacciono i film di Terminator, vi innamorete di questo Genisys"

Terminator: Genisys, Jai Courtney in una scena
Terminator: Genisys, Jai Courtney in una scena

Davvero Jim? Non facciamo fatica a credere che Cameron possa avere apprezzato i primi 20 minuti: quelli in cui, con grande cura di dettagli, il regista Alan Taylor replica, quasi inquadratura per inquadratura, l'indimenticabile incipit del 1984. È il classico effetto nostalgia che sui fan di vecchia data funziona sempre, l'abbiamo visto recentemente in Jurassic World o in passato con la "nuova" trilogia di Star Wars: in fondo quando hai la musica originale, quando riesci a toccare le corde giuste, anche il più cinico dei fan non può che cedere.

Terminator: Genisys - Emilia Clarke è alla guida di un mezzo e spara
Terminator: Genisys - Emilia Clarke è alla guida di un mezzo e spara

Bisogna dare atto a questo Terminator: Genisys di essere comunque coraggioso, perché la carta nostalgia se la gioca bene ma poco, ma inserisce subito un cambiamento radicale ed anche innovativo, quello che potremmo definire un vero e proprio colpo di scena, un twist, se non fosse che ci è stato anticipato abbondamente da trailer, foto e materiali promozionali. Insomma nel momento in cui Kyle Reese arriva nel 1984 per cercare l'indifesa e fragile Sarah Connor che deve salvare anche a costo della sua vita, quella che trova è invece una cazzutissima guerriera cresciuta fin dall'età di 9 anni dal Terminator per antonomasia, quel T-800, "vecchio ma non obsoleto", interpretato da Schwarzy in persona. E qui, però, iniziano i dolori.

Terminator: Genisys - Arnold Schwarzenegger in una sequenza drammatica
Terminator: Genisys - Arnold Schwarzenegger in una sequenza drammatica

Sarah Connor non abita più qui

Terminator: Genisys - l'attrice Emilia Clarke in una scena del film
Terminator: Genisys - l'attrice Emilia Clarke in una scena del film

Il problema non è il caro Arnold Schwarznegger, che anzi col suo ritorno ad un personaggio così iconico e la consueta autoironia rappresenta forse l'aspetto migliore dell'intero film, ma il resto del cast: avere su schermo, per di più contemporaneamente, John Connor e i suoi "genitori" Sarah e Kyle Reese dovrebbe essere un punto di forza, visto che parliamo di tre dei personaggi più importanti della fantascienza contemporanea, ma il problema è che quelli che vediamo sono soltanto l'ombra dei personaggi che abbiamo imparato ad amare e rispettare in più di trent'anni.

Terminator: Genisys, Emilia Clarke in un momento del film del film
Terminator: Genisys, Emilia Clarke in un momento del film del film

E badate bene che non è soltanto il paragone con Michael Biehn o Linda Hamilton a pesare, ma la consapevolezza che sullo schermo, tra quei due personaggi, non c'è davvero alcuna alchimia. Sono principalmente i dialoghi e gli intrecci al limite della soap opera a non aiutare, ma è anche vero che nè Jai Courtney (già visto in Die Hard - Un buon giorno per morire e la saga di Divergent) nè Emilia Clarke (l'amatissima Daenerys de Il trono di spade) sembrano essere mai veramente a loro agio in questi ruoli che, almeno teoricamente, sarebbero già caratterizzati talmente bene da non richiedere poi grossi sforzi. E invece i "nuovi" Kyle e Sarah risultano talmente insignificanti da far dimenticare che quelli che abbiamo davanti sono i protagonisti della saga.

Discorso a parte merita invece il John Connor di Jason Clarke, un personaggio altrettanto fondamentale della saga che però qui viene (volutamente) stravolto allo scopo di stupire lo spettatore con l'ennesimo colpo di scena, che però ci era stato già anticipato dal marketing (con disappunto, pare, addirittura dello stesso regista). Il "nuovo" John purtroppo viene svuotato di tutta la sua importanza e trasformato senza alcun motivo apparente, se non per complicare ulteriormente gli intrecci e i paradossi temporali e dare un nuovo inizio alla saga che verrà. Ammesso che davvero un seguito ci sia.

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Terminator: Genisys, Jason Clarke in una scena d'azione del film
Terminator: Genisys, Jason Clarke in una scena d'azione del film

Ritorno al futuro - parte... boh!

Terminator: Genisys - Jason Clarke e Jai Courtney in un'immagine tratta dal film diretto da Alan Taylor
Terminator: Genisys - Jason Clarke e Jai Courtney in un'immagine tratta dal film diretto da Alan Taylor

Un altro cambiamento importante è lo spostarsi più volte tra la varie linee temporali (e alternative): partiamo nel 2029, torniamo nel 1984 e quando l'azione sembra pronta spostarsi al 1997 e al famigerato Giorno del giudizio, scopriamo che invece la nuova battaglia con Skynet si combatterà nel 2017. Cosa c'è nel 2017 direte voi? Ma c'è ovviamente il Genesys del titolo, ovvero un'app di tipo Cloud che porterà alla fine del mondo. Cosa c'è di diverso da quello che già Skynet aveva in mente? Assolutamente nulla, ma questo cambiamento permette al regista di inserire una superficiale ed inutile critica alla società attuale, social-dipendente, e avvertirci dei pericoli che inconsapevolmente stiamo correndo. Ma avvertire il mondo, invece, del pericolo rappresentato da reboot superflui e dannosi non sarebbe stato meglio?

Terminator: Genisys, Arnold Schwarzenegger con il suo sguardo di ghiaccio in una scena del film
Terminator: Genisys, Arnold Schwarzenegger con il suo sguardo di ghiaccio in una scena del film

Anche perché dietro le tante novità e sorprese di Terminator: Genesys c'è davvero il nulla, o meglio ci sono le solite idee di Cameron sfruttate e risfruttate fino alla sfinimento. Il risultato è che si rimpiangono i primi due Terminator e soprattutto ci si annoia, perfino nelle sequenze più spettacolari e di azione, spesso inutilmente lunghe. Alla fine, quasi quasi, si finisce col fare il tifo per Skynet e l'annientamento totale. Basta che ci prometta, però, di distruggere anche tutte le macchine del tempo.

Movieplayer.it

2.0/5