Sfrenatamente citazionista, autoironico, b-movie nell'anima nonostante i tanti soldi investiti e l'importanza dei nomi coinvolti (Russell Crowe nel cast, Eli Roth alla sceneggiatura, e ovviamente la produzione di Quentin Tarantino): un film come L'uomo con i pugni di ferro farà sicuramente la felicità dei fan dei kung fu movies, dell'exploitation che fu e in genere di chiunque ami il recupero consapevole di certo cinema popolare. L'esordio alla regia del rapper RZA (anche protagonista) è un action movie che coniuga spregiudicatamente l'estetica del cinema di genere asiatico con la violenza iperrealista tanto cara a Tarantino, la fisicità delle arti marziali con lo splatter occidentale, il senso dell'onore di tanto cinema di Hong Kong con l'ironia e la smitizzazione cinefila.
Per parlare del film, che uscirà nelle nostre sale a febbraio, abbiamo incontrato l'attore statunitense (di origini sudcoreane) Rick Yune, tra i nomi noti presenti nel cast e tra gli attori del genere più interessanti degli ultimi anni.
L'impressione che si ha, vedendo il film, è quella di un gangster movie americano interpretato da attori orientali. Lei è d'accordo? Rick Yune: Non credo si possa ridurre tutto a un genere: ci sono tanti film diversi che ho visto, e ognuno mi ha fatto pensare a uno degli aspetti del mio personaggio. Un personaggio che ha cercato di cambiare la sua vita perché la donna che ama lo ha incitato. Sono temi universali, questi: ogni film unisce le persone, e credo che questi siano aspetti con cui chiunque si possa relazionare.
Sappiamo che il set è stato piuttosto movimentato. C'erano quattro ore di girato, e si è ventilata anche l'ipotesi di fare due film. Cosa è rimato fuori di quel materiale? E cosa sarà reinserito nel DVD?Abbiamo filmato per quasi 200 giorni di fila, il lavoro è stato molto complesso, con più troupe che lavoravano contemporaneamente. Il digitale con la sua possibilità di tagliare e rimontare subito il girato, ci ha aiutato. E' stata anche una sfida, visto che, dalle quattro ore iniziali, è stato difficile arrivare a qualcosa che fosse piacevole. Comunque, le scene eliminate potranno finire nell'edizione home video, o persino in un possibile sequel.
Questa saga avrà un crossover con Django Unchained, che uscirà in sala poche settimane dopo?
L'unico crossover tra i due film è proprio il personaggio di RZA, che ritroviamo, schiavo, anche nel film di Tarantino.
Il film presentava difficoltà, a livello fisico?
Beh, sì. Io ho perso 30 libbre per interpretarlo, ho dovuto indossare un costume molto pesante e nello stesso tempo dovevo essere agile. Ho seguito una dieta stretta. Il lavoro è stato lungo, lavoravamo 16-17 ore al giorno per 6 giorni la settimana. Eravamo comunque molto uniti, e ciò ci ha permesso di andare oltre la fatica.
Non mi chiedo mai se il film che interpreto è d'azione, o una commedia, o un film romantico, ecc... Il mio primo film, per esempio, è stato un dramma: io mi concentro sullo script, cerco di capire il personaggio e cosa sarà interessante in esso. Ora, per esempio, sono in trattativa per una commedia romantica, che sarà ambientata proprio in Italia, tra Roma e Venezia. La regista sarà Gabriela Tagliavini.
Il film sembra rifarsi anche alle pellicole di arti marziali degli anni '70. A lei piace questo genere di film, e pensa che il regista sia riuscito a coglierne lo stile?
Con questo genere di film io ci sono cresciuto, li vedevo al cinema ogni sabato pomeriggio...C'è stata un'ispirazione da quelle pellicole, certo. RZA è un regista che ama molto narrare, vuole vedere sullo schermo delle persone che lottano per una causa comune, che hanno un senso dell'onore, come succedeva in quei film. Ma il nostro è anche un film anche con personalità occidentale, fruibile universalmente, che ha amalgamato i generi.
Pensa che operazioni come questa possano contribuire a recuperare la memoria di un certo cinema popolare, specie presso le nuove generazioni?
Posso dire che Andrew Morgan, un produttore americano, sta preparando un film su Gengis Khan, ed ha apprezzato a tal punto il nostro film che ora vuole sia RZA a dirigerlo. Ha detto che il nostro è un film straordinario, che i giovani non hanno mai visto film d'azione narrati così: è un taglio nuovo su qualcosa di già visto. I film di arti marziali attuali mi annoiano, perché non arrivano mai al momento emotivo finale. Questi film dovrebbero essere innanzitutto coinvolgenti per il pubblico: io vedo la differenza con quelli di Bruce Lee, lui era innanzitutto uno straordinario attore, e i suoi movimenti erano già emozionanti di suo.
Lui è una persona straordinaria, divertentissima, piena di vita. Ha la passione di un ragazzino per il cinema, ed è stato anche il professore a cui tutti abbiamo guardato: era il padrino del film, quello che ci ha permesso di affrontarne tutti i diversi aspetti. Ha comunque lasciato molta libertà a RZA, consentendogli di dare al film una sua impronta personale.
Lei ha fatto cose diverse, è stato attore, modello... Come si vede tra dieci anni? Continuerà a recitare o si dedicherà ad altro?
A me piace da morire essere attore, sono cresciuto col cinema, i film li divoravo. La mia famiglia era molto dinamica, ma a volte al cinema cercavo di trovare le risposte a quegli interrogativi a cui nessuno rispondeva. Quello che faccio adesso è un dono che spero di tramandare ad altri. Guardiamo Liam Neeson, per esempio: a 65 anni è ancora un attore straordinario. Io spero di fare come lui, di continuare col mio lavoro per molti anni. Spero che ciò mi renda anche un uomo migliore: in fondo, è questo ciò che conta, visto che nella tomba non ci portiamo niente.
Faccio un esempio: in passato ho lavorato con un avvocato, che svolgeva un'attività assistenziale, in prigione, per dei detenuti ispanici. Molti di loro erano fans di Bruce Lee, sentivano punti di contatto con lui e coi suoi personaggi: quell'avvocato mi ha voluto con sé perché voleva un contatto maggiore con loro, attraverso qualcuno che potesse incarnare quei valori e che non fosse diverso da loro. Quei ragazzi volevano identificarsi in un eroe non bianco, e lo avevano trovato nei film.
Anche i film d'azione, quindi, possono essere utile per aprire la mente delle persone?
Certo. La serie 24, per esempio, ci ha mostrato un presidente americano di colore prima dell'elezione di Obama. Questo, secondo me, ha sollecitato la consapevolezza degli americani, e nel suo piccolo ha contribuito a far eleggere Obama.
Gli stereotipi degli americani sugli orientali le danno fastidio?
Sì, come tutti gli stereotipi. Anche sugli italiani ce ne sono, ne ho visti diversi mentre crescevo... Mi davano fastidio, sembra che ogni italiano sia un mafioso, che ogni spagnolo balli il flamenco, e via dicendo. Invece bisogna comprendere le diverse culture, e questa è una cosa che ora si fa con più attenzione a Hollywood. Oggi il mondo ha una conoscenza maggiore delle culture 'altre', in un certo senso è diventato più piccolo.
Sì, ci vado molto. Ultimamente ho visto due volte Skyfall. La prima volta ne sono rimasto estasiato, poi l'ho riguardato con un atteggiamento diverso, per studiarlo.
Lei ha origini coreane ma la maggior parte del suo lavoro è stata in America. Le piacerebbe fare qualcosa in Corea?
Sì, loro hanno cineasti di grande talento, ma questo non vale solo per i coreani... il loro modo di narrare, comunque, ha un sapore internazionale. Del cinema mi piace che possa raggiungere varie culture contemporaneamente: è stata una sfida maggiore, per questo, iniziare a lavorare proprio a Hollywood. Infatti, se avessi iniziato in Asia, probabilmente avrei fatto film diretti solo a quei territori.
L'ha aiutata, nel suo lavoro, il fatto di essere un artista marziale?
Sì. Crescendo mi sono dedicato alle arti marziali, visto che mi aiutavano a capire la filosofia della vita. Ora però voglio crescere come attore, questo è il mio fine. La lezione delle arti marziali è essere consapevoli di poter andare al di là di ciò che si vede. E' un tema ricorrente, che travalica i diversi stili.
La possibilità c'è: Chris Morgan vorrebbe riprendere il mio personaggio per un nuovo film. Devo dire che mi piacerebbe.
Un domani potrebbe diventare regista? Se sì, che tipo di film le piacerebbe dirigere?
Mi piacerebbe esordire con un grande film, visto che amo l'epica. Penso a pellicole come Guerre Stellari, Braveheart o Balla coi lupi; se invece devo citare film più piccoli, mi piace Leon, che ha una storia molto commovente. Molto dipenderebbe, comunque, dalla sceneggiatura e dal budget.
Ammira qualche regista europeo o americano? Le piacerebbe lavorare con qualcuno di loro, in particolare?
Pedro Almodovar mi piace molto, e ritengo anche Roberto Benigni un grande regista. Mi piacerebbe molto lavorare con loro, nei loro paesi. Con Benigni interpreterei un ruolo divertente, comico: io l'ho apprezzato molto in To Rome with Love di Woody Allen, ha la capacità di essere al contempo forte e vulnerabile.
Ci sono attori classici, del passato, che l'hanno ispirata?
Ce ne sono molti che amo, penso a James Stewart e a Montgomery Clift, per esempio. Clift, in particolare, sapeva cosa significava vivere nella depressione. Per noi la vita è più semplice, loro vivevano in contesti più difficili. Poi mi vengono in mente anche attori come Dean Martin, Gary Cooper, e ovviamente un grande come Charlie Chaplin.