Dopo gli applausi scroscianti ricevuti alla première mondiale allo scorso festival di Cannes, è diventato uno dei più grandi successi della stagione cinematografica francese. Non molti film d'animazione possono vantare lo stesso percorso di La mia vita da zucchina (Ma vie da courgette).
Non è un caso. Oltre a vantare la sceneggiatura di una delle autrici più promettenti del cinema d'oltralpe, ovvero Céline Sciamma (Tomboy) e le animazioni di Claude Barras, questo cartoon atipico e coraggioso, rappresenta un unicum per la profondità con cui esplora il tema dell'infanzia violata.
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Un approccio diverso
Non tutti gli animatori hanno la fortuna di cimentarsi in film d'animazione così complessi, ovviamente senza garanzia di successo. Dove ha trovato il coraggio di rischiare?
Di questo progetto, scritto da Celine Sciamma, ho amato subito il contrasto tra la natura di tematiche di tipo sociologico e la bellezza delle relazioni che intrattengono i personaggi protagonisti e il modo che trovano di sollevarsi dall'ambiente violento in cui vivono. Tutta la troupe ha mantenuto alto il rispetto per la portata simbolica del film.
Come siete riusciti a rendere la storia carismatica, evitando di diventare troppo melodrammatici?
Credo che questo si debba al ritmo della sceneggiatura dolceamara di Celine. Abbiamo sdrammatizzato il contesto con l'ironia ma credo che abbiamo aiutato anche le scelte di illustrazione e l'aspetto dei personaggi con queste grandi facce e grandi occhi. Sono orgoglioso di aver lavorato con un team di così grande talento, lo stesso di cui si sta servendo Wes Anderson per il suo nuovo film, per intenderci.
Lo spettatore senza età
Ho avuto l'impressione che il film si rivolgesse più ad un pubblico adulto che a degli spettatori in tenera età. Qual era il vostro target?
Sì, effettivamente l'idea era quella di rivolgerci agli adulti ma scrivendo la sceneggiatura abbiamo allargato i limiti della storia, tenendo in considerazione anche i più piccoli. Credo che questa impostazione ci abbia garantito anche la selezione al Festival di Cannes e l'interesse di molte distribuzioni internazionali. Un risultato sorprendente per una storia sulla carta invendibile.
Che cosa le piacerebbe comunicare agli spettatori più piccoli?
Reagire con violenza alla vita non è mai la soluzione ai problemi. Credo che la solidarietà sia il valore più grande.
Le ispirazioni, un magico realismo
Di quali artisti ha risentito più l'influenza?
Sono un grande ammiratore di Tim Burton e l'estetica delle mie zucchine deve molto a lui e al suo cinema. In particolare mi sono ispirato a Nightmare Before Christmas. Ma devo anche dire che il suo team fa sempre più uso del CGI mentre noi amiamo le imperfezioni della stop motion classica. A livello contenutistico i miei punti di riferimento sono Ken Loach e i fratelli Luc Dardenne.
E della Disney che mi dice? Può definirsi un ammiratore?
Ogni film è diverso dall'altro ma credo che stiano dando vita a dei bellissimi film. Allo stesso modo credo che sia giusto per i bambini avere una vasta gamma di scelte da cui attingere, per forgiare la loro fantasia e il loro buon umore.
L'Hollywood Reporter ha definito il suo film "sole per l'anima". Era preoccupato per l'accoglienza che vi sarebbe stata riservata, prima di ricevere complimenti del genere?
Il nervosismo c'era. Ma è stato incoraggiante dover presentare il film al pubblico della Quinzaine piuttosto di dovermi confrontare esclusivamente con la critica e la giuria del concorso ufficiale. Le parole dell'Hollywood Reporter sono una grande soddisfazione e un sollievo per un film che avevo in mente da più di dieci anni dopo aver letto il libro Autobiografia di una zucchina di Gilles Paris da cui è tratto. Pensi che ho impiegato tre anni solo per ottenerne i diritti! Era difficile per me guardarlo in modo oggettivo dove aver profuso tutto questo impegno.
Fonti e fondi
Vi siete presi delle libertà rispetto al testo originale?
No, ma lo scrittore del libro ha lavorato per un anno in un orfanotrofio guardando da vicino le difficoltà e le sofferenze che questi bambini sono costretti ad affrontare. Anche io ne ho visitati alcuni per tre settimane prima dell'inizio delle riprese. Volevo avvicinarmi ad una visione il più realistica possibile.
Il pubblico europeo, come quello americano, è sempre più abituato all'animazione americana, prodotta nei grandi studios hollywoodiani. Quanto è difficile realizzare un cartoon indipendente come il suo in Francia?
Da esordiente non posso certo dire che sia stato facile. Questo lavoro è frutto di un processo molto lungo perché abbiamo dovuto mettere insieme un team da zero e trovare le giuste infrastrutture. Non c'erano neanche esperienza precedenti da cui potessimo trarre ispirazione. Abbiamo anche sforato sul budget previsto di sei milioni di euro, arrivando a otto a causa di numerosi problemi tecnici. Per questo motivo siamo stati costretti a cercare un altro co-produttore per finanziare il progetto e poter continuare a lavorarci.