Non sono molti i film di fantascienza capaci di non invecchiare, di conservare tutto il loro fascino a decenni di distanza, di continuare ad affascinare e stupire al netto di rivoluzioni negli effetti visivi o cambiamenti del linguaggio cinematografico.
La Mosca di David Cronenberg è uno di questi. Ancora oggi è indicato come un capolavoro del genere sci-fi, ma soprattutto come un'opera di incredibile spessore e profondità tematica, capace di unire in sé la prospettiva di un futuro amorale e un originale iter di dannazione di una mente brillante ma senza controllo.
A 35 anni di distanza, questo film rimane una pietra miliare della cinematografia, uno degli esempi più alti di cosa la settima arte possa donare al suo pubblico, quando sensibilità e fantasia vengono lasciate libere.
Tra Faust e Frankenstein
Parlare de La mosca significa confrontarsi con un'opera in cui Cronenberg oltre a recuperare i temi a lui cari inerenti la mostruosità, l'universo naturale contenuto in corpi umani destinati alla mutazione, si rifà alla dannazione nella letteratura europea, alla degenerazione dell'intelligenza umana che era stata mostrata da Goethe e Mary Shelley. Seth Brundle (Jeff Goldblum) non è poi dissimile dal Faust che cercava in tutti i modi di superare i limiti della vita umana, travalicare la fortezza dell'esperienza "normale", sperimentare ogni cosa che vi fosse al mondo, diventare qualcosa di diverso dai suoi simili. Solo che, al contrario del personaggio di Goethe, Brundle in La Mosca non si ravvede, non fa esperienza del suo dramma, non tende all'infinito e non mostra alcuna empatia o volontà di creare qualcosa di buono. Egli, piuttosto, vive di una autoreferenzialità che si palesa nella sua trasformazione fisica, ma che esisteva in modo massiccio e paranoico già prima, nella sua mente. A conti fatti forse Brundle ha più cose in comune con Frankestein, con un uomo che maneggia materie e conoscenze di cui ha semplicemente una padronanza parziale, assembla pezzi di quella macchina per il teletrasporto come il suo epigono vittoriano faceva per creare la sua creatura, unendo pezzi di cadavere. L'errore, il sopravvalutarsi, ha in lui un simbolo cinematografico di enorme spessore, ma vi è di più, vi è l'empietà della mente geniale e brillante, il suo moto verso una disumanizzazione di forma e aspetto che si accompagna ad un viaggio negli inferi quasi mitologico. Cos'è la malvagità del resto? Assenza di empatia, insensibilità verso gli altri e pochi personaggi come Brundle l'hanno simboleggiato. Come un Icaro che ha volato troppo in alto, anche Brundle in realtà sta cercando di diventare "altro", rifiuta la sua umanità, rifiuta il mondo da cui proviene, ed infine è autore della sua stessa distruzione, della sua stessa fine. Succede quando si fonde con un insetto e avvia quella metamorfosi ributtante che grazie all'artista Chris Walas, stupì come nessun'altra vista sul grande schermo prima di allora.
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Un racconto di mascolinità tossica e prevaricatrice
Il grande Kafka, con la sua Metamorfosi, aveva creato un precedente, la narrazione perfetta di un incubo di animalesca mutazione a cui sicuramente Cronenberg si collegò, ma solo parzialmente, per poi allontanarvisi così come fece con il film originale, L'esperimento del dottor K. di Neumann e persino con la fonte letteraria di Langelaan. Siamo negli anni 80, il body horror è il perfetto contraltare di un'epoca edonistica ed egoistica, a corpi perfetti che dall'universo catodico si insinuano in quello reale, ci tolgono l'umanità perché ci rendono schiavi di una mutazione mostruosa e tiranna. Cronenberg, così come Carpenter, vede però dietro tutto questo, dietro il culto del bello e del successo, dietro l'individualismo e il sogno americano del maschio dominante, che ha nel personaggio di Goldblum un simbolo fortissimo. Cronenberg vede i mostri che nascondiamo. Bello, affascinante, eccentrico, Brundle si muove all'interno di un mondo di scienziati, che piuttosto che dalle aule universitarie, paiono usciti da Festival letterari di Manhattan, da certe factory artistiche edonistiche, dai circoli esclusivi dell'avanguardia autoreferenziale di quel decennio. Seduttore sicuro di sé, amante perfetto quanto vuoto nei sentimenti, verso Veronica (Geena Davis) mette in atto una manipolazione che affonda le sue motivazioni verso quell'onnipotenza generatrice che in quanto appartenente al sesso maschile non può avere. Invida dell'utero? Fu scritto da molti, ma di base ciò che Brundle non accetta è la sua stessa umanità, i limiti che essa naturalmente pone e che la stessa Veronica gli ricorda. Una Veronica verso cui prova una gelosia morbosa. Mentre rifiuta la natura, ecco allora che rifiuta il ciclo che essa offre, le sue leggi basate sull'invecchiamento, sulla morte, poiché tutto ciò che inizia deve avere una fine. La Mosca è quindi soprattutto il racconto di un'utopia mostruosa, ma anche di una storia d'amore tossica, malsana, che consuma ed infine uccide, ed il bello è che è lo stesso protagonista, in un isolato barlume di tenera rassegnazione a cercare di mettere in guardia Veronica: "Ti farò del male se resti qui".
La preveggenza di un film geniale
"Sono un insetto che ha sognato di essere un uomo e gli era piaciuto. Ma adesso il sogno è finito e l'insetto è sveglio" dice lo scienziato ormai irriconoscibile e trasfigurato a Veronica. Può sembrare un paradosso ma lo è solo apparentemente. Ciò che Brundle sta cercando di confessare alla disperata donna, è che egli ha cercato di diventare il Superuomo, di essere il nuovo confine della sua specie, di superarla nei limiti naturali. Ma non ci è riuscito, ora il paradosso è che diventerà un insetto, la quintessenza della vita più disprezzata e insignificante su questa Terra dal punto di vista umano. Le formiche le bruciamo con il sole da bambini, i vermi li usiamo come esche, le mosche sono un fastidio da eliminare. Non è un caso che nel finale, Brundle cerchi di fondere se stesso con Veronica e il bimbo che ella porta in grembo, in un estremo tentativo di ritornare ad essere almeno in parte uomo, invece che quel gigantesco e mostruoso insetto. Orripilante certo, ma solo manifestazione di ciò che lui era anche nel suo monotono look prima, armato di capelli scuri e vanità. Il cinema (ma soprattutto il folklore) aveva già sperimentato e mostrato il connubio tra uomo e animale, con lupi mannari, vampiri, creature aliene, e sempre o quasi era la natura il nemico, il Mister Hyde che si palesava. Qui invece vi è la compenetrazione tra i due elementi, non vi è dualità ma un abbracciare la propria anima, il gettare la maschera che rendeva questo brillante scienziato, già un mostro in carne ed ossa. Il sesso, la procreazione, il male che si annida nei corpi che si uniscono...si parlò molto di metafora dell'AIDS, ma Cronenberg invece andava oltre una così semplice idea, egli ci parlò del sesso come atto autocompiaciuto, del potere che Freud gli riconosceva come elemento fondante, di una società asservita al materialismo. Nel finale de la Mosca, l'essere ibrido si unisce infatti alla macchina, diventa un tutt'uno con essa. In quel momento non si assistette ad un disastro pianificato, ma alla rivelazione di una visione del mondo, di una società che proprio da quegli anni 80, a forza di sperimentazione scientifica invasiva, avrebbe commesso lo stesso errore di Brundle: confondere l'avanzamento tecnologico con il progresso morale.