In tanti, compreso suo fratello, si erano chiesti che fine avesse fatto e con Le leggi del desiderio Silvio Muccino ha risposto senza parole ma con i fatti a coloro che si ponevano tale quesito. A cinque anni dalla sua ultima fatica Muccino Jr. torna sul grande schermo a dirigere se stesso con un lungometraggio che, con pudore, si affaccia alla commedia. Scritto con l'ormai inseparabile amica e coautrice Carla Vangelista, Muccino consegna al suo pubblico un prodotto che mostra una notevole crescita dal punto di vista della regia (meno della narrazione) ma che ancora non ha tutte le carte in regola per essere definita l'opera della maturità per l'ex enfant prodige del cinema italiano.
Muccino il "motivatore"
Per alcuni profeta per altri un cantastorie, per taluni un imbroglione per talaltri un genio nel suo campo: le persone si dividono in due netti schieramenti quando si parla di Giovanni Canton (Silvio Muccino) un life coach la cui ultima iniziativa pubblicitaria per dimostrare al mondo la veridicità del suo operato è quella di indire un concorso televisivo con in quale verranno scelte tre cavie per provare i benefici che un "motivatore" può avere sulle vite dei suoi adepti. È questo l'incipit, molto originale nell'ambito dell'italica cinematografia, che dà il via a Le leggi del desiderio dove il Silvio Muccino regista prevale sul Silvio Muccino attore mettendosi quasi in disparte per donare il centro della scena a Nicole Grimaudo, Maurizio Mattioli e Carla Signoris suoi compagni di avventura e interpreti delle tre cavie del life coach.
Tre personaggi in cerca d'altrove
L'Italia e le sue beghe è parafrasata dalla scrittura di Muccino e della Vangelista attraverso le storie dei personaggi che vengono scelti perché Canton li aiuti a realizzare i propri desideri. Molto dell'Italia, paese alla deriva, c'è nella storia del sessantenne disoccupato in cerca di un mestiere e altrettanta nella segretaria del Vaticano con il segreto hobby della scrittura e che si cimenta, come una E.L. James de noatri, in romanzi soft porno. E non può non mancare all'appello, per un quadro completo di un'agonia sociale e morale che ammette fortunatamente ancora l'azione di sognare, l'editor trentenne amante del suo capo. I personaggi in cerca d'altrove che Muccino con la sua co-sceneggiatrice ha disegnato sono stereotipi figli di questo tempo, privi di costosa speranza ma forti di gratuiti desideri da realizzare.
Buonista la terza
Con Le leggi del desiderio Silvio Muccino consegna al pubblico un'opera nettamente superiore rispetto alle due precedenti Parlami d'amore e Un altro mondo, ma non ancora tanto buona da poter segnare nettamente il passaggio dall'adolescenza registica all'età adulta del cineasta. Il problema del film è ancora una volta la narrazione che sfocia troppo e spesso e volentieri nella retorica più sdolcinata. Confezionato in un aurea patinata da commedia americana con morale toppo più dolce che amara, Le leggi del desiderio sfrutta male il cinismo del suo protagonista morale (Canton) ed elude con troppa facilità il percorso di redenzione del "motivatore" che risulta troppo frettoloso nella corsa a un lieto fine talmente repentino da essere più adatto ad un fiabesco racconto che a un film di finzione.
Coraggio, Silvio
Silvio Muccino è cresciuto e ne ha fatta di strada dai tempi in cui era mero interprete di un personaggio molto simile a se stesso in Come te nessuno mai. Ma il percorso è ancora lungo e, nonostante il regista in Le leggi del desiderio abbia dimostrato di essere molto di più che un mero "fratello d'arte", quello che manca a colui che è stato per troppo tempo il ragazzo della porta accanto con qualche problema di enunciazione è un po' di coraggio che lo porti a osare di più tanto da sporcare, almeno un po', quella visione incantata della vita che nei suoi film è troppo zuccherosa da risultare verosimile agli occhi degli spettatori ormai adulti.
Movieplayer.it
2.5/5