Neanche la bancarotta, la crisi, può convincere un nobile che mai si è sporcato le mani con il lavoro a farlo per la prima volta nella sua vita. Meglio sfruttare i propri contatti, meglio coalizzarsi con la camorra come succede a Gualtiero (Neri Marcoré) imprenditore del trevigiano forte di un titolo nobiliare che vale più della sua impresa. Gualtiero, privo ormai di ogni altra possibilità che non contempli la fatica, decide di mettersi in affari con la malavita per costruire un crocifisso in plastica riciclata che ha un piccolo svantaggio: scoppia ogni volta che è a contatto con qualche liquido. Piero Parolin con il suo lungometraggio, Leoni, racconta una storia tutta italiana e usa come genere quello della commedia per polemizzare su certi comportamenti, su certe coalizioni consuetudininarie (anche politiche) che stanno condannando il nostro paese.
Provaci ancora, Parolin
Nonostante il plot di Leoni sia un'ottima idea il film, frizzante in alcuni punti stereotipato in altri, non convince fino in fondo. L'errore che fanno molti registi nel gestire una commedia è quello di esagerare tanto da soffocare sotto il rumore delle risa del pubblico il messaggio che attraverso il lungometraggio vogliono dare. Purtroppo, Parolin, non è riuscito in toto a evitare questo ed è caduto nella trappola della commedia all'italiana attraverso personaggi macchiettistici che, seppur interpretati alla perfezione da attori del calibro di Neri Marcorè e Piera Degli Esposti nel ruolo di un Padrino al femminile, risultano troppo surreali per essere quello che dovrebbero/vorrebbero rappresentare: icone di comportamenti sbagliati presenti nel nostro DNA.
Il sud come il nord
Uno degli elementi più interessanti di Leoni è sicuramente il mettere sullo stesso piano, quello della disonestà, il nord e il sud. Vero è che la camorra è cosa dell'Italia Meridionale ma è altrettanto vero che chi cade tra le sue braccia è un rampollo del settentrione. Parolin è riuscito nella sua sceneggiatura a unire l'Italia dei furbetti a quella della malavita e, purtroppo, per colpevolizzarle, per farne uscire il male oltre che l'ironia si è buttato a capofitto nel più scontato dei, buonisti, finali.
Coprotagonista: il Veneto
Leoni ha vinto il bando "Analisi, studio e diffusione di opere culturali e multimediali giovanili" in Veneto ed è per questo che, in certi punti anche in maniera eccessiva e poco funzionale, sembra essere la regione la vera coprotagonista insieme a Neri Marcorè del lungometraggio. Scorci del trevigiano fanno da sfondo in tutto il film che perde ogni tanto di mordente proprio perché in alcuni momenti la storia si lascia andare a immagini molto più consone a uno spot pubblicitario che a un lungometraggio di finzione che si rispetti.
Conclusioni
Leoni è un film poco pretenzioso dove la mano esordiente di Parolin è ben palesata non tanto nella prima parte, quasi pulp, quanto nella capacità di gestire i diversi livelli narrativi della pellicola tutti appiattiti, in questo caso, gli uni sugli altri. L'ottima idea di base aiuta il lungometraggio a sfiorare la sufficienza ma la foga di dire il più possibile nei limitati tempi cinematografici ha portato il cineasta a sbagliare ogni priorità. Lo stesso Parolin ha ammesso di avere come modello per la sua carriera Pietro Germi ma di strada ne ha, palesemente, ancora da fare.
Movieplayer.it
2.5/5