La vocazione da thriller si fonde con la riflessione sui meccanismi che regolano il potere religioso, sulla corruzione dello stato egiziano e su cosa significhi in concreto essere un bravo mussulmano ne La cospirazione del Cairo, nuova fatica del regista di The Contractor e Ray Donovan Tarik Saleh. La pellicola, un thriller raffinato che si concentra sui meccanismi segreti che regolano l'elezione di un capo religioso tra ricatti, omicidi e spionaggio, predilige il focus sulla dimensione religiosa alle scene prettamente action e si affida all'intensa performance del giovane protagonista Tawfeek Barhom.
Adam (Tawfeek Barhom) proviene da una umile famiglia di pescatori della costa, ma la sua acuta intelligenza e la fede religiosa gli fruttano una borsa di studio per la prestigiosa università del Cairo di Al-Azhar, culla dell'Islam sunnita in cui si formano i futuri capi religiosi. Subito dopo il suo arrivo, il Grande Iman muore all'improvviso, scatenando una lotta segreta alla successione. Governo, esercito e servizi segreti vogliono influenzare la scelta del nuovo capo religioso. La battaglia a colpi di segreti e menzogne si consuma all'interno dell'università e della moschea di Al-Azhar e Adam, suo malgrado, viene risucchiato in questo vortice diventando una pedina essenziale del gioco.
La lotta eterna tra potere politico e religioso
La cospirazione del Cairo conferma la volontà di Tarik Saleh, già emersa con il precedente Omicidio al Cairo, del 2017, di usare il genere per esplorare le contraddizioni dell'Egitto contemporaneo. In questo caso, il regista esplora i meccanismi del potere e la tendenza dei capi militari a non farsi scrupoli per sfruttare e poi sbarazzarsi di innocenti per i loro scopi. Il regista torna ad affidarsi al suo attore feticcio Fares Fares, qui nei panni di un funzionario dei servizi segreti capace anche di mostrare un lato umano.
Ma la tematica religiosa, in questo caso, tende a prendere il sopravvento imponendo sul thriller la sua forte impronta sia dal punto di vista visivo - con la splendida location della moschea di Al-Azhar (il film, in realtà, è stato girato anche in Turchia e Svezia) e degli altri luoghi di preghiera - che tematico. Pur essendo un adolescente come tanti altri, Adam è il "ragazzo mandato da Dio" (Boy from Heaven è il titolo con cui il thriller ha rappresentato la Svezia nella corsa all'Oscar come miglior film internazionale, mancando la cinquina finale). Anche se nutre gli stessi sogni e si lascia andare alle stesse trasgressioni dei ragazzi della sua età, lo studente di religione dimostra un'eccezionale comprensione del Corano e della predicazione degli Iman che lo aiuterà a districarsi in un complotto che rischia di costargli la vita.
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John Le Carré in salsa araba
Adam è la pedina inconsapevole nell'eterno conflitto tra potere politico e religioso. Dopo la morte del Grande Iman, spetta al Consiglio supremo degli studiosi islamici eleggere il nuovo capo religioso, ma anche l'Agenzia per la Sicurezza dello Stato, fedele al Presidente egiziano, vuole dire la sua influenzando la votazione per mezzo di spie e ricatti. Col suo sguardo sgranato e la sua inesperienza, Adam si trova ben presto costretto tra due fuochi. Il film getta perfino uno sguardo sui Fratelli Mussulmani e sulla loro visione conservatrice, mostrando la complessità della situazione politica dell'Egitto contemporaneo e la pluralità delle forze in campo per la conquista del potere e il controllo delle masse.
Tra i tanti personaggi che si conquistano uno spazio nel film, focus de La cospirazione del Cairo è la relazione di dipendenza reciproca che si sviluppa tra Adam e il funzionario dei servizi segreti interpretato da Fares Fares, chiamato a eseguire gli ordini che gli vengono impartiti dall'alto, ma destinato a sviluppare un relazione quasi di tipo paterno con il suo "angelo" (termine con cui vengono definite le talpe inserite dal servizi nell'università di Al-Azhar per carpire informazioni). Gli incontri segreti da Starbucks tra i due punteggiano un thriller caratterizzato da sporadiche, ma accurate scene d'azione, dove la tensione alberga soprattutto nella situazione che Adam, intrappolato in una situazione senza via di uscita, è costretto ad affrontare giorno dopo giorno facendo violenza su se stesso, sui propri valori e sul motivo che lo ha spinto a recarsi al Cairo.
Il paragone con John Le Carré è tutt'altro che campato in aria vista la predilezione per i momento di riflessione e l'indagine sui meccanismi del potere, preferiti alla semplice dimensione action tour court, anche se in alcuni momenti il film soffre per uno stile un po' troppo convenzionale. Eccellente il lavoro del direttore della fotografia Pierre Aïm, che valorizzagli spazi imponenti della moschea, ma anche gli angusti passaggi segreti e le scene corali all'aperto.
Conclusioni
La recensione de La cospirazione del Cairo mette in luce le qualità del nuovo film di Tarik Saleh, thriller raffinato anche se un tantino convenzionale, focus sull'Egitto contemporaneo che analizza lo scontro tra potere politico e religioso svelando i retroscena di corruzione e spionaggio. Una storia ben girata, dominata da affascinanti location storiche della capitale egiziana, che occhieggia a John Le Carré.
Perché ci piace
- Intrigante la riflessione sul tentativo del potere politico di controllare quello religioso.
- La suggestione delle location si unisce a quella dei temi trattati.
- La tensione che serpeggia lungo tutta la storia.
- Le performance del cast, capitanato dal veterano Fares Fares.
Cosa non va
- La formula del thriller viene applicata in modo piuttosto convenzionale.
- Qualche scena d'azione in più avrebbe movimentato la pellicola.