I ricordi, tra un fervido passato e un dolce presente. La quattordicesima domenica del tempo ordinario è il film più intimo e sensibile di Pupi Avati. Un film che intreccia la storia d'Italia, la nostra storia e, a detta del regista, intreccia la sua storia personale, avendo inserito nella sceneggiatura tratti autobiografici. Al centro, l'amore tra Marzio e Sandra. Un amore lungo una vita, trovato e poi perduto e poi ancora ritrovato. Dagli anni Sessanta ad oggi, in un'Italia che stava cambiando. Marzio, interpretato da Lodo Guenzi e poi da Gabriele Lavia, sogna di fare il cantante in coppia con Samuele (Nick Russo e poi Massimo Lopez), sposando poi Sandra (Camilla Ciraolo ed Edwige Fenech), la "ragazza più bella di Bologna" restia alle regole dell'epoca e insofferente verso la gelosia di Marzio. La quattordicesima domenica del tempo ordinario segue un filo cinematografico attuale: quello della nostalgia.
Allora, nella nostra video intervista, chiediamo a Pupi Avati perché il cinema, oggi, si rifugi così tanto nei ricordi. "Alla mia età, bisogna testimoniare la vita. Raccontarla ai più giovani. Ora bisogna rendicontare la vita, spiegando gli errori da non fare, e quelli da fare: più nuovi e più originali. E dire cos'è la vita tramite una storia d'amicizia, che inizia il 24 giugno del 1964 a Bologna, quando sposai quella che per me era la più bella della città. All'epoca, la donna doveva essere bella... poi il resto veniva dopo. Ai miei occhi, sposare una donna così mi ha segnato. E quello che racconto nel film è una cascata di quello che ho vissuto. C'è uno sconfinamento tra il prima e il dopo".
La quattordicesima domenica del tempo ordinario: video intervista a Pupi Avati, Edwige Fenech e Gabriele Lavia
Se i ricordi si possono trasformare in amarezza, La quattordicesima domenica del tempo ordinario è pervaso da un'identità narrativa che fa leva sulla dolcezza. Una dolcezza scaturita dalla memoria, strumento con cui Pupi Avati porta a confrontarci. "La memoria è qualcosa di importante", spiega invece Edwige Fenech: "La memoria per l'amore, per la storia, per la politica. La memoria si racconta da sempre, al cinema. È un tesoro che dobbiamo regalare al pubblico. I tesori vanno condivisi".
La sua Sandra, tra l'altro, è il simbolo di un'Italia nuova, combattiva, ma oggi forse disillusa. "Sandra ha i piedi per terra. Marzio è un sognatore. Lei ha attraversato momenti difficili, e caratterialmente mi sembra una donna che ha poco da sognare. Si porta un bagaglio di sofferenza, un passato non felice. Per questo è proiettata verso il futuro".
La quattordicesima domenica del tempo ordinario, la recensione: un dolce elogio al fallimento
Le pareti di casa dipinte di blu
Se Edwige Fenech ci regala una grande interpretazione, è altresì riuscito il confronto opposto con lo svagato Marzio, che di fatto è il narratore del film. Al contrario di Sandra, l'uomo vive di utopie, è tradizionalista, sognante, sprovveduto nella sua bontà d'animo. Lo spiega così Gabriele Lavia: "Marzio è goffo, maldestro. Non è riuscito a realizzare i propri sogni. Cammina male. Indossa dei camperos... cosa c'è di più goffo dei camperos? Sembra un clown. È un personaggio fuori misura. Ma lo salviamo, perché ha ancora dei sogni. Vorrebbe riformare un duo con il suo vecchio amico, ma alla fine risultata patetico, tenero. Poi finalmente l'amore trova una sua quiete, ma c'è voluta una vita di dolori e sconfitte per avere una vittoria finale... le pareti di casa tutte blu!".