Sono passati nove anni, nove lunghi anni da quando l'anime ispirato al celebre manga de L'attacco dei giganti (Shingeki no Kyojin) fa per la prima volta la comparsa sulle tv nipponiche. Noi avremmo dovuto aspettare qualche anno per vederla, ma la serie ispirata all'omonimo manga è diventata fin da subito un cult per tutti gli appassionati del fumetto e dell'animazione giapponese. Nato dalla mente del mangaka Hajime Isayama, questa produzione è stata in grado nel corso degli anni di continuare a stupire gli spettatori con molteplici colpi di scena, rivelazioni e situazioni magistralmente introdotte, calibrate e studiate dall'autore in modo da tessere una trama avvincente, mai scontata e, spesso, in alcun modo prevedibile. Molti di coloro che hanno approcciato al manga o all'anime se ne sono innamorati dopo poche battute, presi da un'ambiguità sempre latente di generi che si sovrappongono e giocano tra loro, un mix vincente e difficilmente riproducibile che fa di questo titolo una produzione unica e inconfondibile, una storia da cui è impossibile staccarsi e alla quale fra poco dovremmo dire addio.
È in corso, infatti, dal 9 gennaio 2022 su Crunchyroll, la seconda parte della stagione finale de L'attacco dei giganti, l'ultimo ciclo di vicende che porteranno ad una conclusione definitiva, probabilmente non molto diversa da quella già vista nel manga che in Giappone si è concluso nell'aprile del 2022 e che da noi ha visto il suo ultimo volume nell'ottobre dello stesso anno. In questo articolo cercheremo di individuare alcune caratteristiche di questa incredibile serie che ci hanno fatto innamorare, che ci ha conquistato e che renderanno il distacco ancora più doloroso. Ovviamente non potremo evitare di fare qualche piccolo spoiler sulle stagioni precedenti, che quindi vi consigliamo di recuperare per poi godervi quello che su carta è stato un finale piuttosto discusso e doloroso.
Il personaggio di Eren: eroe e villain della stessa storia
Cominciamo proprio da colui la cui centralità nelle vicende non è mai stata messa in discussione. Di personaggi chiave nella storia de L'attacco dei giganti ce ne sono molti, primi tra tutti Mikasa e Armin, ma Eren è quella figura che con le sue azioni ha sempre portato avanti la storia nel bene e nel male. Anche se nelle prime stagioni era ancora un ragazzino che sognava di sterminare i giganti, è stato chiaro fin da subito che la sua figura sarebbe stata chiave per le vicende future della serie. Quello che, però, era in principio difficile da prevedere era la sua evoluzione da potenziale eroe a villain spietato. Eren è quel personaggio che, seppur detestabile fin dalle prime battute, sembrava portare su di sé l'onere della salvezza di un'umanità in pericolo, quel personaggio che richiedeva una maturazione e una consapevolezza che, sì, col tempo sono arrivate, ma che non hanno portato al risultato che molti avrebbero previsto.
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Da semplice eroe in divenire, Eren Jaeger si trasforma in un nemico complesso e imprevedibile, una mente intricata, consumata dalla rabbia, dalle privazioni e dalla consapevolezza di non poter sfuggire a un destino già tracciato che solo lui, grazie anche al potere del suo gigante, riesce a vedere con chiarezza. In questo modo Isayama fa compiere al suo protagonista un salto importante: Eren non scardina soltanto le aspettative dello spettatore, ma riesce a mettere in discussione l'appartenenza ad un intero genere, lo shonen, di cui L'attacco dei giganti sembrava fare parte e che invece viene sconfessato dall'oscura crescita del suo personaggio principale, non più classificabile come eroe.
La commistione di generi
È proprio questo l'equivoco con cui Hajime Isayama gioca per tutto il tempo, quasi non volesse rinchiudere la sua opera nei ranghi di un genere ben definito. Seppure all'inizio poteva avvicinarsi ai dettami del classico shonen, è stato ben presto chiaro come la violenza crescente e le situazioni drammatiche estreme la rendessero vicina anche al seinen, genere più maturo e caratterizzato da maggior crudezza e tematiche forti. Che ci si riferisca al manga o all'anime, le più evidenti caratteristiche narrative dell'opera sono inequivocabilmente la violenza e la lotta per la sopravvivenza. Fin dai primi episodi non ci vengono risparmiati il sangue e le scene cruente, in un macabro spettacolo assimilabile all'horror e più nello specifico allo splatter. Sono molte, infatti, le caratteristiche di questo genere con cui l'anime ama districarsi nei suoi complessi intrecci, così come sono molti gli elementi che lo rendono assimilabile al dark fantasy, quella costola del fantasy che strizza comunque l'occhio all'horror e nella quale regnano storie in cui la paura e l'oscurità scelgono come palcoscenico mondi fantastici e per nulla realistici. Ma L'attacco dei giganti è molto di più e nel rifiutare di ingabbiarsi tra rigidi paletti ci parla anche di guerra, di diritti negati, di ingiustizia sociale, di libero arbitrio tenendo sempre alti i livelli di azione e adrenalina.
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Il sapiente intreccio degli eventi
Tutto questo è possibile e funziona alla perfezione, anche grazie ad una visione completa e lungimirante della storia da parte dell'autore fin dalle primissime tavole del manga e di conseguenza fin dai primi fotogrammi dell'anime. Una particolarità de L'attacco dei giganti è quella, infatti, di essere una serie dallo sviluppo piuttosto criptico e intelligente. in cui l'intreccio degli eventi e disvelato con particolare attenzione e sapienza: nel corso delle vicende molto spesso Isayama ha inserito immagini e dialoghi estremamente significativi per il futuro della storia che, però, lo spettatore non era ancora in grado di decifrare, degli intrecci di predestinazione che solo col senno del poi è possibile comprendere nella loro interezza e che aprono la strada alle infinite e fantasiose supposizioni che hanno appassionato e intrigato il nutrito fandom di questo titolo.
Come già accennato in precedenza, eravamo già stati avvertiti più volte della piega che avrebbero preso le vicende, ma non eravamo ancora in grado di cogliere i segnali, di comprenderli, intrappolati a nostra volta in una storia di cui credevamo di conoscere le regole e che invece faceva parte di un mondo molto più vasto e complesso di quello che pensavamo. Possiamo individuare forse in questo il grande segreto del successo di Shingeki no Kyojin: il regalare allo spettatore un'esperienza di scoperta simile a quella compiuta dai personaggi della storia, la presa di coscienza di un mondo mossa da piccoli indizi, frasi fugaci e immagini sfuggenti che giocano col nostro intelletto in una continua e sapiente scelta di cosa mostrare e cosa no, una complessa ragnatela di eventi in grado di intrappolare, poco per volta e con pazienza, lo spettatore.