L'uomo delle maschere, il volto gommoso, il carnevale umano. Lo abbiamo conosciuto e amato così, dinoccolato e irrequieto, perso dentro i suoi personaggi folli, dalla bocca larga e dalla lingua pungente. L'avvento di Jim Carrey nel cinema assomiglia tanto alla caduta di una saetta folgorante, piovuta all'improvviso a metà degli anni Novanta. Le sue espressioni esasperate e i suoi lampi esilaranti ne hanno modellato il mito, confermato da una trilogia che, per sua stessa ammissione, ne ha segnato la consacrazione: Ace Ventura - l'acchiappanimali, The Mask - da zero a mito, Scemo e più scemo. In mezzo a quella tempesta di sorrisi e a quel furioso talento comico era facile soffermarsi sulla superficie, accontentarsi di quelle maschere spensierate e dimenticarsi delle capacità drammatiche di un grande attore. Poi arrivano due film come The Truman Show e Man on the moon, quasi due tagli, due squarci utili a svelare il lato malinconico e dolente del sempre ridente Jim.
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Il film di Milos Forman, uscito nel 1999, è stato lo spunto per raccontare un Carrey inedito e scavare nel cuore di un uomo mai stanco delle sue maschere, ma consapevole del loro ruolo rassicurante nelle vite di tutti. Quasi vent'anni dopo l'uscita di Man on the Moon, Jim Carrey ha deciso di rendere pubblico un prezioso backstage del film dedicato alla vita (e alla morte) del comico americano Andy Kaufman. Jim & Andy: The Great Beyond. The Story of Jim Carrey, Andy Kaufman and Tony Clifton, presentato Fuori Concorso alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, omaggia la memoria di Kaufman ma funge anche da pretesto per sondare la persona sopraffatta da troppi personaggi, alla ricerca dell'animo inquieto ma consapevole di un inedito e toccante Jim Carrey. Arrivato al Lido di Venezia con un sorriso meno pieno, l'attore di origini canadesi non ha sfoggiato soltanto battute e buone dosi di ironia, ma ha affrontato con grande profondità la metafora esistenziale dell'essere attore.
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Giù la maschera, Jim
Per gran parte della sua vita si è posto una domanda martellante: "Che cosa vogliono? Che cosa vogliono? Che cosa vogliono?". Una delle più grandi preoccupazioni di Jim Carrey è stata quella di capire e carpire i bisogni del pubblico a cui si rivolgeva. Un pubblico di cui ha sempre bramato la stima e l'attenzione. Poi è arrivata l'illuminazione: la gente non vuole pensare, vuole distrarsi, e lui sarebbe diventato il simbolo della loro spensieratezza. Soffocato da questo dovere quasi autoimposto, la vera anima di Jim Carrey, complessa e malinconica, è emersa poco alla volta, grazie a film segnati dalla sua sensibilità. E non è un caso che in Jim & Andy: the Great Beyond lo stesso Carrey dica che The Truman Show, con quel suo lento e inevitabile svelamento della realtà delle cose al di là di qualsiasi parvenza, sia la metafora della sua vita. Il bellissimo documentario diretto da Chris Smith, però, affonda le sue radici nel gustoso dietro le quinte di Man on The Moon, dove Jim Carrey si trasformò letteralmente e senza sosta in Andy Kaufman. Un omaggio fortemente voluto da un Carrey che, appena arrivato in conferenza stampa, prende in mano il suo segnaposto e afferma divertito: "Jim Carrey? Chi è questo Jim Carrey?". È solo l'inizio di uno svelamento quasi liberatorio e catartico, nel corso del quale il buon Jim ha regalato dichiarazioni agrodolci.
Si parte dalla spinta che ha portato alla creazione del documentario: "Questa è una cosa che ho voluto io, che è stata generata a partire da me. Dopo c'è stato un grande lavoro organico svolto assieme a Chris. Un lavoro di documentazione e di ricerca che abbiamo svolto sempre fianco a fianco. Ci tengo a dire che il vero protagonista del film è Andy, non io. L'ho sempre ammirato per l'impegno che metteva nella sua arte e per la profonda passione che metteva nel suo lavoro. Durante le riprese di Man on the Moon pensavamo sempre a cosa avrebbe fatto lui, come se comunicassimo attraverso la telepatia. Chris ha girato qualcosa di più di una semplice retrospettiva su Andy, ma ha parlato anche del suo effetto su di me e definito il concetto di identità. Lui ha scavato nel senso del mio lavoro e compreso il peso di ogni film sulla mia vita. Comunque con il documentario è soprattutto Andy che torna in vita, io servo solo da strumento per parlare di lui, una persona che ha influenzato tanto il mio lavoro anche dopo le riprese di film di Milos. Pensate che quando mi proposero per la prima volta la parte del Grinch, capii di non essere ancora pronto dopo aver pensato all'esempio di Andy".
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Distruggere Hollywood
L'abilita per niente banale di Jim & Andy: the Great Beyond è quella di entrare e uscire di continuo dal cinema alla vita, dalla finzione alla parte più autentica delle persone che smettono di essere personaggi anche solo per un attimo. Sulla complessa gestione del suo Io, Jim Carrey ha detto: "Per tanti anni la mia personalità è stato tutto per me. Tutto era incentrato su di me, sul mio lavoro e suoi miei personaggi che mi dominavano. Quando vivi una mimesi così intensa, ti rendi conto che stai riversando così tanto in quel personaggio da diventare quel personaggio. Grazie a questo film mi sono reso conto che i confini tra realtà e finzione sono davvero labili nel mestiere dell'attore. Forse c'è un personaggio che ha fatto la parte di Jim Carrey per anni. Nessuno di noi è un solo me, un solo io. Noi, in fondo, non esistiamo. Io non esisto. Siamo solo idee definite da alcune etichette come la religione e la nazione in cui nasciamo". Emerge così la profonda umanità di una persona che ha fatto del suo mestiere un veicolo per conoscersi meglio, ma anche una grande rivelazione sulle reali intenzioni del Jim Carrey attore: "Quando ho interpretato Ace Ventura non volevo fare parte di Hollywood, volevo distruggerla. Volevo distruggere i suoi modelli egocentrici, volevo distruggere gli uomini con le risposte, volevo distruggere il modello Clint Eastwood. Con molti dei miei personaggi ho dato voce alla sincerità, e l'onestà è qualcosa di sovversivo. E visto che siamo nella città della maschere, vi dico che tutti ne indossiamo una. L'autenticità è cosa rara". È uno strano Jim Carrey quello visto al Lido, con un volto meno solare, carico di una sincerità amarognola. E nonostante la gratitudine nei confronti delle sue mille maschere, è stato un regalo vederle cadere tutte insieme.