A vent'anni dalla sua scomparsa, Laurence Olivier rappresenta ancora oggi il prototipo dell'attore nella sua accezione più pura e talentuosa. La pietra di paragone su cui si formano i giovani teatranti è anche colui che ha saputo, in parallelo con l'altro gigante Orson Welles, fissare un canone di traduzione filmica e adattamento delle opere di William Shakespeare. Più limpidamente classico e integralista Olivier, più impetuoso e sanguigno Welles, capaci però di mantenere integro il tocco inconfondibile del Bardo a contatto con l'insidioso mezzo cinematografico. Padri ideali e precursori di una tendenza ripetutasi all'infinito in tutte le varianti possibili che vede loro principale e appassionato erede l'attore e regista Kenneth Branagh. Durante la sua lunghissima carriera, Olivier si dimostrò capace di fare della sua professione, curiosamente decisa dal padre prelato Gerard durante l'infanzia, esercizio di arte ai massimi livelli, ma anche mestiere e industria. E' noto come, l'ultima fase della sua carriera, quella calante, lo vede impegnato in opere commerciali di scarsa qualità che gli permettono di guadagnare il denaro necessario ad assicurare un sostentamento alla famiglia dopo che la sua salute aveva iniziato a peggiorare progressivamente. Si spiegano così le partecipazione a pellicole minori, come il sudcoreano Inchon o il dramma musicale La febbre del successo, dell'attore che ha ricevuto l'Oscar per la sua straordinaria interpretazione del tormentato principe di Danimarca in Amleto, diretto dallo stesso Olivier.
Nel corso di una straordinaria carriera, costellata da riconoscimenti di ogni tipo, Laurence Olivier ha ricevuto ben dieci nomination come miglior attore per quelle che l'Academy ha giudicato le sue migliori perfomance. Dal tormentato melodramma Cime tempestose, che lo vede misurarsi nel ruolo del ribelle Heathcliff, al pungente Gli insospettabili, dove a tenergli testa è un giovane e irriverente Michael Caine, dai classici Otello, Enrico V e Riccardo III al cupo Il maratoneta, il volto regolare e un po' anonimo dell'artista inglese si è sorprendentemente plasmato di fronte a ogni sfida creando personaggi che sono impressi per sempre nella memoria cinematografica, il tutto senza mai perdere quella compostezza all british che lo caratterizza. Basti pensare all'eleganza con cui vengono scanditi i celebri versi con i quali Amleto apostrofa meditabondo lo spettatore dalla cima di una scogliera battuta dai gelidi venti nordici. Sir Laurence si offre come strumento recitativo nelle mani dei più grandi registi (da Alfred Hitchcock a John Schlesinger, da Tony Richardson a Joseph Mankiewicz), riuscendo lui stesso a dedicarsi con successo all'arte della regia. Oltre il trionfo di Amleto, che nel 1949 conquista quattro Oscar tra cui quello come Miglior Film, occorre ricordare lo straordinario esordio con l'Enrico V, il drammatico Three Sisters e l'elegante Il principe e la ballerina, che vedrà il compassato regista costretto a misurarsi con le intemperanze di una problematica Marilyn Monroe, attrice fortemente voluta da Olivier per il ruolo della tenera Elsie, ma all'epoca già gravemente dipendente da alcool e psicofarmaci. Nonostante le difficoltà sorte durante la lavorazione della pellicola, alla fine il regista loderà a lungo la performance della Monroe, icona di una sensualità candida e inconsapevole che dona al film un tocco unico. Di solida formazione teatrale, Olivier fu a lungo direttore della fondazione del Royal National Theatre e abbandonò le scene del West End solo pochi anni prima di morire. Attento osservatore della scena internazionale, fu grande amico e ammiratore di Eduardo De Filippo, e curò, diresse e recitò la versione inglese di Sabato, domenica e lunedì. Alla limpida e incredibile carriera, si affiancò un'esistenza privata tormentata e discussa. Olivier, apertamente bisessuale, visse una tormentata e passionale relazione con la splendida Vivien Leigh che culminò in un matrimonio ventennale. Una recente biografia sostiene inoltre che, durante il secondo conflitto mondiale, Olivier sia stato assoldato dai servizi segreti britannici al fine di sensibilizzare l'ambiente cinematografico statunitense sulla necessità di intervenire contro la Germania nazista. Al di là di ogni ipotesi e diceria, l'eredità che Sir Laurence Olivier ci ha lasciato è quella di un attore straordinario, capace di donarci sullo schermo e in scena interpretazioni indimenticabili. Considerato uno dei massimi interpreti di lingua inglese del ventesimo secolo, prima di Marlon Brando e Spencer Tracy, Olivier riposa nell'angolo dei poeti all'interno dell'Abbazia di Westminster a Londra. Come giusto tributo alla sua memoria, i premi assegnati dalla Society of London Theatre nel 1984 sono stati rinominati Laurence Olivier Award, onorificenze dovute anche se basta ricordare che in vita Olivier, nonostante il titolo nobiliare conquistato, si rifiutò sempre di intrattenere un dialogo con chiunque non si rivolgesse a lui chiamandolo semplicemente "Larry".L'arte della recitazione: in ricordo di Laurence Olivier
Nel ventennale della morte le interpretazioni immortali di Laurence Olivier rappresentano ancora oggi un canone per gli attori contemporanei. Il ricordo di un artista che ha fatto della naturalezza la sua tecnica vincente.