L'amore molesto
Non bisogna distinguere tra film belli e brutti, ma tra film utili e inutili, sosteneva grosso modo Cesare Zavattini, facendo riferimento alla loro capacità di catturare l'essenza del reale. Di fronte a un lavoro come quello dell'esordiente regista campano Renato Giordano a lasciare perplessi non è tanto la discutibile resa estetica e cinematografica dell'opera, ma proprio l'assoluta incapacità nel maneggiare con la dovuta cautela e consapevolezza il delicatissimo tema della pedofilia. Un altro film italiano che di recente ha affrontato questo scomodo e problematico argomento - Animanera di Raffaele Verzillo - dimostrava almeno un sincero interesse nell'indagare il fenomeno con un minimo di serietà e scrupolo, ricorrendo alla consulenza di testi specialistici e di esperti nel settore, e sottoponendo ad assistenza psicologica anche il piccolo attore protagonista. Senza amore sembra invece, almeno in apparenza, non essere affatto scalfito da simili preoccupazioni.
Il film di Giordano propone un'oscura e torbida vicenda, basata su una storia vera, che ha per teatro la degradata provincia campana. Luigi, un ragazzino che vive in una situazione di marginalità sociale, è facile preda del vigile Angelo che - approfittando della connivenza della madre in cambio di favori economici - lo sottopone a continui e reiterati abusi. Divenuto adulto, Luigi, che nel frattempo si è trasferito a Roma con l'amica e insegnante di danza Laura, continua a subire le ripercussioni dei traumi infantili, non riuscendo ad accettare pienamente la propria omosessualità e vivendo un conflitto irrisolto con la madre.Non si dubita degli intenti sinceri che hanno spinto il regista a portare sullo schermo una storia che deve averlo sconvolto nel profondo, fino al punto da esporsi in primo piano recitando come attore e svolgendo anche all'interno del film una vera e propria funzione di "testimone". Ma tradurre i propositi iniziali, per quanto nobili possano essere, sottoforma di racconto e di immagini cinematografiche è purtroppo tutt'altra questione. Dal punto di vista dello sviluppo narrativo, lo spessore dei personaggi, e in particolare le dinamiche emotive e psicologiche che dovrebbero giustificare gesti così estremi (come la totale mancanza di affetto e protezione filiale da parte della madre) sono del tutto assenti. Al loro posto troviamo, invece, una folta schiera di stereotipi a tratteggiare sia la condizione della pedofilia, sia quella di un'omosessualità da cartolina (consumata quest'ultima, tra il mondo della danza e quello della prostituzione come vuole l'iconografia tradizionale).
Una generalizzazione e una semplificazione nel modo di definire i personaggi e d'affrontare temi così delicati che colloca il film più sul versante della "sceneggiata napoletana" - vista anche l'invasività della colonna sonora neomelodica - che su quello dell'opera di denuncia. Ma per lo meno i musicarelli partenopei all'epoca non miravano ad alte pretese contenutistiche, e possedevano una loro dignità artistica, seppure artigianale e popolare. Invece Senza amore non può vantare nemmeno questo, dato che la realizzazione tecnica si attesta su livelli al limite del professionismo, presentando non solo errori di grammatica del cinema (da scavalcamenti di campo improvvisi, a errori di continuità), ma persino un mancato rispetto della verosimiglianza profilmica (nell'arco dei dieci anni nessun personaggio invecchia, con l'unica eccezione del protagonsita).Il senso ultimo di un'opera cinematografica è sempre determinato dall'inestricabile unione tra forma e contenuto. Argomenti che necessitano di una trattazione seria e rigorosa devono essere sorretti da un'adeguata traduzione per immagini, improntata anch'essa sui caratteri di rispetto e moralità. Se questo non si verifica, ahimè, allora la questione cessa di porsi sul piano estetico: non si parla tanto di film belli o brutti ma - proprio come sosteneva Zavattini - di film utili e inutili. E, spiace dirlo, ma Senza amore non rientra nella prima categoria.