Se si scorre la filmografia del regista di Arkon salta all'occhio come ben nove dei dodici lungometraggi finora realizzati siano stati tenuti a battesimo dal Festival di Cannes, palcoscenico prestigioso quanto familiare calcato da Jim Jarmusch durante una carriera trascorsa, in una delle sue innumerevoli vesti, dietro la macchina da presa.
Dopo il successo ottenuto, nel 2013, con i suoi vampiri malinconici in Solo gli amanti sopravvivono, atto d'amore ad ogni forma di arte e conoscenza grazie alle sue innumerevoli citazioni che da Thelonious Monk passano per Ludovico Ariosto, David Foster Wallace e il sempre caro Nikola Tesla, quest'anno il regista torna sulla croisette in competizione con Paterson (prodotto da Amazon Studios) e nella sezione Midnight Screenings con il documentario Gimme Danger, progetto dalla lunga gestazione e regalo al suo amico di sempre, Iggy Pop, con il quale celebra il punk rock dei The Stooges. La pellicola che ambisce a portarsi a casa la Palma d'oro, invece, prende il nome dal suo protagonista, giovane poeta autista di autobus, e dalla cittadina americana nella quale vive.
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Per dare voce e corpo al suo nuovo personaggio, Jim Jarmusch, ha chiamato sul set uno degli attori più apprezzati, richiesti e versatili dei cinema contemporaneo: Adam Driver. L'interprete divenuto famoso con il suo omonimo personaggio in Girls, la serie ideata e diretta da Lena Dunham, capace di destreggiarsi tra set molto diversi tra di loro come dimostrano il nostrano Hungry Hearts, l'indipendente Giovani si diventa o l'interpretazione di Kylo Ren in Star Wars: Il risveglio della forza.
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E chissà se Il Festival, da sempre così generoso e vero e proprio trampolino di lancio per la carriera di Jim Jarmusch con il suo Stranger than Paradise del 1984, premierà ancora una volta uno dei suoi cineasti simbolo. Proprio a Cannes, infatti, ha ricevuto il primo riconoscimento importante, la Caméra d'or come miglior film d'esordio (insieme al Pardo d'oro di Locarno), con il suo esordio al lungometraggio in versione on the road realizzato con la pellicola avanzata da Lo stato delle cose di Wim Wenders e che, tra lo stile surreale, i temi, le inquadrature fisse o ancora, l'importanza della colonna sonora, è da considerarsi come Manifesto stesso del suo cinema, declinato in più sfumature nell'arco di tutta la sua carriera.
"I scream, you scream, we all scream for ice cream"
Considerato uno dei più importanti registi del cinema indipendente americano, Jarmusch, guardando più a fondo, ha una spiccata sensibilità europea, sviluppata fin dalla prima parte degli anni '70 quando trascorse dieci mesi nella Ville Lumière per uno studio su André Breton e il Surrealismo, movimento culturale di fondamentale ispirazione per la formazione della sua idea di cinema e per i suoi personaggi stessi, frequentando assiduamente la Cinématheque Française. Poeta, cineasta, sceneggiatore, attore, musicista, Jim Jarmusch, è come uno di quegli animali dalle antenne sensibili ad ogni rumore, movimento, cambiamento che li circondi, capace com'è di captare energia, ispirazione, influenze narrativo/stilistiche in tutto ciò che vede/vive, lui che esalta l'arte dell'autenticità sull'originalità, invitando a lasciarsi stimolare da una fotografia, da un gesto così come dall'architettura di un edificio o da un sogno.
I suoi sono film non tanto interessati alla semplice linearità della narrazione quanto ai suoi personaggi - dei tre detenuti di Daunbailò non gli interessa raccontare i dettagli della fuga quanto le loro iterazioni umani come in Broken Flowers, essenziale è l'epifania interiore di Don Johnston e non scoprire se ha o meno un figlio -, esseri umani sempre fuori fuoco rispetto alla "normalità", marginali come lo spazio nel quale agiscono. Quello del regista di Arkon è un cinema fatto di umori, un cinema concentrato su quegli uomini o donne che hanno reso ricca di sfumature surreali e iconiche la sua filmografia (basti pensare alla cowgirl glaciale di The Limits of Control). E spesso, come è accaduto per il ruolo di Corky (Winona Ryder), giovane taxista aspirante meccanico di Taxisti di notte, o per Johnny (Joe Strummer), l'inglese senza più lavoro e fidanzata di Mystery train - martedì notte a Memphis, Jarmusch scrive i personaggi pensando ad un determinato attore o attrice attorno al quale costruire la storia.
Un mondo cinematografico il suo, costellato da volti amici come quello di John Lurie, musicista jazz protagonista del cortometraggio d'esordio Permanent Vacation, di Più starno del Paradiso o Daunbailò, debutto americano di Roberto Benigni che ritroviamo nel già citato Taxisti di notte e, nel 2003, in Coffee & Cigarettes, insieme di undici corti "collezionati" dal 1986, nei quali i protagonisti, interpretati da Tom Waits e Iggy Pop a Cate Blanchett passando per Bill Murray, Jack White e Meg White, parlano degli argomenti più disparati sorseggiando caffè e fumando sigarette.
"You don't speak Spanish, right?"
Ritmo lento, inquadrature fisse, bianco e nero intensi, piani sequenza, personaggi sospesi, atmosfere surreali. Anche quando il cinema del regista è più ancorato alla realtà, allo sviluppo "classico" della trama, c'è sempre un elemento di rottura, un dialogo, una citazione o un personaggio che rende il suo cinema immediatamente riconoscibile. Spaziando tra i generi e adattandoli al suo mondo filmico, Jim Jarmusch, ha mantenuto una fedeltà compositiva contaminata dal western velato di onirico di Dead Man al gangster noir di Ghost Dog - il codice del samurai, sorta di dittico colmo di citazioni letterarie, cinematografiche e pop sull'America e le sue minoranze (gli indios e gli afroamericani), che attraversa il filone vampiresco (Solo gli amanti sopravvivono), la commedia amara on the road (Broken Flowers) o l'impianto antologico (Mystery Train).
Un modo di intendere la settima arte come un cilindro dal quale tirare fuori tutto ciò che lo appassiona, che sia l'omaggio ad un vecchio film francese o un quadretto appeso con la foto di Billie Holiday, il vecchio lustro di Detroit, lo spirito di un poeta inglese o le teorie dello scienziato e inventore serbo Nikola Tesla. Al pari di Wes Anderson, David Lynch o Paul Thomas Anderson, il regista del Midwest, ha una tale potenza visiva che, sia un'inquadratura "scarna" di Più strano del paradiso o una, al contrario, ricca di Solo gli amanti sopravvivono, colpiscono lo spettatore con il suo stile fotografico.
Un rocker con la macchina da presa
Con quel suo look lunare, enigmatico, Jim Jarmusch, è iconico esattamente come i suoi personaggi. Con lo sguardo celato dietro un paio di occhiali da sole ed il ciuffo bianco da punk rocker ad accompagnarlo fin da giovanissimo, sembra uscito dalla copertina di un vinile degli anni '70. E proprio la musica è protagonista fondamentale della sua vita e del suo cinema, lui che, oltre ad impugnare la macchina da presa, ha imbracciato strumenti musicali che l'hanno visto membro dei Dark Day, della band post-punk The Del-Byzanteens e dei Bad Rabbit, gli odierni SQÜRL con i quali ha firmato, insieme al liutista Jozef van Wissem, la colonna sonora del suo film più musicale: Solo gli amanti sopravvivono.
Ma la sua filmografia, con le note di I put a spell on you di Screamin' Jay Hawkins - musicista leggendario che tornerà in veste di attore in Mystery Train - che riecheggiano nel suo debutto sul grande schermo, è interamente costellata di musica, strumento fondamentale e profonda passione del regista. Il suo, infatti, è un cinema che ha l'andamento di una blues ballad o la frammentarietà di un'improvvisazione di free jazz, l'intensità di un brano soul o il ritmo di un pezzo raggae fino all'impeto dell'hip hop. Ogni suo film è un'universo cinematografico che convive con quello musicale, riportando in note le atmosfere della narrazione. Dal jazz di John Lurie al rock'n'roll di Elvis Presley e alla sua voce calda e ipnotica in Blue Moon, dal rap di RZA alle composizioni classiche passando per la chitarra elettrica di Neil Young al rockabilly di Wanda Jackson, le colonne sonore dei film di Jim Jarmusch sono una vertigine di bellezza.