Dagli anni Novanta ad oggi le commedie del cinema palestinese sono state per lo più identificate con lo stile surreale di Elia Suleiman(Il tempo che ci rimane, Intervento divino). Almeno fin quando alla Berlinale non si è fatto notare il giovane cineasta Muayad Alayan con il suo primo film Amore, furti e altri guai.
Nella Palestina di oggi, fotografata in bianco e nero, seguiamo le bizzarre avventure di un ladruncolo di nome Mousa (Sami Metwasi), che rinuncia all'umile lavoro da muratore per darsi definitivamente al furto di auto. Attraverso questo business punta a racimolare un gruzzoletto che possa consentirgli di lasciare il Paese e partire alla volta dell'Europa. Nei piani di fuga rientra anche la sua amante Manal (Maya Abu Alhayyat), madre della sua bambina ma moglie di un altro uomo. Nessuno sembra credere nei sogni di Mousa, a partire dall'anziano padre - "mi taglierò un braccio se sarai mai capace di cagare oro dal tuo culo" - ma nessuno potrà prevedere ciò che avverrà nella sua vita a seguito del furto dell'ennesima automobile. Nel bagagliaio della VW Passat è infatti nascosto un soldato israeliano, ostaggio della milizia palestinese, che creerà non pochi grattacapi al nostro eroe.
E ora dove andiamo?
Con questa produzione low-budget Alayan prova ad omaggiare il cinema degli anni Cinquanta e Sessanta e in parte la Nouvelle Vague francese attraverso la bella fotografia in bianco e nero e un pregevole stile retrò. Amore, furti e altri guai è una commedia con poche pretese che filma attraverso un linguaggio quasi documentaristico la vita quotidiana nei dintorni di Gerusalemme. Purtroppo il regista dimostra una certa difficoltà nella scelta del tono con cui raccontare le malefatte di Mousa dal quale lo spettatore - specie quello europeo - si sente chiaramente molto distante. Se da un punto di vista tecnico il film sembra perfetto per un cinefilo interessato a curiosare nelle cinematografie straniere, difficilmente sarà capace di soddisfare i gusti e l'interesse del pubblico medio. Muayad Alayan realizza un'opera delicata e attenta a non provocare, talmente preoccupata di prendere le distanze dalla politica da sprecare il proprio potenziale comico. Alla fine guardando Amore, furti e altri guai si ha come l'impressione di assistere ad una recita locale che fatica ad assumere una dimensione universale. La commistione di generi - dal dramma alla commedia, dal thriller politico alla farsa - è voluta ma non del tutto convincente.
L'amore vince su tutto
In un finale ancor meno credibile e pressoché arbitrario si configura un gesto romantico che potrebbe equivalere all'ultima chance di redenzione del protagonista. Eppure il trionfo dell'amore aldilà di qualsiasi moralismo o sentimento patriottico viene mostrato attraverso l'ennesimo cambio registico che sancisce il crollo definitivo del progetto di Muayad Alayan. Se all'inizio la fotografia e la colonna sonora jazz potrebbero ricordare lo stile asciutto e il tono distaccato dei primi film di Jim Jarmusch, proprio la distanza del regista, del suo obiettivo e dei suoi campi medi e lunghi intaccano la coerenza di questo suo primo lungometraggio. Nonostante una buona intuizione visuale il film risulta infatti meno dirompente e comico del previsto fallendo nel tentativo di trovare la propria identità e di catalizzare l'attenzione dello spettatore. L'ottima esecuzione tecnica rimane l'unico elemento capace di farci ben sperare per il futuro del regista e del suo cinema.
Movieplayer.it
2.5/5