Una cosa è certa, Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli non passano inosservati. Almeno non passa sotto silenzio il loro lavoro che, amato dai fan o disprezzato dalla critica, crea sempre delle reazioni piuttosto visibili. Il fatto è che il duo o lo si ama o lo si odia, utilizzando il termine in questione con la giusta moderazione. Qual è la causa di questo netto schieramento sui due fronti? Probabilmente la voglia da parte loro di mettersi in gioco in nuovi progetti senza utilizzare una rete di sicurezza e il linguaggio privo di "sfumature" con cui indossano le varie maschere dell'uomo d'oggi.
Questa attitudine li ha spinti a ideare e interpretare la striscia di successo de I soliti idioti per quattro stagioni, e a portare il progetto sul grande schermo, senza riuscire però ad avere lo stesso impatto. Così i due film, I soliti idioti e I 2 soliti idioti, hanno mostrato soprattutto un punto debole, rappresentato dalla poca elasticità ed estendibilità dello schetck comico fuori da un contesto globale ben preciso. In parole povere, a Biggio e Mandelli, oltre alla volgarità del linguaggio e dei modi dei loro personaggi, è stato imputato di non essere riusciti a costruire un film ben amalgamato e non frammentato in scenette. Sarà per questo che con La solita commedia - Inferno, provano a fare un'inversione di rotta, non solo lasciando spazio a dei protagonisti nuovi, ma soprattutto cercando di muoversi lungo una strada narrativa se non tracciata con estrema precisione, almeno visibile.
Tra Dante e i nuovi mostri
Parlando da un punto di vista strettamente cinematografico è chiaro che Biggio e Mandelli, come autori e co registi insieme a Martino Ferro, sono stati influenzati, più o meno direttamente, da un certo tipo di comicità feroce che con I mostri di Dino Risi ha portato la critica sociale e comportamentale del nostro paese a livelli insperati. Ovviamente, è d'obbligo fare le dovute differenze, senza gridare al nuovo miracolo. Posto il nobile esempio di partenza, infatti, il duo ha poi personalizzato a suo modo le atmosfere e le maschere umane utilizzate, mantenendo intatto solamente la struttura ad episodi. In questo modo, infatti, riescono a dare all'insieme del film una logica ed una omogeneità che nelle precedenti esperienze è mancata. E per amplificare ancora di più il risultato, si affidano alla voce "narrante" niente meno che di Dante Alighieri, rimandato sulla terra per catalogare nuove forme di peccati e peccatori insieme ad un Virgilio precario. Ovviamente lo scopo di questo ritrovarsi nuovamente in una selva oscura che la diritta via era ri rismarrita, è di creare l'elemento comico basandosi sui vizi poco capitali, almeno alcuni, dell'italiano d'oggi. Il risultato è alterno e poco continuativo, soprattutto per quanto riguarda l'utilizzo dell'ironia che benedice alcuni momenti e "maledice" altri. Un peccato questo, rimanendo in tema, che da veniale diventa più grave a causa di una lunghezza eccessiva del film che, ancora una volta, non dona all'immediatezza della gag.
Blasfemia o satira celestiale?
Alcuni anni fa un certo Guccini cantava che Dio è morto. Oggi, trascorso del tempo da quella dichiarazione, La solita Commedia mette in mostra la possibilità di questo evento. E, ci scommettiamo, che i ben pensanti sono già pronti ad insorgere contro Biggio e Mandelli per blasfemia o, quanto meno, poco rispetto nei confronti della religione. Ora, posto che i loro trascorsi artistici non brillino certo per finezza, soprattutto a causa della scorrettezza verbale e comportamentale del personaggio di Ruggero, questa volta l'immagine di un Paradiso alternativo e di una divinità poco divina rappresenta il punto forte dell'intero film, senza eccedere in presunte blasfemie. Così, nell'immaginario cinematografico divertito di una commedia sui generis, è possibile che Dio fumi come un turco, faccia uso di ansiolitici e sia anche dedito all'alcol. Anzi, smesse le informi tuniche ormai fuori moda, indossa un candido completo bianco con tanto di t-shirt sportiva sotto la giacca. Altrettanto glamour, ovviamente, è Lucifero in total black, tacchi alti e preoccupato della salute del suo "socio" in affari. Quello che, ci scommettiamo, potrebbe sollevare un certo polverone è la composizione del pool di santi, chiamati a risolvere l'impeachment dei nuovi peccati e l'intasamento dell'Inferno. Qui si scatena una vera e propria guerra tra un Padre Pio orgoglioso del proprio merchandising, un San Francesco sempre disposto a condividere con gli altri e un San Ambrogio disposto a rubare le altrui idee come se nulla fosse. Chiude un Gesù donna che, nonostante venga rappresentato nell'iconografia classica, assume l'atteggiamento disinteressato e strafottente di qualsiasi figlio di "papà". Prima di accendere le polveri e dare il via alla discussione, però, c'è da chiedersi dove e se c'è veramente offesa in tutto questo. Infondo, per una volta, anche loro potrebbero essere fatti a nostra immagine e somiglianza.
Movieplayer.it
2.5/5