L'amore impossibile nella Terra Promessa
I romantici sostengono che l'amore non conosca confini o barriere. La storia di Jasmin e Assi purtroppo dimostra che, l'amore, le barriere e i confini li conosce fin troppo bene, e che, se li vuole attraversare, rischia di non rimanere indenne. Jasmin è una ballerina ebrea israeliana, Assi uno scultore palestinese. Si sono innamorati e nel 2004 si sono sposati. Presto scoprono, però, che per loro è impossibile vivere insieme, tanto in Palestina quanto in Israele, senza essere dipendenti dai permessi temporanei rilasciati dalle autorità militari. Mentre si susseguono gli appelli alla Corte Suprema, la giovane si trasferisce a Berlino, città d'origine della madre, nella speranza di ottenere un passaporto tedesco che risolverebbe ogni problema, ma per Assi è difficilissimo ottenere un visto per l'estero. I due devono così sopportare la lontananza, l'ostilità delle autorità, i cavilli della burocrazia, sperimentando sulla propria pelle le conseguenze sul privato di un conflitto che, agli occhi di chi non vi è invischiato, sembra importante solo per le sue componenti ideologiche e politiche.
Le telecamere di Gabriella Bier, ebrea di Stoccolma che ha scoperto il potere del cinema di scuotere le coscienze a sedici anni, a una proiezione di Roma città aperta, hanno seguito Assi e Jasmin per più di quattro anni, dal 2006 al 2010. Lungi dall'essere intimorita dalla sua scarsa conoscenza della lingua ebraica e dalle difficoltà di comunicazione con Assi, che quasi non parlava inglese, la regista ha saputo sfruttare questa circostanza a proprio favore: semplicemente facendosi testimone silenziosa della vita di coppia dei due protagonisti, ha lasciato che fossero le loro reazioni spontanee, le litigate, i gesti di affetto, a parlare per loro, in maniera più autentica e sincera di qualsiasi intervista o discorso preparato a tavolino. Intento della Bier era quello di avvicinare il proprio linguaggio a quello del cinema d'invenzione, più che a quello prettamente documentaristico, dedicando sì il giusto spazio ai contributi esterni, come quelli dell'avvocato di Jasmin o delle famiglie dei due ragazzi, entrambe profondamente partecipi della loro vicenda, ma soprattutto immergendosi nell'ambiente dei protagonisti, disvelandoci i delicati equilibri del loro rapporto di coppia. Davanti alla moglie Assi è ironico, sempre pronto alla battuta tagliente per sdrammatizzare la loro situazione, almeno quanto lei è dolce e preoccupata di fargli costantemente arrivare il proprio affetto. Ma, quando è sola, Jasmin soffre l'atteggiamento negativo, disilluso del marito, mentre Assi sente su di sé tutta la frustrazione di chi non può fare nulla per combattere il sistema, e biasima il forzato ottimismo della ragazza. Assistere alla forza delle emozioni di Assi e Jasmin, vedere persino quelle che non riescono a confessare l'una all'altro, ci dà la vera misura di quanto la cieca aggressività della politica, il disinteresse per il benessere degli esseri umani in favore dell'illusione della sicurezza possano logorare non soltanto la fiducia nelle istituzioni, ma anche la fiducia in un futuro di dignità e pace. La rabbia di Jasmin nel dover ammettere di odiare il proprio Paese, la paura di Assi nell'uscire di casa dopo aver subito arresti e pestaggi per l'unica colpa di aver sposato un'ebrea sono ricadute della guerra solitamente invisibili, ma non per questo meno tristi o drammatiche. La Bier, entrando con Love During Wartime in punta di piedi nella vita di questi due ragazzi, vuole dimostrare che le vittime del conflitto arabo-israeliano non sono solo numeri, non sono semplicemente la loro provenienza geografica, la loro fede religiosa: sono persone che amano, che vogliono avere il diritto di vivere insieme nel luogo in cui sono nati. E soprattutto che, se Israele costringe i propri giovani a voltargli le spalle, rinuncia alle proprie speranze e disattende i propri presupposti.Movieplayer.it
3.0/5