Rivedere il profilo del killer in un thriller che punta all'umanizzazione dell'emblematica figura, riferimento letterario e cinematografico. Per la sua opera seconda, Michael Keaton, si affida ad una sceneggiatura firmata da Gregory Poirie, che appunto elabora un protagonista affetto da precoce demenza, impossibilitato a svolgere il "lavoro" di sicario. Ecco allora La memoria dell'assassino, dove Keaton, oltre che regista, è anche protagonista nel ruolo di John Knox. La trama mette al centro un killer sulla via del tramonto, che sta cercando una via d'uscita, dopo la terribile diagnosi clinica senza scampo: Knox soffre di un disturbo cerebrale degenerativo.
Per tutta la durata di La memoria dell'assassino, Keaton alterna il tormento all'azione, almeno fino alla doppia svolta che poi indirizzerà inevitabilmente lo script di Poirie. Ora, se state leggendo questo articolo, è perché qualcosa nel film forse vi è sfuggito. Non vi biasimiamo, anzi. Effettivamente, la seconda parte della pellicola, a cominciare dal finale, andrebbe approfondita meglio, e maggiormente illuminata. È chiaro infatti che il piano di John Knox, che ora proviamo a ripercorrere (tenendo in risalto i tratti focali della trama), è incredibilmente intrigato, e a tratti confusionario. Sì, La memoria dell'assassino è un film che merita una chiara spiegazione. Proviamo ad indirizzarla, ma occhio agli spoiler qualora non l'aveste ancora visto.
La memoria dell'assassino: la spiegazione del film
Per la spiegazione di La memoria dell'assassino partiamo dal primo colpo di scena: Knox, dopo l'infausta diagnosi, si prepara per l'ultima missione, da affrontare insieme al compagno Thomas. L'obiettivo è un trafficante di essermi umani e, come da prassi, i due sicari, entrati nell'appartamento dell'uomo, si dividono. Knox, davanti al bersaglio, lo uccide, non prima di aver sparato ad una donna innocente che era con lui nella doccia. Disorientato, e con la memoria che fa cilecca, sente dei rumori dietro a lui: si gira e spara, uccidendo l'amico Thomas per errore. La polizia inizia ad indagare ma qualcosa non torna: la scena del delitto sembra essere stata ripulita in modo grossolano. I piani di pensionamento per Knox, che intanto sta gestendo le finanze, pianificando un'uscita di scena che darebbe parte del bottino alla sua famiglia con cui non ha più rapporti, vengono alterati dall'arrivo in scena di suo figlio Miles. Non si vedono da anni, da quando Knox è finito in prigione per riciclaggio. Miles chiede l'aiuto del padre perché ha ucciso, di impeto, un predatore sessuale che ha messo incinta la figlia sedicenne.
Da qui in poi La memoria dell'assassino incrocia le strade dei due eventi. Knox, che segna tutto su un quaderno, per non perdere il filo della situazione, accetta di aiutare il figlio Miles. Come prima cosa va a casa del balordo, ripulisce la scena ma lascia alcuni indizi che potrebbero fare al caso della polizia. Porta via l'arma del delitto (un coltello), preleva del sangue dalla vittima e manomette le registrazioni delle telecamere, in un modo che sembra improvvisato per un professionista come lui. Ma a tutto c'è una spiegazione, perché Knox ha in mente una mappa diversa da quella che si potrebbe immaginare. Tramite Kaylee, nipote di Knox, la polizia mette in correlazione i due casi, focalizzandosi sulla presenza del killer in tutte e due le scene del crimine, pur scevre da indizi che potrebbero incastrarlo.
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Un finale intricato
Grazie all'amico mafioso Xavier Crane, John Knox porta avanti l'arzigogolato piano: raccoglie le prove che incastrano suo figlio, e le piazza in modo grossolano nella sua casa, in modo tale che la polizia possa facilmente trovarle. Cosa sta succedendo? Perché vuole incastrarlo? Miles viene arrestato, restando di sasso davanti alle azioni di suo padre. Inizialmente, Knox dirà di aver piazzato le prove contro Miles come vendetta contro il figlio, in quanto è stato lo stesso Miles, anni prima, ad averlo denunciato per la frode finanziaria. Tuttavia, dietro c'è un piano che scagionerebbe (!) Miles: le prove sono infatti palesemente finte e manomesse, e la polizia non ci impiega molto a screditarle. Anche le riprese delle telecamere mostrano Miles arrivare a casa dello stupratore, ma non in un momento preciso della giornata. Mentre l'uomo viene rilasciato, Knox si reca nella vecchia casa di famiglia, dove recupera sotto una tavola dei diamanti. L'assurdo piano viene avallato sul finale da Xavier Crane, che chiama la polizia in modo anonimo denunciando Knox come il vero assassino. Sì, una svolta che lascia di sasso, per quanto è avviluppata.
L'uscita di scena
Ma perché John Knox aveva ideato tutto questo, prima di immolarsi, consegnandosi alla polizia anche per un crimine non commesso? Perché aveva fin da subito escogitato un'uscita di scena che prevedesse la sua totale scomparsa, con successiva distribuzione in parti uguali alla sua famiglia: una parte al figlio Miles, una parte all'ex moglie Ruby e una terza parte ad Annie, escort che, alla fine del film, ha pure cercato di fregarlo. Nel finale de La memoria dell'assassino troviamo il sicario ormai completamente malato, e chiuso in una struttura medica per pazienti con salute mentale, ormai smemorato di cosa sia stata davvero la sua vita.