"Grazie per avermelo ricordato". John David Washington finge di mettersi a piangere per poi lasciarsi andare ad una risata quando accenniamo all'infortunio che ha messo fine alla sua carriera sportiva. Un tendine ha ceduto e in quel momento ha realizzato che il suo futuro nel mondo del football era svanito. Un addio doloroso ma che lo ha spinto a inseguire un sogno tenuto in fondo ad un cassetto troppo a lungo. Un sogno che temeva di ammettere anche solo a se stesso: diventare attore come suo padre Denzel.
Gli insegnamenti del football e la prima volta sul set
Ma l'esperienza sul campo da gioco e la difficile accettazione di dover fare i conti con il rifiuto sono stati per l'attore esperienze necessarie quando ha mosso i primi passi nel mondo del cinema? "Assolutamente, il football mi ha preparato. Mi ha insegnato davvero tanto sulla vita in generale. E molti dei no che ho ricevuto, molti dei rifiuti che ho sperimentato, hanno in un certo senso rafforzato il mio calvario", racconta Washington quando lo incontriamo al Filming Italy Sardegna Festival.
"Mi ha dato più potere quando vado a quelle audizioni e mi viene detto di no, che non sono abbastanza bravo o altro. Ci sono già passato e so di cosa ero capace. So di cosa sono capace. Quindi grazie a Dio per il football. Altrimenti non avrei potuto fare quello che sto facendo. Volevo recitare da tutta la vita. Ma avevo bisogno di intraprendere quel percorso e affrontare le avversità in quei tempi".
Una carriera costellata di grandi titoli e collaborazioni con registi importanti, da BlacKkKlansman di Spike Lee a Old Man & the Gun di David Lowery passando per Tenet di Christopher Nolan, Malcolm & Marie di Sam Levinson e Amsterdam di David O. Russell. Ma com'è stato il primo giorno sul set?"Ricordo che ero a Miami. Stavamo girando il pilot di una serie chiamata Ballers che, ironicamente, racconta di giocatori di football americano. Quindi ovviamente conoscevo la materia. Si potrebbe dire che ho lavorato a pieno ritmo per tutta la vita per prepararmi a quel ruolo. Anche se la prima scena era in un club. C'erano circa 200 persone. E poi entra in gioco Dwayne 'The Rock' Johnson. E il grande Peter Berg, che dirigeva il pilot, mi dice: 'Va bene, amico. Sei pronto. Sei sveglio'", racconta l'attore.
"E in quel momento ero più emozionato che mai, ma anche terrorizzato. Alla fine della giornata, The Rock mi abbraccia e dice: 'Ottimo lavoro'. E io ho pensato: 'Oh mio Dio, lo sto facendo. Sta succedendo'. Quando quel giorno sul set hanno gridato 'Cut, it's a Wrap' (espressione usata alla fine delle riprese, ndr) mi sentivo come se avessi trovato qualcosa. Un pezzo di me che cercavo da tanto tempo".
Malcolm & Marie, la recensione: non drammatizziamo, è solo questione di arte
I risvolti sociali dell'arte
In un anno cruciale per le sorti degli Stati Uniti e del mondo, ognuno ha la propria visione e speranza. "Mi auguro gentilezza e abbondanza. Sono nervoso come lo ero quattro anni fa e quattro anni prima", confida John David Washington parlando delle elezioni presidenziali. "Spero, ed è ciò che amo fare, che forse attraverso l'arte, attraverso ciò che facciamo e il modo in cui ci esprimiamo, possiamo arrivare a un'intesa o trovare un po' di empatia e comprensione l'uno con l'altro. Essere in grado di discutere le cose correttamente e di essere sulla stessa onda. E se riusciamo ad avvicinare le persone all'arte che creiamo, allora forse può accadere. Ma sono tempi molto spaventosi".
Parlando di arte e del suo ruolo sociale, film come BlacKkKlansman e Monster cosa raccontano degli Stati Uniti contemporanei? "Che storicamente, a volte, possono diventare molto minacciosi. Ciò di cui sono capaci gli esseri umani, sia in un modo molto oscuro che in un modo più positivo, è illuminante. Abbiamo una possibilità quando siamo al meglio, di rendere il mondo migliore e vivere in armonia. Ma è difficile esserlo sempre. Quei film riflettono la dura realtà di ciò in cui le persone credono e di ciò che attraversano. E allo stesso tempo possono mostrare barlumi di speranza, luce e comunità. Un modo comunitario di evolversi come specie umana, come americani".
BlackkKlansman: Spike Lee torna alla grande tra risate, Black Power e sberleffi a Trump
The Piano Lesson e le storie che devono essere raccontate
Per i Washington il cinema è una questione di famiglia e presto vedremo l'attore nel debutto al lungometraggio del fratello Malcolm con The Piano Lesson. Il film segue le vite della famiglia Charles intenta ad affrontare il tema dell'eredità familiare mentre decide cosa fare con un pianoforte, cimelio tramandato di generazione in generazione. "Penso abbia fatto un lavoro magistrale", confida l'attore. "Sarà uno dei grandi, credo sia incredibile. Quello del set era un ambiente di inclusione. Siamo riusciti a trovare il personaggio perché avevo già interpretato lo spettacolo a teatro prima dell'inizio delle riprese. Ma è stata un'esperienza totalmente diversa, il che è positivo".
Quella di John David Washington è una carriera fatta di scelte importanti. Se avesse voluto avrebbe potuto cavalcare con facilità il successo e la visibilità ottenuti dalle collaborazioni con Lee e Nolan. Ma così non è stato. Se si scorre la sua filmografia si vedranno pochi titoli ma di grande impatto. Cos'è che oggi lo attrae di un progetto? "La buona narrazione", non ha dubbi l'attore. "Se nella scrittura c'è il modo di descrivere il mondo o c'è ritmo nel dialogo tra i personaggi, ne sono semplicemente attratto. L'argomento è importante. Ma alla fine ad attrarmi penso sia qualcosa che mi spaventa tremendamente o qualcosa che sento debba essere raccontato. E non mi interessa come lo realizzeremo. Ma dobbiamo farlo. Che si tratti di un budget di diecimila, dieci milioni o cento milioni di dollari. 'Questa storia deve essere raccontata'".