A Maria hanno insegnato che bisogna farcela da soli. Che dobbiamo bastare a noi stessi. Nessun favore, nessun prestito, nessuna dipendenza da qualcuno. Così da grande lei ci prova, si sforza, e mentre la vita le impone un lavoro detestato, Maria cura piccoli recinti dove coltiva sogni tutti suoi. Il mestiere è quello della key holder, ovvero l'addetta ai check-in in un'agenzia che affitta appartamenti a turisti. Il desiderio, invece, è un miraggio bramato da tanti: fare l'attrice. Le sue giornate sono segnate da tanti doveri e piccole fughe, tra le urgenze degli adulti e il bisogno dei sognatori maldestri. Intanto Roma la accoglie, ne ospita l'anima vagabonda, e le offre le sue infinite vie che, invece di guidare, disorientano e stordiscono.
Sospeso tra leggerezza e timido disincanto, Maria per Roma è dedicato a lei, anzi, a loro: a una maestosa città e a una sua piccola abitante, a questa donna non più giovane capace di appigliarsi ancora alle sue voglie. Non a caso il titolo riprende un celebre modo di dire romano ("cercà Maria pè Roma") dedicato alla difficoltà di trovare qualcosa. Questo film parla di questo: di una ricerca incessante lunga quasi 24 ore, di un girotondo intorno a qualcosa che pare inafferrabile.
Errare è umano
Una laureata in Giurisprudenza che preferisce la sala alle aule di tribunale. Una donna che cambia vita e si dedica al cinema. È la storia di Karen Di Porto, regista e protagonista di Maria per Roma, ed è davvero facile pensare alla sua opera prima come ad un'elaborazione personale di questo percorso di vita, di questa scelta fatta dinanzi al bivio tra il dovere e la passione. Questo è un film personale sia nelle esigenze che nella forma, perché completamente dedicato al ritratto di una donna. Di Porto si dipinge fragile e determinata, svampita e contraddittoria. La sua Maria fa un lavoro che ne racconta la condizione esistenziale, sempre sulla soglia ad entrare e uscire da case non sue, conoscendo persone di tutto il mondo soltanto per pochi minuti.
Una stretta di mano, una firma e poi via verso provini e audizioni, in compagnia della fedele Vespa e dell'amata cagnolina Bice. Maria sfiora, pizzica, assaggia la vita a piccola morsi senza stare mai ferma, come una scheggia impazzita alla ricerca della sua dimensione introvabile. Nonostante alcune ingenuità evidenti (dialoghi non sempre brillanti, battute clou sprecate, comprimari non in stato di grazia), Maria per Roma adotta uno sguardo interessante sulle relazioni contemporanee. In loro cerca empatia e tenerezza, per poi trovare tanta solitudine. Eppure, nonostante l'egoismo imperante, la spinta vitale emerge testarda, senza mai cedere al fascino della critica sociale impietosa. Questo succede, forse, per la sovrapposizione tra autrice e personaggio, come se la voglia di "volersi bene" (a tratti un po' compiaciuta) aiutasse il film a non deragliare in un vuoto pessimismo.
La grande amarezza
Appartamenti antichi e monumenti storici, case da affittare e statue da ammirare. Tra spazi privati e luoghi pubblici, Maria per Roma dipinge la Capitale come un affollato crocevia di persone lontanissime tra loro. In un'odierna Babele dove turisti francesi, arabi e russi fanno sembrare stranieri anche i sardi, il film di Di Porto sfilaccia i tessuti relazionali e rende difficile ogni tipo di rapporto: tra madre e figli, amici, colleghi, possibili amanti. Insomma, farcela da soli è difficile, sfruttare gli altri una facile tentazione, e una città enorme e caotica come Roma sembra quasi favorire tutto questo. Nonostante il continuo girovagare in moto (la citazione di Caro Diario è esplicita), il tempo dedicato alla celebrazione dell'imponente bellezza romana è molto poco, sfuggente come questa protagonista difficile da decifrare.
Maria è mossa da pura passione o da un'ossessione infelice? Dalla determinazione o dalla vanità? Il suo è solo il capriccio di una borghese decaduta? Rispondere non è poi così importante, perché più di questo ritratto conta il panorama umano, pieno di persone sole, fallite, troppo affamate o troppo affermate. In questo dipinto corale emerge il lato migliore del film, attraverso un'ironia tagliente, non impetuosa, più suggerita che esternata, fatta di espressioni, silenzi, goffi personaggi fuori posto. In attesa che questa nuova autrice faccia come Maria: cercare la sua dimensione, la sua voce in mezzo a tanto caos. E magari trovarle.
Movieplayer.it
2.5/5