Joy e Helen
In concorso all'ultimo Torino Film Festival, Helen è un film sorprendente. Probabilmente anche al di là del suo reale valore, o della portata della sua riflessione. Le lodi al film di Joe Lawlor e Christine Mollowy vanno allora tessute, anche se la visione può in certi passaggi dimostrarsi difficoltosa, perché la capacità di osare nel raccontare e di mostrarsi sempre e comunque originali non si compra di certo al supermercato. E Helen sembra un film impossibile, nella sua rarefatta e ipnotica compostezza stilistica; in una lentezza eterea e sinuosa, che si libera con prepotenza dalla maniera, che a tratti ricorda Terrence Malick, altre volte il Gus Van Sant di Elephant e Last Days. Confermandosi allo stesso tempo cinema sempre personale e al limite della frontiera.
Helen è una giovane orfana diciottenne che a seguito dell'improvvisa scomparsa della coetanea Joy, viene scelta dalla polizia per impersonarla in una ricostruzione che possa facilitare le indagini. La sua vita si divide tra le grigie mura dell'orfanatrofio, l'attività scolastica e un lavoro come addetta alle pulizie di un albergo. La possibilità fornitagli, le permette un'evasione che diverrà man mano una ricerca personale. Ben presto le personalità di Joy e di Helen finiranno per sovrapporsi, al di là della loro somiglianza e Helen troverà il completamento di sé stessa attraverso questa osmosi, innamorandosi del fidanzato di Joy e frequentando la sua famiglia.
Lawlor e Mollowy - che per girare questo film hanno messo in piedi un capillare progetto produttivo denominato significativamente Desperate Optimists - alternano un' ambiziosa regia impressionista e paesaggistica (che a volte sconfina nel formalismo e chiede un certo sforzo da parte di chi guarda) a un approfondito studio psicologico della eccellente protagonista (Annie Townsend) con un approccio stretto e frontale. Così facendo spostano progressivamente il loro sguardo, fino a farlo collimare con quello di Helen. E quando, giuntà alla maggior età, completerà la prima, decisiva fase della ricerca di sé stessa, attraverso lo svelamento del proprio passato, siamo pronti per abbandonarla.