Alla presenza di attori del calibro di Raoul Bova, Maria Grazia Cucinotta, Enrico Lo Verso, Anna Safroncik e David Coco, è stato presentato a Roma La bella società, il nuovo film del siciliano Gian Paolo Cugno, che oltre a pubblicare romanzi (nella fattispecie Passi nel buio e La donna di nessuno) ha già esordito al lungometraggio con Salvatore, questa è la vita. Importante sottolineare che entrambe le pellicole sono state sostenute con entusiasmo, nella loro realizzazione, dal navigato produttore Pietro Innocenzi, il quale ha creduto sin dall'inizio in questo giovane cineasta, le cui origini rivelano tra l'altro una circostanza piuttosto singolare: Cugno è originario di Pachino, cittadina del siracusano già nota per aver dato i natali allo scrittore Vitaliano Brancati.
Ma ora, dopo aver accennato agli elementi di curiosità presenti nel cast tecnico e artistico, conviene dar la parola ai protagonisti, anche considerando che all'incontro organizzato alla Casa del Cinema erano presenti quasi tutti gli interpreti principali.
A Gian Paolo Cugno, già autore di Salvatore, questa è la vita, vorremmo chiedere qualcosa sulla genesi del nuovo film, a partire dal titolo.
Gian Paolo Cugno: Il titolo può essere visto come un riferimento a quella società che i nostri nonni hanno provato a regalarci, che i nostri padri hanno fatto fallire, e in cui molti di noi hanno smesso di credere. La bella società, per l'appunto. In realtà mi serviva un titolo che avesse una prospettiva piuttosto ampia, anche in virtù del fatto che in questo film ho voluto mettere insieme tante storie, tante idee diverse. Ed è così che sono riuscito a incastrare il nostro produttore, Pietro Innocenzi, che in fondo è un sognatore e si è fatto fregare ancora una volta, accettando di fare un secondo film insieme!
Antonella Lualdi: Scusa se intervengo, ma da attrice voglio dire che secondo me saresti stato in grado di girare un film per ogni decennio che hai rappresentato, riuscendo comunque a trattare bene tutti i problemi sociali. Chi meglio di te può parlare di ambienti che conosci così bene?
Gian Paolo Cugno: Ti ringrazio. Sì, in realtà provengo da un paese non lontano dai posti dove abbiamo girato. Il vero problema, che ci ha spinto anche a mettere ogni tanto le didascalie con le date, era rendere chiari al pubblico i passaggi temporali, che avvengono di continuo e hanno una rilevanza particolare nella storia.
Il racconto è composto poi di situazioni molto varie, che vanno dal manifestante morto su una barricata mentre protesta per le condizioni di lavoro nei campi, episodio che ricalca fatti successi veramente in un paesino della Sicilia parecchi anni fa, fino alla sparizione del padre dei protagonisti, portato via da malintenzionati. Il fatto che le persone possano sparire così è assai diffuso, purtroppo.
Nel film sembrano intrecciarsi diversi stili, quale era a riguardo il tuo proposito?
Gian Paolo Cugno: Questo è il mio secondo film, per cui mi considero uno che sta ancora imparando, diciamo che scopiazzo a destra e a sinistra, ma penso che sia difficile scopiazzare bene! Se da un lato sono ancora alla ricerca del mio stile, per il resto devo solo ringraziare la bravura dei miei collaboratori, a partire dal direttore della fotografia Giancarlo Ferrando, uno che lavorava già con John Houston ai tempi de La Bibbia. Ma a lui dovrei aggiungere anche Paolo Vivaldi per le musiche, il montatore Ugo De Rossi e tanti altri ancora.
Piuttosto che discutere ancora del mio stile, preferirei che a parlare siano ora gli attori, che una così grande importanza hanno avuto.
Raoul Bova: Anche per me quella con Maria Grazia è stata un'esperienza molto bella, magari la nostra è una piccola parte nell'economia complessiva del film ma serve a dare la spinta. Molto bravi tutti gli altri attori, da quelli che ho scoperto su questo set a Enrico Lo Verso, che è uno della mia generazione.
David Coco: Da parte mia, mi sono trovato benissimo con tutti e ho potuto raccontare un personaggio che già in sceneggiatura trovavo molto bello, con un retaggio interessante fatto anche di rimorsi e sensi di colpa sviluppati da ragazzo, soprattutto nei confronti dell'altro fratello.
Ho affrontato il personaggio cercando una forte istintività, che riflette poi lo stile di un regista che è un po' così, intuitivo nel trovare le soluzioni di volta in volta più adatte.
Penso ad esempio che il film sia pieno di immagini forti, potenti ed evocative.
Gian Paolo Cugno: Che dire, ripensare a film come In nome della legge di Pietro Germi può aiutare a trovare la direzione giusta, a descrivere certi ambienti!
Anna Safroncik: Lavorando con David Coco e Marco Bocci, attori che non conoscevo ma con cui mi sono trovato molto bene dal punto di vista umano, posso dire che ho sperimentato a mia volta il carattere istintivo di un regista, da cui sono rimasta molto colpita. Rispetto al metodo di costruzione del personaggio che ho abitualmente, ho lavorato decisamente di più sull'improvvisazione, il che ha reso l'esperienza particolare e stimolante.
Marco Bocci: Hanno già detto quasi tutto loro! Posso solo aggiungere che spero si mantengano i rapporti nel tempo, perché mi sono trovato veramente bene e in più, se mi è concesso dirlo, in Sicilia si mangia proprio bene!Quando tramite il mio agente si è profilata la possibilità di avere la parte, sono giunto sul set a spese mie, tanto ero motivato.
Enrico Lo Verso: A questo punto potrei parlare del vizio del gioco, dei problemi con l'università, di tutto ciò che riguarda il mio personaggio... e invece voglio solo tirare le orecchie al regista, perché quando dice di scopiazzare gli altri non è sincero, lui in realtà ha tantissime idee e se la cava benissimo!