Tutti conoscono Il piccolo principe, il romanzo di Antoine de Saint-Exupéry con cui tante generazioni sono cresciute. Soprattutto perché è un romanzo che dice cose importanti, e dirette, sul senso della vita, dell'amore e dell'amicizia. Un adattamento contemporaneo, con le tecnologie attuali, era quantomeno prevedibile, oltre che auspiscabile, ed è Mark Osborne, già regista di Kung Fu Panda, ad occuparsi della resa su grande schermo dell'opera.
Se il libro, datato 1943, segue e mostra l'incontro del protagonista con svariati personaggi che gli propongono diversi insegnamenti, struttura diversa ha Il piccolo principe cinematografico, che sceglie di mettere al centro del racconto una bambina prodigio, mostrandoci prima la vita che le è stata imposta e poi la via di fuga, e l'insegnamento, che la storia del piccolo principe rappresentano per lei. Il tutto raccontato, ovviamente, con l'ausilio dell'animazione CGI con tutte le potenzialità che il mezzo offre oggi, ma non soltanto.
Storia di una bambina
Non è semplice affrontare l'adattamento di un'opera nota e sentita da tanti e una traduzione letterale del testo in immagini non sarebbe stato, probabilmente, di semplice realizzazione. Da questo deriva la scelta di abbracciare quei personaggi e quelle situazioni in qualcosa di più ampio, che permettesse di raccontarli attraverso un punto di vista esterno. É infatti una bambina la protagonista de Il piccolo principe targato Mark Osborne, una ragazzina prodigio, come accennato più su, a cui è stato imposto dalla madre uno stile di vita rigoroso, opprimente per qualcuno della sua età, con l'intento di renderla perfetta e poter accedere alla prestigiosa Werth Accademy. Per questo, quando il colloquio per accedere all'agognata scuola va male, madre e figlia si trasferiscono in un nuovo quartiere che renderebbe l'accesso a quella struttura più semplice mentre la genitrice pianifica per la figlia un programma rigoroso ed omnicomprensivo per le giornate delle vacanze estive, ovvero i 53 giorni che la separano all'inizio del nuovo anno scolastico, ed oltre. Affinché sia perfetta. Ma la vita si mette di mezzo e scombussola i programmi della donna: scopre presto, infatti, che se si è potuta permettere quella casa è perché accanto a loro vive un bizzarro vecchietto squinternato col quale la bambina stringe amicizia e che le fa scoprire una storia incantevole attraverso i suoi disegni e i suoi racconti: la storia del piccolo principe.
Noi piccoli bambini
A conti fatti, non è la piccola bambina la vera protagonista dell'adattamento scritto da Irena Brigull per Osborne, ma tutti noi che abbiamo letto il romanzo. Nella sua scoperta di quella storia incantevole e incantata c'è la scoperta che tutti noi ne abbiamo fatto alla nostra prima lettura; negli insegnamenti che lei ne trae, ci sono quelli che noi stessi ne abbiamo tratto; nel suo incantato stupore, rivediamo il nostro. É una chiave di lettura interessante e un modo intelligente di condurci nuovamente nel mondo immaginato da Antoine de Saint-Exupéry, una storia intorno alla storia che si avvale di una messa in scena diversa da quella usata per il racconto dell'anziano vicino: se la monotona quotidianità della piccola bambina è narrata usando la moderna animazione in computer graphic, tutta la parte che affronta il mondo e i personaggi vicini al romanzo è girata in uno stop motion qualitativamente notevole, affascinante nello stile e dal sapore magico e incantato.
Le due facce della favola
L'idea è buona, un pochino meno lo è la realizzazione. É ovviamente voluto il netto distacco stilistico e narrativo tra la storia della bambina e il racconto del bizzarro vicino, ma stona leggermente il dislivello qualitativo quasi altrettanto evidente che lo accompagna: la CGI a disposizione di Osborne, pur dignitosa e al passo con i tempi, non è quella a cui ci hanno abituato la Pixar o Disney Animation nelle ultime produzioni ed il volontario grigiore che caratterizza le sequenze di ordinaria quotidianità ed impegnativo studio della ragazzina non fanno che accrescere questa sensazione. Al contrario, le prime animazioni delle illustrazioni dell'anziano vicino e la messa in scena del racconto di lui brillano fin da subito per un'apertura ed un'atmosfera sognante e magica amplificate dal valore qualitativo della stop motion e per lo stile visivo originale scelto per rappresentarla. Questo passaggio visivo e stilistico è reso ancora più evidente, ed è forse questo che ci lascia con un pizzico di perplessità, dal diverso tono che lo accompagna nello script, molto meno lirico ed ispirato quando ci racconta della piccola bambina e della sua vita guidata dalla madre alla ricerca della perfezione.
Operazione riuscita?
Questo non rende Il piccolo principe un brutto film, affatto, lo rende però una piccola delusione, almeno per chi scrive che riponeva molte aspettative in questo progetto. Il film diretto da Mark Osborne, che è riuscito a radunare anche un cast vocale notevole per la versione inglese (parliamo infatti di Jeff Bridges, Rachel McAdams, Paul Rudd, Marion Cotillard, l'immancabile James Franco, Benicio Del Toro e Ricky Gervais), rappresenta un modo originale per avvicinare gli spettatori, e nuovi lettori, all'opera a cui si ispira, caricandosi sulle spalle la stessa responsabilità che il buffo e vivace vicino del film prende nei confronti della piccola protagonista. É un film che ci sa portare a contatto con un mondo magico e personaggi affascinanti, dischiudendoci le sue porte e guidandoci con grazia e delicatezza in un universo ricco di sentimenti e significati importanti. Non è del tutto riuscito, questo no, ma rappresenta un buon film per famiglie che potrà dire la sua in sala il prossimo dicembre, quando andrà a completare l'offerta natalizia nostrana.
Movieplayer.it
3.5/5