La decade dei gangsters
"Il miglior direttore è quello che non lascia impronte sul film": siamo negli anni Trenta, e questa dichiarazione di William A. Wellman (più noto come "Wild Bill", uno dei registi dalla vita molto movimentata) ricorda analoghe esternazioni che un altro grande di Hollywood come Billy Wilder provvederà a ribadire successivamente. Nemico pubblico, però, contraddice vagamente il concetto di trasparenza e di regia invisibile, perché i tocchi personali (e simbolici) non mancano: le uniche due soggettive del film (quella del padre di Tom Powers e quella, meno centrata, di suo fratello nel finale) che inchiodano il gangster alle sue debolezze e alcuni movimenti di macchina "azzardati" per l'epoca (come si trovano, ad esempio, in tutta la sequenza del primo furto, con annesso lo spavento "horror" dell'orso nel ripostiglio). Per il resto Nemico pubblico è figlio del suo tempo (con gli omicidi, spesso e volentieri a sangue freddo, occultati in modo astuto: anche un cavallo ne farà le spese) ed è uno degli antenati assoluti del noir gangsteristico, ancor prima di Piccolo Cesare (che è del 1939).
I "progressi" di Tom Powers vengono centellinati con fare didascalico (da segnalare i bellissimi titoli di testa con la presentazione dei vari protagonisti) e con una violenza dal realismo inaudito per il tempo, rinforzato dai modi bruschi e dai gesti eloquenti di James Cagney, il vero tough guy di Hollywood insieme a Humphrey Bogart e ad Edward G. Robinson. Ma rispetto all'eleganza di "Bogey" ed alla furia controllata di Robinson, il protagonista della pellicola di Wellman mette in mostra tratti più bruschi, più cattivi, più intransigenti, immortalati nella celeberrima sequenza in cui Tom Powers spiaccica sulla guancia di Kitty (la sfuggente Mae Clarke) un pompelmo con un "genuino" disgusto misogino (la scena fu girata all'insaputa della Clarke) da far annoverare assolutamente questa scena tra quelle cult della storia del cinema (senza dimenticare gli sgraziati buffetti che Tom riserva alle tante donne del film, a partire dalla fatale "pupa" bionda Jean Harlow).
E' il finale che però desta stupore, con un colpo a sorpresa, forse atteso, forse immaginabile, ma che resta nella memoria per come coglie la forza visionaria del momento, grazie anche ad un maledetto giradischi che sullo sfondo continua a suonare imperterrito "I'm Forever Blowing Bubbles". Così un periodo storico (scandito nel corso del film anno dopo anno, dal 1909 al 1920), un genere cinematografico e un interprete immenso come Jimmy Cagney sono stati "impacchettati" e sbattuti a terra, provocando un unico, grande tonfo in cui è udibile ancora oggi l'eco scomparso del cinema sonoro degli albori. Dopo gli anni Trenta, invece, i gangster-movies "suonerano" tutta un'altra musica, più spietata, più arcigna, più disperata, senza possibilità di riscatto...