Grazia e raffinatezza nella vita come sul set. Con la sua galleria di personaggi Jessica Chastain ha saputo sempre coniugarle con estrema naturalezza dimostrando un talento camaleontico che negli anni l'ha anche portata a esplorare il ruolo della produttrice, come è successo nel recente remake di Scene da un matrimonio, la miniserie Hbo presentata a Venezia. Alla Festa del Cinema di Roma irrompe con la figura grottesca di Tammy Faye: con una voce da Betty Boop, sotto quintali di trucco prostetico, ciglia lunghissime, paillettes, pellicce e labbra tatuate, Chastain interpreta il ruolo che forse le regalerà l'Oscar. Gli occhi di Tammy Faye racconta la parabola della telepredicatrice evangelica Tammy Faye Bakker, che tra gli anni Settanta e Ottanta, insieme al marito Jim Bakker, riuscì a creare il più grande network televisivo religioso al mondo, fino a quando una serie di illeciti finanziari e scandali non li travolsero distruggendo l'impero che avevano costruito. L'opinione pubblica non li risparmiò scagliandosi in particolare contro la figura di Tammy, oggetto di derisioni e caricature denigranti. In una chiacchierata con il pubblico che inaugura la serie di incontri ravvicinati della Festa del Cinema di Roma, l'attrice ripercorre la sua carriera e racconta la genesi del film e le ragioni che l'hanno spinta a produrlo.
Tammy Faye: dal documentario al film
Tutto iniziò nel 2012, all'epoca Jessica Chastain era impegnata nella promozione di Zero Dark Thirty: "Scoprii la sua storia guardando il documentario di Randy Barbato e Fenton Bailey e ne rimasi colpita. Sono passati dieci anni, una decade meravigliosa e importante per me. Ciò che ha reso speciale il film è stato produrlo sin dall' inizio, mi piace essere una provocatrice in tutte le scelte che faccio. Volevo essere coinvolta nella narrazione e rovesciare tutto ciò che era stato detto di lei fino a quel momento, non mi interessava raccontare il gossip e lo scandalo, ma una storia autentica basata sull'amore e non sul cinismo o lo scherno con cui i media americani ne avevano sempre parlato", dice. Il biopic di Michael Showalter ne riabilita infatti l'immagine, evitando le ridicolizzazioni e lo sciacallaggio mediatico a cui fu sottoposta negli anni immediatamente successivi allo scandalo, quelli in cui a pagarne e le conseguenza furono anche i figli della coppia.
Chastain li ha incontrati prima di iniziare a girare: "Erano pieni di cicatrici, profondamente feriti dallo scandalo sessuale che aveva travolto il padre Jim Bakker e dal modo in cui i media avevano trattato i loro genitori, erano rimasti traumatizzati. Volevo essere chiara con loro, mi interessava fargli sapere che la mia intenzione non era provocare altri scandali o traumi, piuttosto ero interessata a raccontare l'amore incondizionato, al contrario di quanto fa spesso Hollywood che deride la religione. Ci è voluto un po' perché si fidassero di noi, alla fine mi hanno raccontato molto della loro madre: che profumo usasse o quale fosse il suo colore preferito, il rosa e il leopardato". Oltre alle ore infinite di trucco, per diventare Tammy Faye e farsi entrare la sua voce in testa, "quella risata molto vicino a un pianto di disperazione", l'attrice ha anche seguito delle lezioni su Skype con una dialect coach.
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Il lavoro sui personaggi: trovare la connessione
Un lavoro minuzioso, fatto di ricerca e studio come avvenne anche per Zero Dark Thirty, il film di Kathryn Bigelow sulla agente della Cia che con la sua indagine portò alla cattura di Osama Bin Laden. Sono passati molti anni da allora, tante cose sono cambiate ma non il suo amore per la regista a cui deve molto: "Amo Kathryn Bigelow. Ho fatto tantissima ricerca in quel periodo, ho letto diversi libri su Bin Laden, è stato uno studio molto affascinante, un'immersione completa, ero sola e non avevo ancora una famiglia, qualcuno pensava fossi diventata matta", ricorda. Fu un'esperienza totalizzante durante la quale conobbe la vera protagonista della vicenda: "È l'ennesima prova di quanto siano fantastiche le donne - dice - ho imparato quanto fosse ossessiva e quanto la Cia facesse affidamento sulle donne pur non riconoscendone il contributo. Solo allora capirono che avevano una visione più ampia delle cose".
Immersioni totali, così definisce più volte il mestiere dell'attrice. Il segreto? "Trovare ogni volta un seme di connessione, anche quando si tratta di un personaggio molto diverso da me; lo prendo e lo faccio crescere dentro per trovare poi un momento in cui posso identificarmi a qualche livello". Lo fa anche in Scene da un matrimonio, rivisitazione moderna della miniserie di Ingmar Bergman, dove recita al fianco di Oscar Isaac, amico sin dai tempi della scuola di recitazione: "Io e Oscar riusciamo a leggerci nel pensiero. Quando conosci così bene una persona sai cosa sta pensando, prevedi le battute che farà, quali schemi segue e dove sta andando; quando succede mi solleva, perché so che non sarò sola a portare la scena, siamo sullo stesso livello, smetto di pensare alla performance e mi concentro solo sull'essere in scena. Avevamo take da venti minuti, c'era tanta fiducia tra noi, ma in questi casi - precisa - ci si può anche ferire. Spesso mi chiedevo se la persona che avevo davanti fosse Isaac o il personaggio interpretato, in alcune scene siamo venuti quasi alle mani e ora voglio prendermi del tempo prima di tornare a lavorare con lui!".
Terrence Malick: poesia per immagini
Ma è sulle immagini del monumentale L'albero della vita di Terrence Malick che si commuove inaspettatamente fino alle lacrime: "Sono dieci anni che non vedo questo film - rivela visibilmente emozionata -. Mi commuove guardarlo, perché mi ha insegnato il perdono, la bontà e cosa significhi essere umani, è il mio preferito. C'era un senso di giocosità e famiglia incredibile, mi ha dato molto sia in termini di recitazione che come essere umano. Mi sembra un episodio separato dalla mia carriera, sembra una poesia per immagini". È l'unico film che non è stata in grado di vedere una seconda volta e spera "sia la cosa che la mia famiglia guarderà quando non ci sarò più".
Con Malick ha scoperto "la magia di essere vivi. È come se scrivesse sull'acqua come se la vita si muovesse allo stesso modo di un flusso di acqua. Una volta feci notare una cosa sulla sceneggiatura mentre stavamo facendo i provini ai ragazzi che avrebbero dovuto recitare nel film e a un certo punto mi disse: non leggere mai la sceneggiatura, vivi il momento". La prossima sfida sarà invece una miniserie con Michael Shannon sulla famosa cantante country Tammy Wynette e come ne Gli occhi di Tammy Faye, dove lo fa splendidamente, dovrà cantare: "Mi piace esplorare il mondo della canzone, mi fa stare anche a disagio ma mi piace mettermi alla prova".