Un lavoro soppesato, fotogramma per fotogramma, e un racconto intimo che traccia il riflesso tra una madre e una figlia. Oltre il valore documentaristico, La Pitturessa di Fabiana Sargentini sottolinea il valore del racconto. A tratti ironico, a tratti emotivo. Al centro la figura di Anna Paparatti, figlia della regista, nonché eccezionale artista, compagna di Fabio Sargentini, curatore di una factory al centro di Roma, ovvero L'Attico. Una galleria dove sono passati tutti i più grandi, nei riverberi artistici degli Anni Sessanta e Settanta, la quale la stessa Paparatti è assoluta esponente. Un talento costante, e un successo forse imploso solo a ottantasette anni, quando Dior l'ha chiamata per "avere" i suoi dipinti geometrici per le sfilate della Maison.
Un film che parla di arte, e di bellezza, quello di Fabiana Sargentini, che abbiamo incontrato durante la Festa del Cinema di Roma, dove ha presentato il suo documentario. "Oggi c'è poco spazio per l'arte perché il mondo va verso il brutto, e non verso il bello. Si peggiora, in generale. Fa tutto schifo. Non saremmo qui, però, se non fosse per la bellezza. Perché c'è resistenza. Ho fatto un'opera per mia esigenza artistica verso mia madre. Una signora anziana, che ha continuato a dipingere. E mi sembrava una favola, quella di mia madre con Dior. Sembravano due cose opposte, e quando ho mosso i primi passi è diventato poi racconto intimo, mio e suo. È stata una forza e un coraggio. Il film mi ha permesso di capire alcune cose", spiega la regista.
La pitturessa, un atto d'amore
Tenerezza e intimità, colori e sorprese, e la potenza di un commovente atto d'amore in grado di superare le difficoltà - anche emotive - di raccontare la propria madre. "Non avrei mai immaginato di fare un film su mia mamma", dice la regista. "Opere così, magari, si fanno spesso quando non ci sono più. Invece, quando sono in vita è più difficile, è un terreno ancora fertile. È stato delicato e complicato questo lavoro. Per certi versi è stato doloroso, ho avuto un'amnesia durante la lavorazione. Però, volevo portare a termine il senso di bellezza. Tra le mie ispirazioni c'è il documentario di Charlotte Gainsbourg sulla madre Jane Birkin, ovvero Jane by Charlotte, che vidi a Torino qualche anno fa".
L'arte, e Roma
Come detto, il valore di Roma è assolutamente centrale, pulsando nel ventre di Roma - L'Attico di Sargentini è a Campo de' Fiori -, facendo risuonare le avanguardie e le sperimentazioni visive di sessant'anni fa, attraverso materiali di repertorio e testimonianza. L'arte a Roma, però, è profondamente cambiata, spiega Fabiana Sargentini: "Il luogo creato da mio padre era uno spazio trasgressivo. L'arte, dopo, è stata influenzata dal mercato e dal capitalismo. Prima si esponeva senza pensare al mercato, ora si pensa al profitto. Nella factory passavano tutti, anche Pasolini. Pensa, chiese una mostra a mio padre, ma gli disse di no...".
Il risveglio artistico
Sotto, La Pitturessa testimonia il perpetuo risveglio artistico, illuminando sguardi e oggetti, quadri e sapori di una casa preziosissima. "La casa di mia madre è... proustiana", prosegue la regista. "Sento qualcosa di forte. Forse anche troppo. È ancora molto potente. Ha qualcosa di magico ed esoterico". Com'è stato, però, per una regista, dirigere letteralmente la propria madre? "È molto difficile dirigere una madre. A tratti estenuante. Non era molto malleabile. Ma il bello era anche questo. Ed è bello, perché è tutto molto dinamico. Per questo ho scelto di inserire, ogni tanto, la mia voce fuori campo. Il motore scatenate sono le scelte della vita. Uno deve decidere cosa mettere in primo piano. Mi mamma ha scelto di essere vicino a qualcuno, ecco. Adesso, però, a quasi novant'anni, le dedico questo".