L'insostenibile leggerezza della seta
Non era una sfida facile adattare un libro dalla poesia soffice ed eterea di Alessandro Baricco ad un film che esprimesse altrettanta delicatezza e impalpabile passione. Ci ha provato François Girard con l'omonimo Seta (Silk), una co-produzione italo-giappo-canadese, purtroppo non riuscendo a raggiungere con l'immagine il livello stilistico dello scrittore.
La storia rimane fedele all'originale: nella Francia della seconda metà dell'800, un ex soldato introverso e coraggioso, Hervé Joncour (Michael Pitt, il sognatore americano di The Dreamers), viene arruolato dallo spavaldo imprenditore Baldabiou (Alfred Molina Chocolat e Spider-man 2) per viaggiare per il mondo alla ricerca di introvabili bachi da seta.
Il giovane parte per luoghi lontani lasciando a casa la sua amata novella sposa Hèléne (Keira Knightley), che lo incoraggia aspettandolo paziente e speranzosa.
La loro immacolata storia d'amore sembra perfetta e intangibile, ma verrà presto minata da un'esperienza che cambierà la vita di Hervé per sempre. L'improvvisato mercante viene mandato in Giappone per scovare le uova dei bachi da seta più puri, il pericoloso viaggio in una terra sconosciuta ed inesplorata diventerà per il protagonista la scoperta di un mondo parallelo, di una civiltà altra, di una forma di amore e di attrazione a lui aliene.
L'incontro con una donna misteriosa, di una bellezza incorporea, affascina completamente Hervé, introducendolo in quel mondo straniero e magico che è l'Oriente come in sogno da cui non riesce a svegliarsi. Questa lei (l'esordiente attrice Sei Ashina), però, è l'intoccabile compagna del capo del villaggio e i rapporti con i leader giapponesi sono già in costante pericolo senza l'estrema minaccia che può significare un involontario ed irrefrenabile rapporto di sguardi furtivi tra i due.
Al ritorno in patria, l'amore per Hèléne non è mutato ma il desiderio e il pensiero per quella magica creatura lontana non cessa di tormentare il protagonista. Il loro rapporto è ormai compromesso e i silenzi sono l'afona espressione di una dolce rassegnazione ad un cuore diviso in due.
La storia gioca tutta sulle sottigliezze, ma sfortunatamente la recitazione degli attori non riesce a donare al film quella delicata espressività di dettagli che occorreva nell'interpretazione. I personaggi non sono abbastanza convincenti - fatta eccezione per le star orientali Miki Nakatani e Koji Yakusho - chiusi e sommessi in una malinconica paralisi emozionale. I rapporti tra loro sembrano finti e posticci, senza passione né sentito trasporto.
Fantastici i paesaggi, le fotografie da cartolina impeccabili, sorprendente la ricostruzione dei vecchi villaggi giapponesi, ma le location non bastano per trasmettere al pubblico quella sottile consistenza, la fugace morbidezza che avrebbe dovuto far sentire la "Seta".