L'orto americano, intervista a Pupi Avati: "C'è molto di me nel personaggio di Filippo Scotti"

Tratto dal suo omonimo romanzo, il nuovo film del regista ha spunti autobiografici: dalla passione per la scrittura, al desiderio di parlare con i propri cari defunti. In sala dal 6 marzo.

L'orto americano è il nuovo film di Pupi Avati

Pupi Avati è in un momento creativo incredibile: dal 2021 è uscito in sala ogni anno con un nuovo film. Stavolta è il momento di L'orto americano, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo, scritto da lui, e presentato in anteprima mondiale come film di chiusura alla Mostra del Cinema di Venezia 2024.

L Orto Americano Venezia 2024 Sequenza
Filippo Scotti in L'orto americano

Arrivato al cinema, è la storia di un giovane scrittore, di cui non sappiamo il nome, interpretato da Filippo Scotti, rivelazione scoperta da Paolo Sorrentino, che l'ha voluto in È stata la mano di Dio. Siamo nella Bologna del 1945, a guerra appena terminata. Il protagonista lavora nel negozio di un barbiere e rimane folgorato dalla bellezza di un'ausiliaria americana, Barbara, che diventa per lui quasi una musa.

Un anno dopo si trasferisce negli Stati Uniti, per provare a inseguire il sogno di diventare scrittore. E, incredibilmente, si ritrova come vicina di casa proprio quella che sembra essere la madre della ragazza, mai più tornata in patria e misteriosamente scomparsa. Il ragazzo decide quindi di tornare in Italia, per provare a scoprire cosa le sia successo. Bologna, l'ossessione per le figure defunte e per la scrittura: c'è molto di autobiografico in questo personaggio scritto da Avati. Ce ne parla nella nostra intervista insieme al suo attore, incontrati proprio al Lido di Venezia.

L'orto americano: intervista a Pupi Avati e Filippo Scotti

All'inizio di L'orto americano si dice: "Per scrivere delle belle storie, devi avere tanti morti": è davvero così? Per fare buona arte devi avere tanti fantasmi attorno a te?

Pupi Avati: "Credo di essere molto me stesso quando scrivo: soprattutto quando faccio dire a lui queste cose della mia storia. Io ho un'interlocuzione, che mi deriva da mia madre, dalla cultura contadina dalla quale provengo, con i miei cari, i miei amici, molto vivace. Questo protagonista riesce a non essere solo proprio attraverso questi momenti di dialogo, che sarebbero riconducibili alla follia, perché parla con le fotografie dei defunti. Anche perché è uno che sogna che una ragazza entrata nel negozio a chiedere delle indicazioni diventi la donna della sua vita. Cosa che ha la probabilità di uno su un miliardo! E invece lo diventa, perché lui vuole che lo diventi".

"Succedono delle cose altamente improbabili in questo film: va in America, in cui ci sono 300 milioni di persone, in una casa contigua a quella dove ha vissuto questa ragazza. È qualcosa che solo il cinema ti può permettere. Ecco perché il cinema che ci piace fare è contiguo alla realtà ma non è la realtà. Perché la realtà la vediamo tutti i giorni, sta nei telegiornali. Invece il cinema, quando eravamo ragazzi, ci portava nell'altrove. È il cinema che ci ha fatto innamorare del cinema. Attraverso i generi, che non si praticano più in Italia, puoi raccontare anche storie di questo tipo".

Chi è il vero mostro?

Il protagonista si appassiona al caso della ragazza scomparsa e poi a quello dei due fratelli accusati di omicidio. Nel film ci si chiede chi sia il vero mostro. Ecco: chi è? Lui che non riesce a distinguere più cosa sia reale e cosa no, o chi, a differenza sua, non ha passioni, non ha a cuore nulla?

L Orto Americano Venezia 2024 Foto Del Film
Una scena di L'orto americano

Scotti: "La cosa interessante secondo me è che, in qualche modo, essendo molto empatico, essendo pieno d'amore, non si sofferma mai su un giudizio definitivo. Oppure su un'etichetta. Magari il mostro ce l'ha davanti, però non è soltanto un mostro. Ha la capacità di vedere dietro queste figure. È una caratteristica che lo contraddistingue e, opinione mia, dovremmo iniziare ad abitarla un po' di più come persone. Viviamo una società in cui sul telefono clicchiamo e mettiamo like, oppure non ci piace. Commentiamo haters. Va ricalibrato un attimo il tutto. Lui, proprio perché è così empatico, si affeziona. E non l'ho mai trovato pazzo. Parlare con i morti è bizzarro, ma ho cercato di interpretarlo come è effettivamente lui: con empatia, ascoltando. Come avrebbe fatto con tutti noi".