Tra le numerose pellicole che si avvicenderanno o si sono già contese uno spazio in sala, il bimestre marzo/aprile è ricco di produzioni italiane dirette da nomi più o meno noti. Dalla riconferma del talento di Fabio Mollo con il suo Il padre d'Italia al ritorno sul grande schermo di registi del calibro di Ferzan Ozpetek e Gianni Amelio, rispettivamente con Rosso Istanbul e La tenerezza, passando per esordio di Simone Godano con Moglie e marito o Piccoli crimini coniugali, nuovo film di finzione di Alex Infascelli dopo il David di Donatello al miglior documentario per S Is for Stanley. E proprio tra questi titoli s'inserisce anche Max Nardari con La mia famiglia a soqquadro.
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La pellicola racconta la storia di Martino (Gabriele Caprio), bambino modello di undici anni che arrivato alle scuole medie si sente improvvisamente un pesce fuor d'acqua. La motivazione è semplice quanto paradossale: il ragazzo è l'unico della sua classe a non avere i genitori separati. Quella che fino a quel momento era apparsa ai suoi occhi come una dinamica familiare "normale" si trasforma in un elemento da sabotare. L'unico obiettivo diventa dunque far allontanare la madre e il padre, Anna (Bianca Nappi) e Carlo (Marco Cocci), così da poter godere, come gli altri bambini, di regali e attenzioni da parte della coppia scoppiata e non sentirsi più così diverso da loro. A contribuire alla riuscita del suo piano il ritorno nella vita lavorativa di Carlo di una vecchia compagna di classe dei suoi genitori, Paola (Elisabetta Pellini), un tempo invaghita dell'uomo...
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Il peso della diversità
Martino è il motore dell'azione ma, ancor prima, voce narrante che introduce lo spettatore nella vicenda. Lo fa a pochi minuti dal suono della campanella del primo giorno di scuola media avvisandoci che l'amorevole famiglia che vediamo ben presto finirà (forse) per disintegrarsi. Max Nardari, al secondo lungometraggio dopo Di tutti i colori, usa a pretesto il tema della diversità (rovesciata) per raccontare il desiderio di accettazione del suo giovane protagonista. Un'ambizione sociale che si estende facilmente ad ognuno di noi. L'anomalia di Martino risiede nell'avere un padre e una madre che si amano e nell'assenza, ad esempio, di un cellulare o di un account Facebook. Elementi che lo allontanano ed emarginano dai suoi compagni di classe, piccoli bulli privilegiati e viziati.
Il film, già presentato in Giappone e venduto sulle linee aeree inglesi, è ispirato al libro Figli violati scritto dalla madre del regista, l'avvocato matrimonialista Renea Rocchino Nardari. Una base letteraria che affonda le radici in una testimonianza diretta che il regista alleggerisce nei toni della commedia adatta per un pubblico trasversale. Co-sceneggiato insieme a Fausto Petronzio, La mia famiglia a soqquadro, nonostante un'idea iniziale accattivante, tanto da essere adocchiato per un remake a stelle e strisce, non ha però una struttura narrativa o una riuscita formale tali da valorizzare il nucleo di partenza.
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"Voglio i genitori separati!"
Se da un lato comprendiamo la scelta di voler rendere la sceneggiatura del film di facile accesso anche per un pubblico di giovanissimi dall'altro non possiamo non notare l'eccessivo alleggerimento dei dialoghi o delle sequenze dichiaratamente comiche. A questo si aggiungano un commento musicale fiabesco contaminato da altri generi che ne annullano l'organicità ed una fotografia più televisiva che cinematografica. Il risultato è quello di un prodotto che faticata a trovare una sua individualità. Se poi il film ha il merito di regalare a Marco Cocci un ruolo da simpatico imbranato, lontano dalla rosa di personaggi interpretati finora sul grande schermo, dall'altra risente di una recitazione eccessivamente enfatizzata da parte di alcune delle figure secondarie che ruotano attorno a Martino e ai suoi genitori. La singolare nota di partenza, dunque, finisce per disperdersi negativamente nel corso della pellicola intaccandone le favorevoli premesse.
Movieplayer.it
2.0/5