Una giovane coppia formata da Marc (architetto) e Anna (ostetrica) decide di trascorrere una vacanza a Friburgo, scambiando momentaneamente la loro casa con quella di una coppia di anziani coniugi locali, Hans e Olga. Anna è incinta e da lì a poche settimane darà alla luce quel bambino tanto atteso, sperando anche che la nascita riporti serenità nella relazione con Marc, da tempo in crisi non soltanto per i pressanti impegni lavorativi di lui ma anche per un segreto nel passato di lei.
Come vi raccontiamo nella recensione de La maledizione del cuculo, l'arrivo nella suggestiva dimora immersa nella Foresta Nera sembra benaugurante: trovano infatti una casa ipertecnologica e dotata di ogni comfort, imbattendosi anche nell'affascinante figlia adottiva dei proprietari, che bazzica lì ogni tanto. Nel frattempo l'appartamento spagnolo dei protagonisti è teatro di una serie di inquietanti rituali compiuti da Hans e Olga, che hanno in mente un piano ben preciso che metterà in serio pericolo Marc e Anna.
Essere o non essere
"Né la morte, né la fatalità, né l'ansia possono generare l'insopportabile disperazione che risulta dalla perdita della propria identità." È questa citazione di H.P. Lovecraft ad aprire la visione e ben presto il suo significato più profondo verrà presto alla luce nel dipanarsi di una narrazione che si rifà ad un topoi spesso abusato del cinema horror, che ora non vi staremo a svelare per non rovinarvi la potenziale sorpresa: basti giusto sapere che per l'appunto è proprio il gioco identitario ad assumere un ruolo chiave a un certo punto del racconto. In quest'horror, frutto di una co-produzione tra Spagna e Germania, la sceneggiatura sfrutta una soluzione che si è vista in molteplici occasioni nel recente cinema di genere, elemento che in parte toglie la necessaria dose suspense non appena compreso il percorso stabilito in fase di sceneggiatura. La resa dei conti finale cerca di aggiungere un pizzico di pepe e mordente, ma la tensione viene meno per alcune inverosimiglianze nella gestione dei personaggi principali e nello stesso epilogo.
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Amore e odio
Si cerca di innescare le dinamiche di un turbolento rapporto di coppia ad accompagnare il sottobosco sovrannaturale, ma anche in questo caso si agisce su soluzioni prevedibili e forzate, tra anelli smarriti accidentalmente e non detti che indagano nei meandri di un legame non così indissolubile come si poteva inizialmente pensare, anche per via di quella gravidanza prossima al termine. Difficile perciò entrare in piena comunione empatica con i protagonisti e con i loro problemi, nonché provare una sincera fascinazione per quei villain più grotteschi che effettivamente inquietanti. Un paio di sequenze visionarie, come la visita al museo degli orologi a cucù o la festa di paese nella quale gli abitanti indossano spaventose maschere di legno, a sublimazione di un folklore indigeno, non bastano a risollevare quel senso di piattezza generale che altrimenti permea i cento minuti di visione.
Assenza di sfumature
Molto del torbido che albergava potenzialmente nella vicenda perde così di intensità e risulta soltanto annacquato, a cominciare dalla figura a dir poco sprecata di quella figlia adottiva che avrebbe dovuto suggerire ben altre piste ed essere sfruttata con maggior incisività. E proprio le scelte di casting si rivelano a tal proposito poco convincenti, anche per ciò che concerne i ruoli principali: anche la bella e brava Belén Cuesta, che in carriera vanta anche un premio Goya per La trincea infinita (2019), qui è totalmente fuori parte. Gli spaventi sono pressoché assenti, con zero jump-scare, ma al contempo l'ipotetico vuoto non è colmato da una ragionata gestione dell'intreccio, con la suspense che viene meno proprio nello svelamento del mistero, lasciando l'amaro in bocca a quello spettatore che si aspettava un qualcosa di originale e non l'ennesima, banale, rivisitazione di un topoi classico dell'orrore.
Conclusioni
Due coniugi spagnoli in crisi, prossimi a diventare genitori, optano per una vacanza rasserenante e accettano di scambiare casa con una coppia tedesca di mezz'età. Ha così inizio il loro soggiorno nelle suggestive campagne della Foresta Nera, ignari che ben presto un inquietante mistero che aleggia su quelle quattro mura e sugli effettivi proprietari finirà per metterli in una situazione di estremo pericolo. Come vi abbiamo raccontato nella recensione de La maledizione del cuculo, ci troviamo davanti a un horror fiacco e privo di idee originali, che si limita a ripercorrere un intreccio narrativo visto e rivisto nel cinema horror del nuovo millennio senza particolare inventiva e tensione a tema, fino a quella resa dei conti finale più improbabile che effettivamente amara e crudele, come era nelle intenzioni.
Perché ci piace
- Un paio di sequenze suggestive.
Cosa non va
- Personaggi, e relativo cast, improbabili.
- Sceneggiatura che ripropone situazioni già viste senza spunti originali.
- Paura e tensione ai minimi.