Gli ultimi tempi sono stati intensi per Yorgos Lanthimos, dopo il successo di Povere Creature! che gli è valso il Leone d'oro a Venezia. Il regista, che già diverse volte è stato al Festival del Cinema Cannes, torna in competizione con un lungometraggio episodico, Kinds of Kindness, nel quale si percepisce quasi un bisogno da parte sua di tornare alle origini, riprendendo a raccontare storie che giocano con l'assurdo, con la violenza e con il grottesco, mantenendo un tono diverso, quasi scanzonato. Forse provocatorio, verso quel pubblico che lo ha conosciuto solo di recente, attraverso la larga diffusione che le scene di Poor Things hanno avuto sui social, restituendo l'idea ingannevole di un film (e di un autore) vicino al mainstream.
Ma Lanthimos, come cercheremo di comunicare in questa recensione, non è nulla di tutto questo: il regista e sceneggiatore nel corso della sua carriera ha sempre prediletto una narrazione folle e cruda, proponendo vicende al limite del paradossale con una marcata componente violenta e oscura. Elementi che ritroviamo anche in questo lungometraggio per il quale ha selezionato un cast ristretto ma consolidato: volti come Emma Stone, Willem Dafoe, Margaret Qualley che insieme a Jesse Plemons, alla prima collaborazione con il regista, ricorrono in tutte le tre storie raccontate trasmettendo, in ognuna di esse, un ottimo feeling, sia tra loro, che con la regia del greco.
Tre episodi, un filo conduttore
Nel riprendere contatto con le sue radici artistiche, Lanthimos sceglie di essere di nuovo affiancato alla sceneggiatura da Efthymis Filippou, già sua penna per Dogthoot, Alps, The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro, concependo un lungometraggio in tre parti da un'ora ciascuna. Nel primo episodio Jesse Plemons e Willem Dafoe sono due uomini d'affari con un uno stretto rapporto di subordinazione, così stretto che quando Raymond (il personaggio di Dafoe) chiederà al suo sottoposto di creare un grave incidente si innescherà una spirale di disperazione e violenza che coinvolgerà tutte le parti in gioco.
Nel secondo, invece, Plemons interpreta un poliziotto, Daniel, la cui moglie (Emma Stone) è scomparsa dopo un incidente. Quando la donna viene ritrovata, dopo essere sopravvissuta a lungo su un'isola sperduta, l'uomo inizia a notare in lei alcune anomalie convincendosi che quella che ha davanti non sia la consorte. A concludere, però, il film è la vicenda di Emily, sempre interpretata da Stone, che dopo essersi unita ad una setta lasciando la famiglia, vaga per l'America in cerca di una donna in grado di resuscitare i morti.
Ovviamente non vi diciamo altro sulla trama delle singole storie in quanto, essendo già piuttosto esili, rischieremmo di rovinarvi la visione del film. Se c'è una cosa che però possiamo anticiparvi è che nonostante siano indipendenti l'una dall'atra, ad unirle ci sarà un personaggio particolare che fungerà da filo conduttore donando all'intera pellicola una struttura quasi circolare. Nonché vi strapperà una strana, forse un po' inopportuna, risata in una delle stravaganti scene finali.
Una struttura debole ma convincente
A costituire forse l'unico, rilevante problema di Kinds of Kindness è proprio questa struttura episodica che non riesce a tenere lo spettatore nel film troppo a lungo. Le tre storie per quanto folli e macchinose, pagano lo scotto di avere una durata limitata risultando inevitabilmente esili. Nonostante la lunga durata del film (quasi tre ore), resta al termine della visione una sensazione di insoddisfazione verso tre vicende che rimangono in superficie tramutando l'intera pellicola in un esercizio di stile più che in un lungometraggio pienamente compiuto.
Ed in questo esercizio Yorgos Lanthimos ed Efthymis Filippou condensano molti degli elementi dei loro lavori insieme (e non solo): si riscontra la paura di essere contaminati da un mondo malato propria di Dogtooth, la famiglia come aggregazione ambigua, il sovrannaturale che altro non è che frutto delle nostre storture e personaggi in crisi, perenne crisi, schiacciati dal peso del prossimo o delle incombenze della vita e che così finiscono per superare il labile confine tra ragione e follia.
Ribadire la propria estetica
Anche visivamente il regista lancia una sfida allo spettatore tornando alla sua estetica solenne e cruenta, costruendo immagini talvolta visivamente potenti, talvolta nauseanti che è in grado di dosare senza mai eccedere, misurato rispetto ad altre sue pellicole ma forte di una cifra stilistica consolidata che qui tende a ribadire per ricordare a chi lo guarda che, nonostante i suoi due ultimi lungometraggi adatti a più tipi di pubblico, è ancora capace di turbare e divertire con un cinema più "autoriale", anche prendendosi poco sul serio.
Conclusioni
Per riassumere al meglio la nostra recensione di Kinds of Kindness dobbiamo precisare fin da subito che il regista si allontana dal suo precedente lavoro, Povere Creature!, per tornare alle origini. Insieme allo sceneggiatore di fiducia Efthymis Filippou, richiama tutti gli elementi, visivi e narrativi del suo cinema per costruire un lungometraggio episodico che gioca con lo spettatore proponendogli orrore, violenza e situazioni assurde e grottesche con un tono sicuramente più scanzonato rispetto alle opere degli esordi. Unica pecca sta nel fatto che le storie proposte, a causa anche del tempo limitato, rimangono in superficie senza permettere a chi guarda una vera immersione nella pellicola.
Perché ci piace
- La scrittura Lanthimos e Filippou, folle e oscura come alle origini ma più ironica.
- Il cast coeso che regala momenti memorabili.
- La cifra stilistica di Yorgos Lanthimos, forte come alle origini…
Cosa non va
- … e che proprio per questo potrebbe scontentare chi lo ha conosciuto solo con Povere Creature!
- La struttura episodica che non permette allo spettatore di entrare nelle vicende.