Esiste un antico detto che un tempo echeggiava per le vie di Roma, un modo di dire caduto in disuso come il nome a cui si riferisce: "Cercà Maria pè Roma". L'iperbole romanesca racconta dell'impossibilità di trovare qualcosa, di ricerche destinate al fallimento, come quando cerchi una donna con un nome tanto comune dentro una città enorme e affollata come la Capitale. Ma dopo tanto cercare, qualcuno l'ago nel pagliaio sembra averlo trovato. L'autrice dell'impresa è Karen Di Porto, un nome non comune come Maria e nemmeno celebre, perché Maria per Roma è la sua opera prima, il primo e tanto agognato approdo nel mondo del cinema nei panni di regista, sceneggiatrice e interprete.
Il suo è un film lungo una giornata intera, quasi 24 ore accanto ad una borghese romana caduta in disgrazia, costretta a lavorare in un'agenzia che affitta appartamenti ai turisti. Intanto, però, tra una telefonata e un check-in, Maria nutre poco alla volta una vecchia ambizione, o forse un sogno capriccioso: diventare attrice. Il tutto dentro una Roma silenziosa e indifferente, ma così piena e affollata da frastornare. Quindi, non poteva esserci palcoscenico migliore della Festa del Cinema di Roma per presentare in anteprima questa pellicola nata dal bisogno impellente di una ragazza che ha cambiato vita per cercare un'altra strada. La sua parte da Roma.
Leggi anche: Maria per Roma: un giorno accanto ad un'anima vagabonda
Cambiare vita
A confermare quanto di Karen ci sia in Maria, Di Porto si presenta in conferenza stampa in compagna di Bice, l'espressiva cagnolina co-protagonista del film. Così la perfetta coincidenza tra autrice e personaggio viene presto svelata: "Certo, questo è assolutamente un film autobiografico, ispirato ad un periodo buffo e delirante della mia vita. C'è stato un periodo in cui ho davvero lavorato come key holder, ovvero come responsabile dei check-in all'interno di agenzie che affittano immobili. Maria per Roma parla di una difficile ricerca di realizzazione e di uno stato esistenziale molto frammentato, precario, rappresentato benissimo da questo mestiere itinerante nel quale sei continuamente interrotto da telefonate". Per qualche anno Karen è stata Maria, ovvero una persona che inseguiva qualcosa di molto lontano da quello che aveva fatto finora. Di Porto continua così a raccontarsi: "Sino ai 24 anni ho studiato giurisprudenza e soltanto un anno dopo ho deciso di dedicarmi completamente alla recitazione, studiando teatro e girando cortometraggi. La cosa bella del film è che ho potuto lavorare insieme a molti dei miei amici e colleghi storici, per cui ho avvertito tanta generosità da parte di tutti. Abbiamo lavorato molto di improvvisazione e provato molte scene nel nostro storico teatro".
Leggi anche: Cinema italiano: non ancora Veloce come il vento, ma nemmeno più un Perfetto sconosciuto
Beata libertà
Non è molto facile trovare un'opera prima italiana dotata di uno sguardo cosi personale all'interno di un festival. Di Porto lo sa e si sente fortunata per questo: "Sono grata di aver avuto questa grande opportunità, perché un festival ti permette di arrivare ad un pubblico più vasto. Non so davvero se sarò capace di incontrare il loro gusto perché è un film molto particolare, nel quale ho avuto massima libertà creativa. So bene che Maria per Roma ha una struttura narrativa molto coesa e una storia lineare. Infatti qualcuno mi ha suggerito di risolvere la cosa esasperando il lato drammatico del film, ma io non ero d'accordo con questa disperazione forzata. La storia è rimasta così com'era prevista: uno sguardo all'interno di una giornata di una donna. Apparentemente è una giornata banale, ma in realtà è molto significativa per la consapevolezza della protagonista. Alla fine, nonostante sia un film senza attori noti, sono contenta di non aver avuto alcuna pressione da parte dei produttori e d aver portato sullo schermo qualcosa che conosco perché ho vissuto sulla mia pelle. Ovvero insicurezze e fragilità".
Leggi anche: Lo chiamavano Jeeg Robot e la rinascita del cinema di genere italiano
Roma e la crisi
Dopo aver parlato di Maria, non si poteva trascurare l'altra protagonista del titolo e del film: Roma. Una città con la quale Di Porto sembra avere un rapporto assai conflittuale: "A partire dal titolo, il film è legatissimo a Roma. E sono contenta se sia emersa la mia visione così conflittuale di questa città. Volevo che apparisse fredda e calda, spettatrice indifferente, ma anche un ristoro in un momento di difficoltà. A livello registico ho provato a non soffermarmi mai sulla sua bellezza monumentale, così ho cercato di sbirciarla fugacemente, di farla apparire come sfondo per i personaggio che si muovono al suo interno. Qui città e personaggi hanno due anime: sono tutti frenetici, instabili, senza punti di riferimento. Non a caso, mentre scrivevo la sceneggiatura, sono sempre partita dall'assenza di un padre. La perdita di Maria ha un doppio valore: è affettivo ma è anche economico. Volevo parlare di questa precarietà effettiva, di una generazione come la nostra che vive appoggiata a nonni e genitori, figlia delle certezze illusorie e del benessere degli anni Ottanta e Novanta. In questo Roma era la città ideale, perché la sua stratificazione sociale mi è stata utile a rappresentare una graduale discesa verso il basso, con i ricchi diventati borghesi e i borghesi costretti alle ristrettezze". Ad ognuno di noi scegliere se cercare o meno Maria per Roma nei cinema italiani, per premiarne il coraggio e l'originalità. Troverete un'opera imperfetta ma sincera, uno sguardo ancora ingenuo alla ricerca della sua consapevolezza.