Le "lune di Giove", o meglio, i satelliti orbitanti attorno al gigante gassoso del sistema solare fino ad ora osservate, sono ben sessantasette. Una soltanto ha un oceano salato sotto uno spesso strato di ghiaccio, una condizione compatibile con la vita: si chiama Europa, come la terra che milioni di donne, uomini, bambini sognano di raggiungere, spesso rischiando tutto per raggiungere, in nome di una seconda possibilità, per sfuggire a guerre e altre catastrofi.
Lo spunto che dà il titolo al nuovo film di Kornél Mundruczó è presto spiegato. È semplice, poetico e bizzarro come l'opera stessa, fischiata da una porzione della stampa accreditata al Festival di Cannes, dove è in corsa per la Palma d'oro, che evidentemente pensa che non si possano affrontare urgenze drammatiche e attuali con un film pieno di coraggio, di fede e di follia.
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Miracolo alla frontiera
Il regista magiaro, da parte sua, ha ammesso di non avere avuto l'intenzione di fare un film sui rifugiati o un'opera dichiaratamente politica: semplicemente quello che doveva essere uno scenario futuribile nel suo soggetto, nel tempo che ci è voluto a raccogliere i finanziamenti per produzione è diventato la terrificante realtà. È una scena di strazio quotidiano quella che apre Jupiter's Moon, mentre ancora non riusciamo a toglierci dalla testa le immagini della ricostruzione del "naufragio dei bambini" del 2013, in cui decine e decine di famiglie siriane annegarono per un colpevole ritardo delle operazioni di soccorso della marina italiana.
Nonostante questo inaccettabile episodio, nonostante il recente e discutibile decreto Minniti, il nostro governo e le nostre forze armate sono stati strumento di una politica non priva di compassione per venire incontro alla gigantesca crisi umanitaria che stiamo vivendo in questi anni. Il governo ungherese di Viktor Orbán, al contrario, continua a dimostrarsi miope e disumano, e il risultato è che l'assalto ai gommoni dei migranti, i colpi di pistola esplosi contro il giovane che è destinato a diventare il protagonista di questa storia, i centri di detenzione e i maltrattamenti, persino la ferocissima persistenza di un ufficiale dell'immigrazione che non si ferma davanti a nulla per fermare il "terrorista" non hanno nulla di surreale o distopico. Sono, ogni giorno, alle frontiere, sulle coste libiche, nelle nostre città.
Non accade invece che, come capita ad Aryan, un ragazzo ucciso per un gesto banale e inconsapevole al momento dello sbarco "illegale" si rialzi, e spicchi il volo.
La lunga fuga di Aryan
Inizia con quel primo e ineffabile volo una lunga fuga frenetica, la ricerca del padre da cui è stato separato, e l'incontro con un'altra ambigua figura paterna, un medico che ha una colpa da espiare e che non aspetta altro che di poter credere in un miracolo. Jupiter's Moon, come un action movie ibridato con uno spunto fantascientifico e un piglio da origin story supereroistica, racconta la loro fuga rocambolesca e disperata per la sopravvivenza e per il futuro: un futuro in cui il confuso, sofferente e traumatizzato angelo dei migranti sembra avere un ruolo da giocare.
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La sceneggiatura di Jupiter's Moon non indugia nell'analisi né nell'esplorazione del complesso contesto che sfiora, si accontenta di mostrarne gli elementi essenziali - lo sguardo stanco e glaciale di György Cserhalmi è sufficiente a delineare il suo efficacissimo villain - e preoccupandosi solo di creare gradualmente un legame credibile tra i due protagonisti e di precipitarci nell'azione con esiti spesso brillanti: se nel suo lavoro precedente White God - Sinfonia per Hagen era riuscito a creare immagini di enorme impatto visivo ed emotivo senza praticamente ricorrere al digitale, qui l'utilizzo della CGI è centellinato ed equilibrato alla ricerca di una dolente magia, quando il regista magiaro non è impegnato a inseguire i suoi protagonisti in concitati e ingegnosi piani sequenza, trascinandoci al loro fianco. Fino a credere in questa storia e ai suoi miracoli, e a tornare a guardare verso le stelle. Verso Europa.
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Movieplayer.it
3.5/5