Io sono Mateusz è il titolo italiano per il film Chce sie zyc del regista, documentarista e sceneggiatore polacco Maciej Pieprzyca, che arriva ora nelle nostre sale dopo aver ottenuto diversi riconoscimenti in alcuni festival tra cui Chicago e Montreal nel 2013 e successivamente ai Polish Film Awards del 2014. La traduzione letterale dell'originale polacco suonerebbe più o meno come "Vuole vivere": la voglia di vivere, di essere riconosciuto come un essere umano e non come un vegetale, è ovviamente quella del protagonista, il giovane Mateusz affetto sin dalla nascita da una paralisi celebrale che lo intrappola e lo costringe in un corpo da disabile.
Penso dunque esisto
Il film è basato su una storia vera (Przemek è il vero nome del personaggio dalla cui vita è nata l'idea del film), quella di un uomo considerato un ritardato per venticinque anni (sedici nella realtà) perché incapace di esprimersi; si scopre finalmente e in maniera fortuita che il ragazzo è invece dotato di normale acume e intelligenza, e il problema non era il suo ma delle persone intorno che non conoscevano e non capivano il modo di aiutarlo a comunicare. Il diritto di essere, la volontà di affermare la propria esistenza come essere umano, vivo e senziente: Io penso, quindi sono.
A partire dalla scelta del titolo, Io sono Mateusz si iscrive evidentemente al filone dei film sulla disabilità fisica e mentale che normalmente costituisce un ostacolo a volte insormontabile per la legittimazione di se stessi come individui e per il riconoscimento della propria intelligenza emotiva e mentale. Mi chiamo Sam, con Sean Penn padre amorevole affetto da ritardo mentale che lotta per l'affido della sua bambina; Il mio nome è Khan, con Shah Rukh Khan giovane musulmano autistico che rivendica la propria dignità in un'America sconvolta dal post 11 Settembre. Io sono, io mi chiamo, il mio nome è... É la coscienza di sé che si riafferma, travalicando le barriere della disabilità fisica e spesso l'incapacità di avere contatti con il mondo esterno. In maniera a volte prepotente, a volte disperata, spesso all'insegna del non arrendersi mai, come ne Il mio piede sinistro, dove Daniel Day-Lewis interpretava l'artista paraplegico Christy Brown capace di comunicare con il mondo esterno solo attraverso l'uso di un arto, al quale il film di Pieprizca può essere accostato. L'impossibilità di esprimersi, o piuttosto di essere capiti in questo caso: pensieri, sentimenti ed emozioni che rimangono rinchiusi in un corpo che diventa una trappola: un pesante scafandro, citando ancora il bellissimo Lo scafandro e la farfalla, dove il battito dell'occhio del protagonista diventava anche lì mezzo per comunicare e per connettersi con il mondo.
Il mondo di Mateusz
Io sono Mateusz è un film sul potere della forza d'animo e sull'ottimismo (Life feels good è il titolo scelto infatti per il mercato internazionale), dove mai, nemmeno per un momento, il protagonista sembra lasciarsi abbattere dall'ineluttabilità del destino o dalla sua vita ingiusta; e che si lascia soprattutto apprezzare per la mancanza di retorica e di facile e ridondante pietismo sulle quali si indugia spesso in questo tipo di storie. Mateusz parla con lo spettatore, lasciandosi conoscere e scoprire attraverso una voce fuori campo piuttosto inedita, come inedita è la sua percezione della malattia rispetto ai canoni del genere: una malattia sulle cui cause e dinamiche il protagonista non si sofferma mai, il suo sguardo va sempre oltre, curioso ed empatico con il mondo che lo circonda, che siano le stelle in cielo o il seno delle ragazze, per il quale nutre una sana e divertente ossessione da adolescente qualunque. Impara da solo e in maniera ironica e personalissima la storia, la matematica e la sociologia, visto che nessuno gliele insegna, studiando quello che avviene nella sua stanza e quello che lo sguardo riesce a cogliere dalla finestra dalla quale osserva il mondo.
Le prospettive e gli sguardi
Il regista è abile a sovrapporre i punti di vista e i piani del racconto: lo sguardo degli altri verso Mateusz, quello dell'amore e della fede incrollabile dei genitori nella prima parte, e quello miope dei dottori o compassionevole delle infermiere nella seconda nella clinica per disabili. E quello invece di Mateusz che in prima persona guarda e tenta di comunicare con gli altri: ed è altrettanto capace nel ribaltare le prospettive e gli sguardi, per rivelare il mondo che si cela dietro le storpiature, i versi e i grugniti, quando quello che sembra il più incontrollato e irrazionale degli spasmi è solo un semplice tentativo di mostrare alla madre una spilla perduta sotto il divano. Un mondo che il giovane attore Dawid Ogrodnik (visto anche nell'Oscar straniero Ida) riesce a trasmettere in maniera sorprendente, anche e soprattutto con gli sguardi, oltre all'impressionante fisicità interpretativa che ovviamente il ruolo richiede. Se Eddie Redmayne ha meritato l'Oscar per come ha restituito sullo schermo l'intelletto e l'anima di Stephen Hawkins dietro la disabilità e le sue menomazioni fisiche, allora se il criterio è quello qui ce ne vorrebbero addirittura due, uno anche per il piccolo Kamil Tkacz, straordinario interprete di Mateusz bambino.
Movieplayer.it
3.5/5