Recensione Gentlemen Broncos (2009)

Hess cerca di ripetere in Gentlemen Broncos la stessa alchimia che aveva colpito pubblico e critica nel suo film di debutto, ma l'esperimento non risulta altrettanto soddisfacente.

Jared Hess colpisce ancora

Sono passati sei anni da quando Jared Hess aveva colpito, almeno parte di pubblico e critica, con il suo debutto alla regia, Napoleon Dynamite, che con ironia e cinismo prendeva di mira vizi e stupidità umane. Dopo la parentesi di Super Nacho, nel nuovo lavoro Gentlemen Broncos il regista torna a concentrare l'attenzione sul mondo degli adolescenti, aggiungendo un ulteriore livello: quello dei fanatici di un genere come la fantascienza, ad alto rischio di creazione di nerd. E lo fa mettendo al centro della sua storia il giovane Benjamin Purvis, giovanissimo aspirante scrittore sci-fi che segue un corso di scrittura tenuto dall'autore di genere Chevalier, in fase calante della sua carriera, ma ancora idolatrato dal ragazzo. Le difficoltà del momento spingono l'autore a plagiare proprio il racconto presentatogli da Benjamin, una storia intitolata Yeast Lords, in cui al protagonista viene rimosso un testicolo da parte della sua nemesi, e che diventa anche un piccolo film indipendente prodotto dagli amici Lonnie Donaho e Tabatha, parallelamente alla grande produzione cinematografica che fa invece capo all'opera di Chevalier. Una situazione che fa nascere più di un conflitto per il giovane aspirante scrittore, facendo provare al ragazzo, seppur in piccolo, le difficoltà della professione che sogna di intraprendere.

Siamo lontani dal debutto, in termini di tempo, ma anche di qualità, ed il nuovo Gentlemen Broncos non riesce a rimettere in scena gli aspetti positivi dell'esordio, a ricrearne la stessa alchimia, ma nemmeno quelli dell'opera successiva, che beneficiava della prestazione del suo protagonista Jack Black. Quello in cui Hess si muove, fatto di eccessi che sfociano nel grottesco, è un territorio difficile, sottile, da cui è facile sconfinare; basta un dettaglio fuori posto e personaggi eccessivi e sopra le righe possono diventare ridicoli, un paio di sequenze non riuscite per far perdere mordente alla storia.
E' quello che succede al nuovo film di Hess, portato al Festival di Berlino nella sezione Generation, dedicata al pubblico più giovane: i personaggi ci sono e sembrano affidati agli interpreti giusti, da Jemaine Clement, star di The Flight of the Conchords, a dare volto e bizzarro accento allo scrittore Chevalier a Sam Rockwell nei panni del protagonista delle due versioni del film tratto dal racconto del protagonista, ma mancano di quella solida base reale che possa fare da sfondo alle loro eccentricità per renderli interessanti.

Visivamente, Hess si sforza di creare un contrasto tra il grigiore della vita quotidiana di Benjamin, personaggio principale a cui Michael Angarano dona la giusta dose di apatia, ed i toni accesi delle sequenze dei due film.

E' proprio l'idea di alternare la storia alle sequenze dei due film realizzati dalla storia di Benjamin l'aspetto più interessante del film, nel mostrare le differenze tra la produzione semi-amatoriale firmata da Lonnie e quella più professionale realizzata a partire dal romanzo plagio di Chevalier. Così come il mondo della scrittura, di genere e non solo, è messo alla berlina grazie alla figura di Chevalier ed alle sue teorie sui nomi dei personaggi, il mondo della cinematografia indipendente viene preso in giro attraverso il lavoro dei Donaho Studios di Lonnie, produttori di ben 83 film (alcuni dei quali solo trailer), e tra le sequenze più riuscite del film troviamo proprio quelle che seguono la lavorazione sul set.
Anche questo aspetto di Gentlemen Broncos, però, non convince del tutto e, dopo gli iniziali sorrisi dovuti alla qualità delle sequenze prodotte dai ragazzi, alla lunga il gioco diventa ripetitivo e quello che resta è solo il ridicolo fornito dalle stesse.

Movieplayer.it

2.0/5