Il passaggio dalla pagina al grande schermo non è mai un processo indolore: lo dimostra la recente trasposizione di IT, romanzo di culto di Stephen King, firmata da Andres Muschietti, che se da una parte ha soddisfatto le attese e le speranze di molti fan del libro, dall'altra ne ha scontentati tanti altri, che avrebbero voluto vedere prendere vita passaggi fondamentali della storia eliminati dalla versione finale per mancanza di tempo.
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Cosa succederebbe però se a firmare la regia e la sceneggiatura di un adattamento fosse lo stesso autore del libro? Caso forse più unico che raro, Donato Carrisi è riuscito in questa impresa, debuttando al cinema con La ragazza nella nebbia, tratto dalla sua opera omonima, divenuta un best seller internazionale, in sala dal 26 ottobre.
Ambientato a Avechot, città fittizia sperduta in mezzo alle Alpi, La ragazza nella nebbia ruota attorno alla scomparsa di Anna Lou, ragazza di 16 anni dai capelli rossi, sfumata letteralmente nel nulla. Per risolvere il caso è chiamato l'investigatore Vogel, che già in fase di stesura del romanzo nella mente di Carrisi aveva le fattezze di Toni Servillo, mago della caccia al mostro macchiato dalla tendenza a rendere un vero e proprio spettacolo le indagini di cui si occupa.
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Tra vanità, mancanza di scrupoli, desideri inconfessabili e un totale disinteresse per la verità, il destino di Vogel si intreccia con quello dello psichiatra Flores (Jean Reno), della giornalista Stella Honer (Galatea Ranzi), dell'agente Borghi (Lorenzo Richelmy) e del professore Loris Martini (Alessio Boni), su cui l'investigatore fa ricadere tutte le colpe. Abbiamo incontrato Carrisi e l'attrice Galatea Ranzi a Roma, dove ci hanno raccontato come il lato oscuro di ognuno di noi si mostri più o meno consapevolmente ogni giorno.
Tutti abbiamo dei segreti inconfessabili
La particolarità di La ragazza nella nebbia è che, a differenza dei soliti thriller, tutti i personaggi coinvolti nelle indagini, invece che celare i propri segreti, quanto più hanno qualcosa da nascondere tanto più si espongono, cercando le luci della ribalta: "Era fondamentale per far capire allo spettatore che tutti abbiamo dei segreti inconfessabili e possiamo essere coinvolti in un sistema di accuse e di falsa giustizia. Tutti possiamo diventare dei mostri da un momento all'altro" ci ha detto Carrisi, continuando: "I peccatucci ce li abbiamo tutti, è questa la verità, e non ci vuole nulla a trasformare quei peccati in qualcosa che ci perseguita per tutto il resto della vita".
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Lo squilibrio tra verità e spettacolarizzazione è una cosa che ormai ci coinvolge tutti, basti pensare al diverso utilizzo che ognuno di noi fa ogni giorno dei social network, ormai specchio delle ossessioni di tutti: "In rete confessiamo la parte peggiore di noi stessi, non a caso su internet c'è un lato oscuro che si manifesta in maniera anche piuttosto violenta, perché sul web c'è un sistema di impunità. Se nella vita reale sospendessimo improvvisamente le leggi, le strade si riempirebbero di assassini e di vittime".