Era sicuramente uno dei film più attesi della vigilia e Knight of Cups di Terrence Malick, presentato in concorso in questa 65esima edizione del Festival di Berlino, non ha deluso le aspettative, registrando il tutto esaurito persino alla conferenza stampa e scatenando l'entusiasmo dei fotografi che non hanno risparmiato qualche fischio durante il photocall, forse a causa del troppo frettoloso passaggio davanti agli obiettivi di Christian Bale e Natalie Portman.
Il mistero contraddistingue i film di Malick
Come da tradizione, ogni film del regista (che non era presente nonostante più di un giornalista non si sia accorto dell'assenza ponendogli delle domande e suscitando l'ilarità di Bale) è avvolto dal mistero e gli stessi interpreti hanno ricordato come questa situazione sia assolutamente originale e stimolante. "Un aspetto interessante dell'approccio di Terry è che non ci ha detto di cosa trattasse il film. Io ho già collaborato con lui in occasione di The new world - Il nuovo mondo e so che aveva questa idea da molto tempo. Ci ha dato solo la descrizione dei personaggi, qualche dettaglio sul loro passato, su chi erano, e ha lasciato che entrassero a far parte di noi, ottenendo una risposta in base alla conoscenza che ne avevamo. Il protagonista è un uomo i cui sogni e desideri si sono realizzati ma sente ugualmente un grande vuoto dentro di sè, nonostante sia ammirato e possa frequentare i posti più ambiti e le persone giuste. Intraprende un viaggio senza sapere bene cosa sta cercando. Compie sempre gli stessi errori e delle scelte sbagliate mentre cerca di colmare questa mancanza che sente dentro di sé. Los Angeles, inoltre, è la perfetta ambientazione per questa storia, e riesce a rapportarsi in modo globale a tutti".
La città statunitense, secondo l'attore è stata infatti una scelta perfetta per le sue caratteristiche uniche che uniscono bellezza e decadenza, profondità e superficialità, pur possedendo delle caratteristiche universali, elemento poi rappresentato anche nel mondo femminile che spazia tra personalità opposte e spesso contrastanti, dalla ballerina di lapdance al medico interpretato da Cate Blanchett.
Un approccio, quello del filmmaker, che da sempre suscita reazioni contrastanti, anche se Natalie Portman ne è una grande fan: "Ho amato le sue opere, riesce ad avere un impatto sul pubblico a livello emotivo ed emotivo, ed è anche per questo che mi sento molto fortunata ad aver lavorato con lui. E' inoltre una delle poche persone che supera le aspettative quando la conosci e come essere umano è persino migliore, lo ammiro ancora di più". Bale, dopo le parole della sua collega, ha voluto aggiungere: "E' un narratore unico che, come i suoi personaggi, sta compiendo un suo viaggio personale".
L'importanza di accogliere i problemi come se fossero un'opportunità
In Knight of Cups una parte essenziale è la voce interiore dei personaggi e gli attori hanno rivelato una curiosità: molte delle parti vocali utilizzate in postproduzione sono state registrate in luoghi inusuali come in strada o nel retro di un furgoncino. L'attrice premio Oscar ha persino rivelato che ha impiegato più tempo a lavorare a quella fase piuttosto che nelle riprese, che le hanno richiesto solo quattro-cinque giorni di impegno.
L'improvvisazione è una costante sul set di un'opera di Malick e persino i produttori sono consapevoli che ogni possibile organizzazione del lavoro non è adatta al suo stile di regia, lasciando quindi che si decida in base al momento cosa fare. Per riuscire a realizzare questo obiettivo si è rivelato utile sfruttare lo stesso team di lavoro che ha già avuto a che fare con le esigenze del regista e ha dimostrato di apprezzarlo personalmente e artisticamente, riuscendo ad adattarsi al suo approccio al cinema e rendendo quasi impossibile distinguere le riprese effettuate da persone diverse. Particolarità resa possibile grazie al clima di fiducia che si è stabilito sul set. Persino Christian ha avuto in mano una telecamera e ha girato alcune inquadrature in spiaggia e in auto. Gli attori avevano a disposizione poche battute e circa trenta pagine di copione con varie parti di dialogo tra cui poter scegliere, di volta in volta, quelle da pronunciare sul set, mantenendo sempre un dialogo e un confronto costanti con il filmmaker.
Natalie, che ha iniziato a lavorare come regista, ha spiegato cosa ha imparato da questa esperienza: "Mi ha ricordato che le regole non devono essere necessariamente seguite alla lettera, bisogna trovare la propria strada e concedersi la possibilità di fare errori, di accogliere i problemi come opportunità, tutto quello che è sconosciuto, la scoperta che ogni giorno ci può essere qualcosa di meraviglioso". Per l'attrice si è trattato di un film importante anche perché ha segnato il suo ritorno al lavoro dopo essere diventata mamma e, proprio per questo, è stata particolarmente intensa.