Riti hoodoo, lande paludose, superstizioni, il vecchio blues delle origini e il volto rassicurante di Kate Hudson che si presta per una volta al genere thriller, dopo le sue numerose escursioni nella commedia romantica, sono i riferimenti di The Skeleton Key: thriller americano dalle ottime credenzialità di successo. Presentato alla stampa romana dalla ventiseienne bionda newyorkese figlia dell'attrice Goldie Hawn e del comico-cantante Bill Hudson, in una gradevole cornice che evoca i sinistri temi del film, The Skeleton Key è una storia di magia nera ambientata nel New Orleans ed interpretata da Gena Rowlands e Peter Sarsgaard, oltre ovviamente che da Kate Hudson. In attesa di vederlo sui nostri schermi il 9 settembre vi lasciamo alle parole della star del film.
Cosa l'ha attratta e convinta a recitare in questo film? Kate Hudson: La lettura della sceneggiatura senza dubbio è stata la molla determinante. Mi ha molto impressionato la potenza della descrizione dei personaggi e l'inatteso finale. Ho pensato questo è il film che amerei vedere come spettatrice. Mi piacciono molto questo tipo di storie; insieme alla commedia romantica sono i generi che prediligo. Non amo molto invece i thriller eccessivi e il gore. Credo sia molto più interessante raccontare di paure accessibili, con cui la gente può immedesimarsi. La solitudine, la vecchiaia, la morte sono alcune di queste paure reali e spaventano ancora di più perchè riguardano cose che proviamo tutti.
Si ritiene una persona superstiziosa? Kate Hudson: No, non particolarmente o comunque non nel senso più comune del termine. Credo però nel soprannaturale e nel fatto che tutti noi siamo costantemente circondati da campi di energia e spiriti. Non sono ossessionata invece dalle tipiche superstizioni quotidiane: amo i gatti neri e non ho nessun problema con il tanto odiato numero 13, però devo dire che non passo mai sotto le scale. Ad ogni modo, non sono affatto superstiziosa sul lavoro.
Come è stato lavorare accanto a una grande attrice come Gena Rowlands? L'ha ispirata in qualche modo? Kate Hudson: Gena Rowlands è una grandissima attrice e l'ho sempre molto ammirata. In generale io amo prendere una mia strada nel lavoro più che ispirarmi ad altre attrici, ma indubbiamente ci sono state molte dive del passato che hanno influenzato il mio modo di recitare e lei è sicuramente una di queste, specie per le straordinarie interpretazioni nei film di Cassavetes. Inoltre è una persona gentile e disponibile che mi ha sempre supportato.
Cosa ci può dire dell'ambientazione del film e delle musiche? Kate Hudson: Amo assolutamente New Orleans: è una città seducente e molto densa. Ti avvolge e ti seduce con il suo fascino, le sue paludi e il suo clima; è il classico posto dove mi sento a casa. Lì la musica è tutto, ce n'è dovunque e anche per strada puoi sentire gente che canta meravigliosamente o ascoltare del grande jazz. Ma la cosa più positiva di New Orleans è che ti fa sentire libera di essere come sei, di non metterti una maschera, perché ognuno può comportarsi com'è veramente.
Secondo lei, questa proliferazione di thriller e horror, ha qualche attinenza con le paure della società contemporanea? Kate Hudson: Io non credo se ne facciano più che in periodi passati. Neanche potete immaginare quante volte ho cercato di ottenere una parte in un horror quando avevo 17 o 18 anni. Era il periodo di Scream e il genere era molto vivo, come adesso, ed è sempre un ottimo trampolino di lancio. Secondo me non c'è un nesso così significativo, quindi. Questi tipi di film si sono sempre fatti, come le commedie romantiche o i film epici che dopo il Gladiatore sono stati riscoperti. Sono film di intrattenimento; al pubblico piacciono, tutto qui. Ciò non significa comunque che il cinema americano non si anche concentrato sui problemi del tempo. La novità, forse, sta nel ruolo della donna in questi film e nel fatto che molte ottime giovani attrici americane alla ricerca di un buono script, scelgono spesso i thriller. Credo che sia più interessante per il pubblico vedere in un film una donna in una situazione di pericolo e di difficoltà, piuttosto che un uomo.