Che cosa accadrebbe se J.D. Salinger vivesse oggi, e la grande attesa che da anni c'è stata attorno al misterioso scrittore venisse vissuta attraverso i social media? Provate a immaginarlo a avrete un'idea del film che vi raccontiamo nella recensione de La mia ombra è tua, il nuovo film di Eugenio Cappuccio, tratto dall'omonimo romanzo di Edoardo Nesi edito da La Nave Di Teseo. La mia ombra è tua, con Marco Giallini. Giuseppe Maggio e Isabella Ferrari, è in uscita al cinema il 29 giugno, dopo essere stato presentato al Festival di Taormina. Vittorio Vezzosi, il protagonista del film, è un po' come J.D. Salinger, uno scrittore che, dopo un grande romanzo di successo, è sparito. Tocca a un ragazzo neolaureato, timido e impacciato, provare a scovarlo. La mia ombra è tua è un road movie e una storia d'amore, ma è soprattutto un film sull'arte di raccontare e sull'importanza del passato. Una storia che, al netto di qualche passaggio troppo forzato verso la commedia, riesce a conquistare e a scaldare.
Un silenzio durato più di vent'anni
Emiliano (Giuseppe Maggio) ha 25 anni, si è appena laureato con il massimo dei voti in lettere antiche. Il suo professore, per conto di una casa editrice, lo manda da Vittorio Vezzosi (Marco Giallini) un burbero scrittore di 60 anni che vive come un eremita, e che in vita sua ha pubblicato un unico libro, che è stato, ed è ancora, un enorme successo. La casa editrice, dopo che una influencer ha trovato quel suo primo romanzo e ne ha fatto un caso mediatico, vuole il seguito del libro. E prova a cooptare Emiliano in questa operazione. I due si ritrovano così in viaggio verso Milano, verso l'evento Vintage Forever, una sorta di fiera-mercato dedicata agli anni Ottanta e Novanta. Il viaggio, dalla partenza fino all'evento, è seguito in diretta dal mondo social. Pare che Vezzosi abbia accettato di tenere un discorso infrangendo un silenzio durato più di vent'anni. Ma lui è a Milano soprattutto per Milena, il suo vero amore...
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Pieno di amore, di bellezza, di donne, di vino, di rock e di blues
È un film pieno di amore, di bellezza, di donne, di vino, di rock e di blues, La mia ombra è tua. È un film letteralmente "ubriaco" e "ubriacante", nel senso che, insieme ai suoi protagonisti, al suo racconto, ci trascina in un vortice, ci chiede di abbandonarci in modo dolce al racconto, come quando, in un modo o nell'altro, lasciamo andare i freni inibitori. È una storia che finisce per conquistarci. Potrebbe emozionarci ancora di più. A tratti il film sembra puntare troppo sulla commedia, su alcune situazioni forzate, sopra le righe, e in questo modo la malinconia della storia in qualche modo di stempera.
Il vecchio è meglio del nuovo
È una storia che vive essenzialmente di un contrasto, quello tra ciò che è vecchio e ciò che è nuovo. E allora c'è il romanzo, un unico romanzo, contro i post sui social, migliaia di post, c'è la sfrontatezza contro l'impaccio, c'è il conoscere i Clash e non conoscerli, c'è un modo di vivere la vita che, forse, oggi non c'è più. "Il vecchio è meglio del nuovo" è il claim che, dal palco del festival vintage, il promoter lancia. Sarà vero? Forse sì. Ma anche il "vecchio", inteso come il Vezzosi, avrà stavolta bisogno del giovane, che è Emiliano, che lui chiama affettuosamente "Zapata", per riprendersi la sua vita, il suo amore. Per capire l'importanza - in una situazione in cui non l'avrebbe mai immaginato - del saper raccontare, l'importanza delle storie. No, non le storie di Instagram. Le storie.
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Saper raccontare le storie... come Fellini...
E infatti La mia ombra è tua, è sì un road movie, è una (doppia) storia d'amore, ma è soprattutto un film sul saper raccontare le storie, sull'arte della scrittura. E non è un caso che Eugenio Cappuccio lo chiuda, sulle note di Nino Rota, nel nome di Federico Fellini, lui che con Fellini ci è cresciuto, da assistente alla regia, e finalmente non ha paura di metterlo in un film (dopo averlo fatto nel bellissimo documentario Fellini fine mai). Lo chiude nel nome de La dolce vita, e di una storia nella storia, quella di Anita, Marcello, di quel bicchiere di latte per un gattino, e della Fontana di Trevi. Si chiude con una storia che nasce da un'altra storia, come in Due di due di Andrea De Carlo.
A proposito di bellezza
È curioso che Eugenio Cappuccio, che con l'immagine per eccellenza è nato, quella di Federico Fellini, l'immagine bella, cinematografica, qui racconti anche quanto spesso ci si trovi oggi in un mondo di immagini brutte, sgranate, improvvisate. Sono quelle delle nostre riprese private, quelle dei social media. Cappuccio ci mostra anche questo, dopo averci fatto vedere più volte la bellezza e capire quanto sia importante. A proposito di bellezza, guardate l'ingresso in scena di Milena, interpretata da una Isabella Ferrari dorata. E a proposito di bellezza, Marco Giallini, certo, fa ancora il Marco Giallini, ma con sfumature nuove, con un personaggio alla Jeff Bridges, più ingrigito, invecchiato e amareggiato rispetto ai suoi classici personaggi. A proposito di bellezza, dicevamo, la sorpresa è Giuseppe Maggio, uno dei "belli" del cinema italiano, che qui prova a imbruttirsi con occhiali, apparecchio per i denti, brufoli e una barbetta incolta. Non è ovviamente solo un aspetto estetico, ma tutta la sua recitazione ad essere una piccola sorpresa.
Conclusioni
Nella recensione de La mia ombra è tua vi abbiamo parlato di un road movie e una storia d'amore, ma soprattutto di un film sull'arte di raccontare e sull'importanza del passato. Una storia che, al netto di qualche passaggio troppo forzato verso la commedia, riesce a conquistare e a scaldare.
Perché ci piace
- Marco Giallini e Giuseppe Maggio, qui usato contro ruolo, sono dei protagonisti convincenti.
- Quello di Cappuccio è un film ubriaco e ubriacante, pieno d'amore, vino, bellezza, rock e blues.
- Il confronto tra vecchio e nuovo, e il sottotesto sull'arte di raccontare, sono interessanti.
Cosa non va
- Certe situazioni sono spinte troppo verso la commedia e sopra le righe.