Mon roi: quando l'amore è tiranno

Dopo il racconto corale ed emozionante di Polisse, che le era valso un Premio della giuria, Maïwenn torna in competizione al Festival di Cannes che narra la vibrante ma traumatica esperienza di un rapporto sentimentale.

Non capita a tutti, e se capita è una volta nella vita: l'incontro con una persona che dal primo momento ti fa battere furiosamente il cuore, rende ogni giorno una festa, ogni notte un paradiso, cancella le tue insicurezze facendoti sentire attraente e speciale. Per Tony, giovane avvocata reduce da un umiliante divorzio, questo è quanto accade quando incontra Giorgio, esuberante e fascinoso proprietario di un ristorante. Il loro amore spazza via ogni dubbio e ogni rimostranza, è gioia incontenibile e desideri comuni: presto Tony si ritrova incinta, i dmon roue celebrano nozze frettolose ed eccentriche e si preparano al matrimonio felice che la loro intesa sembra garantire.

Mon roi: Vincent Cassel con Emmanuelle Bercot in una scena del film con la regista Maïwenn in una foto dal set
Mon roi: Vincent Cassel con Emmanuelle Bercot in una scena del film con la regista Maïwenn in una foto dal set

Ma quello che sembrava il rapporto perfetto rivela presto la propria natura: estasiata dalle doti del suo uomo, inebriata dalle sue attenzioni, ingannata dalle sue bugie, Tony ha sottovalutato tutti i segnali, ignorando di aver fatto ogni scelta e aver preso ogni decisione negli ultimi mesi sotto l'influenza di una volontà dispotica. Questo fondamento non solo mina il futuro dell'unione, ma compromette la felicità e l'autostima di una donna brillante che si trova vivere gli anni più fruttiferi della sua vita all'ombra del "suo re".

Da Polisse a Mon roi, dall'ensemble al duetto

Mon roi: una scena del film
Mon roi: una scena del film

È al suo quarto lungometraggio, la versatile trentanovenne Maïwenn, che torna in concorso al Festival di Cannes dopo i calorosi consensi ricevuti dal suo Polisse, insignito quattro anni fa di un premio della giuria. Polisse raccontava le vicende di una squadra speciale della polizia parigina che si occupa di casi in cui sono coinvolti minori ed era un'opera corale e coinvolgente in cui la cara amica di Maïwenn Emmanuelle Bercot (anch'essa attrice/ regista, anzi pochi giorni fa avuto l'onore di aprire il festival con il suo Standing Tall) era coinvolta sia come interprete che come co-sceneggiatrice: questo nuovo progetto nasce con Emmanuelle al centro della storia, un onesto, doloroso ma vitalissimo sguardo a un matrimonio disfunzionale.

La sua Tony porta ferite nell'anima e nel corpo anche se il suo re non l'ha mai picchiata; il film avanza infatti sue due diverse linee narrative, quella dedicata al passato in cui Tony è impegnata nella riabilitazione dopo un grave infortunio al ginocchio (dovuto a un incidente che, come il film suggerisce senza particolari sottigliezze, è stato causato dalla sua rabbia nei confronti del marito) e quella che ci illustra le varie fasi della relazione per un graduale declivio dalla gioia sfrontata alla nera depressione.

L'amore bugiardo

Abbiamo visto mille storie d'amore nascere e morire sul grande schermo, abbiamo visto l'abitudine spegnere la passione, pressioni e desideri scardinare l'impegno più saldo, cadere una ad una tutte le ragioni per restare insieme. La prospettiva che sceglie Maïwenn, però, è abbastanza originale, perché il suo grande amore è solo una grande bugia. L'ammette lui stesso, nelle primissime battute della loro relazione, di essere "le roi des connards", il re dei coglioni. Ma Tony, di Giorgio, vede solo il magnetismo, lo humour, la passione, oltre alla promessa di una vita agiata e travolgente. Si possono passare anni al fianco di un uomo senza accorgersi che è egoista, drogato, e fedifrago?

Per riuscire a dare una risposta positiva a questa domanda la nostra regista deve chiedere performance di grande impegno e spessore ai suoi due protagonisti. Per la Bercot c'è un tour de force emozionale, accanto a un'ardua prova fisica; Cassel gigioneggia da par suo, ma ha anche scene in cui ha il compito di convincere noi oltre che Tony dei suoi propositi di redenzione. Non ci riesce, perché mangiamo la foglia molto prima della sfortunata consorte, ma lo sforzo è comunque lodevole.

Il re è nudo ma non basta

Mon roi: la regista del film, Maïwenn, in una foto dal set
Mon roi: la regista del film, Maïwenn, in una foto dal set

Troppo facile, forse, per chi scrive, suggerire una lettura femminista di Mon roi, con la visione della coppia come una metafora del patriarcato che blandisce e manipola le donne per contenerle nei loro ruoli precostituiti, ma la sensazione è che, accanto a uno spunto sicuramente personale e autobiografico, questa idea ci sia. Certo è che Maïwenn riesce a guardare con amore al marito-tiranno, anche dopo avere accompagnato la sua eroina al sicuro, verso il divorzio e l'affermazione personale; e non è tenera con la sua Tony, ritratta nella superficialità che la fa cadere nella trappola e nella codardia che la induce a rimanervi per anni.

Questa onestà e questo equilibrio rendono Mon roi un film interessante e appassionante, al di là dei sottotesti, nonostante difetti simili a quelli che caratterizzavano anche Polisse: una certa mancanza di controllo di alcuni momenti delle performance, in particolare una scena con Tony alticcia che appare completamente fuori caratterizzazione. Nel complesso, però, il lavoro di Maïwenn con gli attori è notevole, e riesce a dare caratura anche ai personaggi secondari - i giovani compagni di fisioterapia di Tony, il fratello (un Louis Garrel per una volta simpatico). Manca un po' dell'energia e della spontaneità di Polisse, che aveva anche gioco facile, dato l'argomento, nell'avere un maggiore impatto emotivo, ma questo nuovo lavoro conferma in ogni caso la grande vitalità e sensibilità del cinema di Maïwenn.

Movieplayer.it

3.5/5