A 62 anni suonati, Julien Temple è il regista più punk della scena contemporanea. La direttrice del Torino Film Festival Emanuela Martini lo ha voluto fortemente come Guest Director di questa edizione per parlare di cinema, vita e morte. L'occasione nasce dal suo ultimo lavoro, The Ecstasy of Wilko Johnson, documentario dedicato al mitico musicista membro dei Dr. Feelgood, comparso anche nella serie di culto Il trono di spade.
"I film più interessanti spesso derivano da una casualità" ci racconta il regista. "Quando ho saputo della malattia di Wilko Johnson ero incredulo. Ammiravo la sua energia vitale e la sua forza nel combattere il tumore che lo aveva colpito, ma non non mi sarebbe mai venuto in mente di piantargli addosso la macchina da presa in un momento così delicato. Lui, però, mi ha chiesto di girare un video, quello che pensava sarebbe stato l'ultimo, e durante il lavoro sono stato sorpreso dall'intensità delle sue emozioni. Ci siamo frequentati in una serie di incontri che io registravo, ma ancora non pensavo minimamente al film. Poi un giorno mi ha chiamato e mi ha chiesto di andare a casa sua a Coney Island. Una voltà lì mi ha riferito della novità. I medici gli avevano proposto di sottoporsi a un'operazione che cambiava la sua prospettiva di vita e a quel punto è nata l'idea del film".
Un viaggio nella memoria
The Ecstasy of Wilko Johnson è un film su una persona in bilico tra la vita e la morte, ma anche uno sguardo sul mondo del rock e del punk, da sempre legati all'idea di morte. Il film affronta questo tema, ma parla anche di resurrezione. Julien Temple prosegue: "Il momento più potente del film è quello in cui, dopo aver appreso la notizia della sua condanna a morte a causa della malattia, Wilko decide di restare il più vivo possibile gustando appieno ogni momento rimastogli. In quella fase ero ammirato da come riuscisse a trovare calma e forza dentro di sé. Quando gli hanno detto che sarebbe vissuto è tornato a essere il vecchio punkettaro arrabbiato di sempre. Avrei dovuto aspettarmelo, ma questa reazione mi ha colto di sorpresa. Così nella prima parte del film l'ho ripreso mentre fa meditazione sul mare, mentre cerca di entrare in contatto con la propria anima in una situazione pacifica e solare. Dopo l'operazione lo vediamo in giornate molto cupe, circondato di grigio". Questa dimensione meditativa del bassista arrabbiato è inedita al pubblico, ma anche allo stesso Julien Temple che, per trovare il materiale contenuto nel suo documentario, ha cercato di approcciarsi al mood adeguato. "Wilko mi regalava i pensieri e le sensazioni di quel momento di crisi e io ci riflettevo la sera, mentre ero nel letto in uno stato di dormiveglia. Mi sembrava il modo più adeguato per metabolizzare le sue parole. In quei giorni mi sono rivenuti in mente gli anni '70, quello era il momento in cui ho iniziato a innamorarmi del cinema. Le sequenze sono state scelte in connessione con le emozioni di quel momento".
Da stimoli imprevisti nascono i film
Il groviglio di sentimenti che emerge dalla visione del documentario di Julien Temple è dovuta al delicato tema affrontato, ma anche alla sua situazione personale, visto che la madre del regista si stava spegnendo. "Non mi sono posto il problema di quale pubblico avrebbe visto il mio film prima di farlo, ma adesso mi sono reso conto che non è solo un film sulla musica. Questo film parla di un'esperienza che può capitare a chiunque. Ho fatto il film mentre mia madre stava morendo. In quel periodo ho ricavato una grande forza ed energia dalle conversazioni con Wilko e questo prescinde dal fatto che lui sia un musicista. Wilko è un uomo di una certa età con la testa a forma di delfino che cita Paradiso Perduto di John Milton a memoria. E' un soggetto unico. Quando lo vedi non sospetteresti che è un esperto di letteratura. Per leggere le saghe islandesi ha imparato l'islandese ed è capace di chiedere un caffè citando Milton senza che il barista se ne accorga. Ha una conoscenza approfondita dei poeti metafisici. E' un personaggio incredibile. L'estasi del titolo ha anche riferimenti religiosi, ma si riferisce soprattutto alla sua capacità di reagire alla morte e alla vita. Wilko è uno tsunami di sentimenti". Tra le varie leggende circolate sul chitarrista dei Dr. Feelgood ve n'è una che riguarda il suo stile unico. Pare che Johnson non usasse mai il plettro. Julien Temple ce lo conferma: "Wilko suonava senza il plettro e aveva approntato una fodera rossa perché non si vedesse il sangue che talvolta usciva dai tagli sulle dita. Tagli che si procurava perché suonava la chitarra come se imbracciasse una mitragliatrice".