Jury Duty, la recensione: una delle serie comedy più sorprendenti e divertenti dell'anno

La recensione di Jury Duty, la comedy nominata agli Emmy Awards 2023 che arriva un po' in sordina su Prime Video ma non fatevi ingannare: c'è spazio per tante risate e anche qualche lacrima.

Jury Duty, la recensione: una delle serie comedy più sorprendenti e divertenti dell'anno

Pensavamo di dover aspettare chissà quanto per scrivere la recensione di Jury Duty, che arriva invece un po' a sorpresa "già" dal 25 agosto su Prime Video (grazie al fatto che è stata prodotta per Freeve, ovvero la piattaforma gratuita di Amazon negli Usa). Una serie comedy che è anche un esperimento sociologico e una presa in giro dei legal drama e dei documentari, diventando quindi una sorta di mockumentary. Insomma davvero tante anime in una, non saranno un po' troppe? Per fortuna no, anzi la sua molteplice identità è parte della sua forza narrativa e comica. Ma volete scoprire esattamente di cosa stiamo parlando?

La parola ai (finti) giurati

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Jury Duty: un momento della serie

Il Jury Duty del titolo è qualcosa di molto sentito negli Stati Uniti rispetto all'Italia: essere chiamati a far parte di una giuria può essere sì un inconveniente, con la vita sempre più frenetica che tutti facciamo soprattutto dopo la pandemia, ma allo stesso tempo è visto come un onore e una responsabilità dato che si dovrà decidere della vita di una persona, se finirà in prigione o meno e scegliere quindi se abbia commesso oppure no ciò di cui è accusata o darle il beneficio del dubbio, se gli avvocati sono riusciti a dimostrarlo. È in quest'ottica che è stata costruita Jury Duty, a metà strada tra un reality e una comedy scripted (che poi come ben sappiamo anche i reality sono in buona parte scripted).

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Jury Duty: un'immagine della serie

Se UnReal mostrava il marcio di questo tipo di televisione, questa nuova serie sembra avvicinarsi più a Dispatches from Elsewhere (disponibile sempre sulla piattaforma), ma senza elementi pseudo-soprannaturali. Come Cunk on Earth prendeva in giro i documentari della BBC in stile Super Quark, i creatori di Jury Duty Lee Eisenberg e Gene Stupnitsky prendono in giro le falle del sistema legale americano e soprattutto il suo essere a conti fatti uno show messo in piedi dentro un'aula di tribunale. In questo caso visto dal punto di vista della giuria, anzi di un giurato in particolare: Ronald Gladden, un appaltatore solare. Lui è l'unico ad interpretare se stesso in mezzo ad uno stuolo di attori - dagli altri membri della giuria al giudice e agli avvocati, dall'imputato alla controparte, dalla cancelliera alle guardie - ma è anche l'unico a non saperlo.

Regia e montaggio legali e... reali-ty

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Jury Duty: una scena

A metà strada tra scripted e unscripted, quindi, Jury Duty mostra cosa accadrebbe se qualcuno finisse a dover giudicare un finto caso giudiziario senza saperlo. Il tutto raccontato con grande preparazione e consapevolezza: la regia di Jake Szymanski e il montaggio sono la chiave della riuscita della serie, sincopate e incentrate sui dettagli e sulle testimonianze, non solo con le classiche inquadrature dei legal drama ma anche con i movimenti di macchina che riprendono i reality, finendo per essere una sorta di mockumentary. La macchina da presa fa quindi il verso anche alle "confessioni" che di solito i partecipanti ad un documentario fanno in camera, a volte serie, a volte scherzose, e segue puntualmente l'evolversi del processo e dei suoi imprevisti.

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Jury Duty: una scena della serie

Qui risiede l'altra chiave del successo di Jury Duty, finita per essere nominata agli Emmy Awards 2023 non solo come miglior comedy ma anche come Miglior Casting a Susie Ferris e a Miglior Attore non protagonista a James Marsden, che riprende l'abitudine un po' persa di alcuni attori di interpretare versioni sopra le righe di se stessi, che prendano in giro anche la professione e il mondo di Hollywood accecato dalla fama e dall'egocentrismo. James Marsden, "quello degli X-Men", è effettivamente l'unico altro membro della giuria ad interpretare se stesso, finendo per essere un "giurato di riserva" e creando così ancor di più situazioni comiche data la sua apparente voglia di stare al centro dell'attenzione.

Risate ma anche lacrime

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Jury Duty: un momento della serie

L'ultimo episodio, in cui il reality viene svelato a Roland Gladden, mostra al pubblico non solo il dietro le quinte della serie, diventando quasi una sorta di making of e bonus extra, ma anche il terzo punto di forza della comedy: il casting di tutte le persone coinvolte e in particolare quello del giovane ragazzo. Hanno scelto una persona potenzialmente di buon cuore e altruista, che in più occasioni durante quel processo impossibile in cui succede di tutto, ci sono mille ostacoli per arrivare alla verità e in cui troppi giurati si affidano a lui per risolvere i propri problemi personali, dimostra di essere sempre attento e disponibile. Un messaggio di speranza per l'umanità dopo la pandemia che conferma un trend televisivo e cinematografico in questo senso, quasi a volerci ricordare che non siamo tutti egoisti e chiusi in noi stessi. Ecco perché, dopo tante risate - credeteci se vi diciamo che nel corso degli otto episodi non potrete non ridere, data anche la caratterizzazione degli altri membri della giuria, ognuno col proprio background e le proprie particolarità che partono da personaggi-tipo per diventare personaggi-quasi-reali - scapperà anche qualche lacrima. Cosa si può chiedere di più ad una comedy? Di non essere chiamati a far parte di una giuria, magari.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di Jury Duty confermando la piacevole sorpresa nel trovare una comedy che di puntata in puntata cresce e fa aumentare esponenzialmente le risate, per le situazioni surreali in cui il protagonista si trova e per la dolcezza ed il sorriso sulle labbra con cui riesce ad affrontarle. Lo stesso che ci ritroviamo noi spettatori a fine visione, con anche forse qualche lacrimuccia lungo il viso. James Marsden è l’elemento aggiuntivo che completa un quadro comico perfettamente meta-televisivo.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • L'altruismo e l’affabilità di Ronald Gladden.
  • Il finto egocentrismo di James Marsden.
  • La regia e il montaggio che uniscono reality e mockumentary.
  • La caratterizzazione dei personaggi e lo sviluppo del finto caso.
  • L'ultimo episodio.

Cosa non va

  • Non ci vengono in mente particolari difetti se non che ci mette qualche puntata ad ingranare e ad entrare nel meccanismo comico e narrativo.