Generosa e appassionata, la regista di Babadook e The Knightingale Jennifer Kent si è concessa al pubblico del Noir in Festival 2021 in versione virtuale riflettendo sulla propria carriera e soffermandosi sulle motivazioni che l'hanno spinta a dedicarsi alla regia. Motivazioni in cui è coinvolto, a sorpresa, il suo collega più anziano, il danese Lars Von Trier.
"Ho sempre saputo di essere una storyteller fin da quando ho imparato a leggere" ha rivelato Jennifer Kent. "Recitare e raccontare storie sono sempre state le mie passioni, così ho deciso di studiare teatro nella stessa accademia di Cate Blanchett, Judy Davis, Mel Gibson. In un primo tempo ho scelto la via della recitazione, per cinque anni mi sono formata sui classici. All'epoca non pensavo che una donna potesse dedicarsi alla regia, erano davvero poche. La recitazione però non mi piaceva, è un'esperienza passiva, mentre io ho bisogno di creare. Così ho mollato tutto per scrivere e dirigere, ma il mio passato da attrice mi è molto utile oggi per capire gli attori".
Jennifer Kent alla scoperta del Dogma
Australia e Scandinavia sono meno lontane di quanto si pensi, almeno nel caso di Jennifer Kent. La regista condivide col Noir una storia incredibile che riguarda la sua decisione di contattare Lars von Trier dopo essere rimasta scioccata dalla visione del suo Dancer in the dark: "Per decidere di cambiare mestiere mi ci è voluto del tempo. Dancer in the Dark e la performance di Bjork mi hanno scosso, così ho scritto a Lars von Trier e lui, inaspettatamente, ha accettato la mia proposta di andare sul suo set per un giorno. Ho preso un aereo e sono volata dall'Australia in Svezia per vederlo girare".
Il film a cui Lars Von Trier stava lavorando all'epoca era Dogville. "Non avevo alcuna esperienza di regia, non avevo girato neppure un corto" ricorda Jennifer Kent. "Lars mi ha permesso di assistere alle riprese, di vedere come lavora, così ho capito quanto era duro il mestiere per lui e mi sono messa a scrivere e riscrivere finché non è nato Babadook". L'esperienza scandinava ha acceso una lampadina nella vita di Jennifer Kent permettendole di trovare il coraggio di tuffarsi in questa nuova folle avventura e di "perseguire ciò che volevo fare nella vita. I film di Lars von Trier, ma anche Festen - Festa in famiglia di Thomas Vinterberg mi hanno impressionato nel profondo. Quella è stata la mia scuola di cinema".
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La rivoluzione di Babadook
L'opera prima di Jennifer Kent, l'horror Babadook, ha riscosso un enorme successo internazionale imponendo la poetica della regista all'attenzione del grande pubblico con una storia delicata che esplora la natura degli incubi. Come spiega la Kent, "la parte più interessante della regia per me è creare un mondo che non esiste nella realtà. La mia idea di cinema è più vicina al sogno che alla realtà. Georges Méliès per me è un genio, per anni è stato dimenticato, ma era ingegnoso, ha inventato così tante tecniche che usiamo ancora oggi". Se la regista australiana è affascinata dal potere della creazione, quando si tratta di sentimenti la questione cambia: "Il cinema è finzione, ma le emozioni restano vere e questo è ciò che è più terrificante. Per Babadook, mi sono immedesimata nella madre e mi sono chiesta 'Cosa prova il personaggio? Paura'. Così ho dipinto il mondo come un posto spaventoso".
Le verità scomode di The Nightingale
Dopo il successo di Babadook, Jennifer Kent non solo non si è ripetuta, ma si è cimentata in qualcosa di completamente diverso realizzando un film crudo ed estremo che denuncia la brutalità dei colonizzatori inglesi nell'Australia dell'800. The Nightingale è immerso negli incredibili paesaggi della Tasmania dove, "sia in città che in campagna dominano tristezza e bellezza. Prima di iniziare a scrivere il film ho contattato gli aborigeni anziani e sono andata con mia nipote a esplorare quel territorio. Nonostante il budget ridotto, ho voluto girare in quelle zone anche se sulla terraferma sarebbe stato più economico. E poi, da buona testarda, ho imposto che il film fosse girato nella lingua parlata dai personaggi. La produzione ha accettato, ma mi ha ridotto il numero di location, così ho capito che le aree selvagge erano quelle fondamentali. Abbiamo fatto tutto il possibile per rendere il film il più possibile reale e vicino ai fatti dell'epoca".
The Nightingale mette il dito nella piaga del passato coloniale australiano mostrando le atroci violenze commesse contro aborigeni, donne e bambini. Nonostante le critiche di certa stampa, il pubblico ha reagito positivamente. "Quando ero piccola non sarebbe successo, ma credo che questo fosse il momento giusto per raccontare questa storia. Guardare in faccia la verità fa parte del processo di guarigione. Credo che il ruolo di un regista sia raccontare storie scomode e accettarne le reazioni". Per Jennifer Kent, il cinema europeo è più maturo, "più abituato a personaggi complessi del cinema australiano o americano, ma è ciò che interessa raccontare a me. E io ci sono sempre per i miei attori. All'epoca delle riprese il protagonista di Babadook aveva 5 anni, e aveva bisogno di essere protetto. L'ho portato allo zoo e gli ho raccontato la storia del Babadook spiegandogli che il suo personaggio era l'eroe. Non l'ho trattato come molti trattano i bambini pensando che non capiscano perché non è affatto così".
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Un'avventura americana: progetti futuri
Dalle sue parole, si capisce come Jennifer Kent metta al centro di tutto l'aspetto umano sia delle storie che dei personaggi. Meticolosa e puntuale, la regista crea un'atmosfera unica sui suoi set, coinvolgendo perfino le comparse. "Le coinvolgo raccontando loro la storia del film. Credo che queste cose si vedano sullo schermo" spiega la Kent. "Ho lavorato per tre anni in una serie tv come attrice, le comparse arrivavano sul set senza sapere niente. Si guardavano intorno smarrite, non avevano idea di cosa avrebbero dovuto fare Invece è una gioia essere coinvolti".
La regista adesso si prepara a dirigere il terzo lungometraggio scritto nel 2016. "Scrivo molto velocemente, ma il problema è trovare i finanziamenti necessari. Finalmente siamo quasi pronti a partire. Si tratta di una storia d'amore ambientata a Memphis nel 1890. Oggi Memphis è cambiata radicalmente, perciò gireremo a Cincinnati dove esistono ancora molti bei edifici vittoriani. Gireremo a settembre, ma per adesso non posso dire di più".