Dall'uscita di No Time To Die, venticinquesimo capitolo della serie di James Bond datato ormai 2021, si sono rincorse e susseguite numerose voci per quanto riguarda il prossimo film, che dovrebbe segnare l'attesa ripartenza della saga. Nessuna di queste supposizioni, però, ha trovato conferme. Di fatto, gli appassionati di 007, finora, si ritrovano davanti a loro nessuna novità, ma solo tante ipotesi.
Chi sarà il prossimo attore che interpreterà Bond? A chi sarà affidata la regia? Ed a chi la sceneggiatura? Quali ambientazioni avrà il film, e in quale epoca verrà incastonato? La EON, la casa di produzione britannica di 007 guidata da Barbara Broccoli e Michael G. Wilson, sembra non avere fretta e, almeno apparentemente, pare non averne nemmeno Metro-Goldwyn-Mayer ma, dovremmo dire più correttamente, Amazon Studios, sussidiaria del colosso dell'e-commerce che nel 2022 ha rilevato la casa cinematografica che detiene i diritti cinematografici della saga di James Bond, con EON Productions che rimane l'altro riferimento essenziale per il passato, il presente e il futuro di 007.
Ed è proprio il futuro dell'agente segreto al servizio di Sua Maestà britannica a rappresentare il problema per EON e MGM. Amazon Studios è, perdonateci la semplificazione, l'ultima arrivata e, finora, a parte la distribuzione (su piattaforma) di alcuni documentari, peraltro, molto interessanti (tra cui The Sound of 007), non ha ancora messo la firma su nuovi progetti cinematografici né, eventualmente, televisivi. Le domande che abbiamo posto poco fa sono tutt'ora senza risposta, quando sono ormai passati alcuni anni dall'uscita di No Time To Die e si è appena celebrato il 62° James Bond Day (il 5 ottobre 1962, infatti, esordiva il leggendario Licenza di uccidere). Ed è proprio Bond 25 ad aver rappresentato il punto di non ritorno nella storia della serie, dal quale sarà difficilissimo ripartire mantenendo la credibilità che essa ha da sempre conservato.
Dove eravamo rimasti
Da qui in avanti saranno inevitabili degli spoiler, e ci rivolgiamo ovviamente ai lettori che non conoscessero a fondo i vari capitoli bondiani, in particolare il più recente.
Come sappiamo, nel finale di No Time to Die accade l'impensabile, ciò che ogni appassionato di 007 ha scongiurato per quasi sessant'anni: James Bond rimane ucciso, sull'isola dove si trovava il folle e sadico Safin, nel frattempo eliminato da 007 dopo un ultimo, drammatico duello (nel quale il criminale aveva infettato Bond con dei nanobot che avrebbero potuto essere fatali per Madeleine Swann e loro figlia Mathilde). Scontro al termine del quale, però, l'agente britannico non può più fuggire, rimanendo intrappolato sulla stessa isola, mentre tutto ciò che di pericoloso essa contiene viene completamente distrutto da una pioggia di missili. Così, la missione si conclude e, stavolta, anche l'esistenza di Bond: un passo di una gravità narrativa estrema, per molti versi persino inaudita, che ha generato conseguenze al momento non ancora riparabili.
Il patto infranto
Alla fine di ogni capitolo del Bond classico, specialmente tra anni Sessanta e Settanta, compariva una frase tra i titoli di coda: "James Bond will return", ovvero "James Bond ritornerà". Un auspicio e una promessa verso il pubblico, mantenuta per quasi sessant'anni. Dopo No Time To Die, gli appassionati della serie possono soltanto augurarselo.
Lo sappiamo bene: 007 è un franchise in grado di produrre incassi milionari al cinema e di generare profitti enormi per la sua casa di produzione e, quindi, non può finire di esistere da un giorno all'altro, poiché non converrebbe a nessuno. Ma quell'idea di immortalità di Bond e la certezza che, nonostante mille pericoli e insidie, potesse sempre farcela, non c'è più. Con il venticinquesimo capitolo è stato infranto un patto che legava personaggio e pubblico fin dall'inizio della serie: tutto per inseguire fino all'estremo un realismo già raggiunto, peraltro, con un'opera straordinaria quale Skyfall, ma soprattutto una certa (pessima) moda dilagante che aveva, ad esempio, già pervaso i cinecomic, come accaduto in Logan - The Wolverine e in Avengers: Endgame.
Peccato che, in questi ultimi due casi, Marvel sia già tornata sui propri passi: Wolverine è rientrato sul grande schermo proprio di recente, accanto a Deadpool, per un nuovo revival; Iron Man non dovrebbe riapparire così come l'abbiamo conosciuto nel MCU, ma di certo a tornare sarà Robert Downey Jr., sebbene in altre vesti, con i film annunciati nel recente Comic-Con di Las Vegas. Emerge, nel caso dell'attore premio Oscar con Oppenheimer, l'incapacità di lasciare andare un universo che lo ha consacrato, ma allo stesso tempo è un'occasione fortemente cercata, per Marvel e Disney, nel tentativo di riallacciare un filo interrotto bruscamente con il pubblico, e che ha portato a un crollo generale dell'interesse verso i cinecomic della Casa delle Idee negli ultimi anni (e non solo per la dipartita di Iron Man, sia chiaro).
Un richiamo a cui Daniel Craig è certamente insensibile, avendo contribuito anch'egli a "uccidere" 007, prima rendendolo padre (e quindi vulnerabile, avendo tutto da perdere) e poi eliminandolo fisicamente, ed essendosi ormai dedicato a tutt'altro tipo di cinema (vedi la serie Knives Out o Queer di Luca Guadagnino, presentato all'ultima Mostra di Venezia, ndr). Ma, del resto, nessuno pretende dall'attore britannico un rientro sulle scene nel ruolo di Bond.
Non può però bastare la spiegazione data dallo stesso Craig, ed anche dalla EON, di aver creato uno 007 a sé stante, nell'arco di cinque film - da Casino Royale in avanti - e dunque di essere, per questo, pienamente legittimati a porre la parola fine sull'agente segreto di Sua Maestà. Bond è cambiato, si è evoluto, è stato ovviamente adattato ai tempi, oltre a essere stato interpretato da sei diversi attori: ma egli è sempre rimasto sospeso nel tempo, essendo parte di esso ma avendo anche il potere di sfuggirgli, riuscendo sempre a rinnovarsi ed essendo ormai considerato un simbolo, più che un semplice uomo con i suoi pregi e difetti, e per questo non destinato a finire, almeno non tragicamente, e certamente non come un qualunque altro personaggio di fantasia.
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Una nave senza nocchiere
Forse EON e MGM non avevano considerato le conseguenze della loro scelta. Ma, soprattutto, non credevano che rimettere insieme i cocci sarebbe stato così difficile. È certamente possibile che l'ingresso di Amazon Studios abbia rallentato la ridefinizione del nuovo progetto, ma la sensazione è che, pure rispetto a quanto accaduto in passato, ai piani alti non abbiano le idee molto chiare. Jennifer Salke, responsabile di Amazon MGM Studios, in un'intervista al The Guardian ha detto che "il pubblico globale dovrà pazientare", ribadendo che non sono affatto preoccupati per il ritardo sui tempi, rispetto a quanto accaduto in passato, e che tutte le discussioni creative sono aperte e, su queste, EON avrà sempre la parola definitiva. Come primo passo, comunque, si dovrebbe partire dal regista e, a questo proposito, sono usciti nomi che si ripetono ciclicamente, in particolare quello di Christopher Nolan il quale, pur essendo un grande fan della serie (e di capitoli quali Al servizio segreto di Sua Maestà e La spia che mi amava), accetterebbe l'incarico soltanto se avesse completa carta bianca (mai concessa da EON a nessuno) per poter incidere sul franchise, esattamente come accaduto per la trilogia del Cavaliere Oscuro. Peraltro, il regista britannico Premio Oscar è già in fase di preparazione del suo nuovo film, che prossimamente sarà annunciato ufficialmente, dopo le prime conferme soltanto ufficiose (l'uscita sarebbe prevista nel 2026 e il protagonista potrebbe essere Matt Damon).
Chi difficilmente sarà confermato è Cary Joji Fukunaga, regista di No Time To Die, il quale si è già spinto troppo oltre per concludere il ciclo precedente e, per questo, non potrebbe avere l'abbrivio per cominciarne un altro, essendo la situazione interamente da ricostruire. Si sono anche fatti altri nomi illustri, tra cui quello di Sam Mendes: sarebbe un ritorno per il regista di Skyfall e SPECTRE, ma in una recente intervista, sebbene non lo abbia escluso a priori, l'autore britannico (premio Oscar per American Beauty) ha detto con chiarezza che non potrebbe essere lui il profilo adatto, poiché EON cercherebbe registi più giovani e, per questo, più facilmente "controllabili".
Sono venuti fuori anche i nomi di Damien Chazelle (premio Oscar per La La Land), Edward Berger (regista del pluripremiato Niente di nuovo sul fronte occidentale) e David Michôd (autore di Animal Kingdom e Il Re); inoltre, si è continuamente avanzata l'ipotesi di una possibile sterzata storica con la scelta di una regista, e il nome che è venuto fuori è stato in particolare quello di Kelly Marcel, sceneggiatrice britannica il cui prossimo film, e sua opera prima dietro la macchina da presa, sarà Venom: The Last Dance.
Alla ricerca di un nuovo 007
Ciò che però stimola la curiosità del pubblico è certamente la scelta del nuovo 007. Anche in questo caso, EON appare quanto mai incerta, soprattutto perché non sono mai filtrate voci più o meno concrete (e credibili) come invece finora accaduto per i registi. Sarà sempre un uomo? Sarà una donna, anche in questo caso per imprimere una svolta inattesa rispetto ai romanzi di Ian Fleming, e come timidamente già tentato con il personaggio interpretato da Lashana Lynch in No Time To Die? Considerando che discostarsi troppo dalla tradizione rischia di tradire lo spirito dell'intera saga, fino al momento in cui vi scriviamo si sono fatti i "soliti" nomi di Henry Cavill e Tom Hiddleston, ma anche quelli del premio Oscar Cillian Murphy e di Tom Hardy.
L'indiscrezione che più di tutti si è fatta strada, tra una notizia e l'altra, è stata però quella che riguarda Aaron Taylor-Johnson, già ammirato in film come Animali Notturni, TENET e Bullet Train, e che prossimamente ritroveremo in Kraven - Il cacciatore e Nosferatu. Ma c'è qualcosa che manca, la più importante: l'ufficialità. La sensazione è che, senza regista e sceneggiatori, e quindi un'impostazione su che James Bond si voglia raccontare, non si avrà una scelta definitiva sul casting del protagonista.
Ritorno al passato
Oltretutto, non basta individuare il cast tecnico e artistico. 007 è sempre stato contemporaneo all'epoca nella quale sono usciti i film e questa, peraltro, è stata una sua peculiarità, passando dal periodo della Guerra Fredda a quello della minaccia terroristica internazionale, fino ai giorni nostri. Per il prossimo capitolo, avendo un fardello dal quale liberarsi dopo No Time To Die, potrebbe essere arrivata l'occasione per ambientare le avventure di James Bond nel passato e, forse, questa sarebbe la strada meno impervia da percorrere. Se, dopo quanto accaduto con il venticinquesimo film, 007 non ha più presente e non ha futuro, potrebbe ritrovare sé stesso magari all'epoca nella quale Fleming scrisse i suoi romanzi e racconti, ovvero tra il 1952 e il 1964. Almeno per riannodare i fili con le origini e ripartire: il vintage, spesso sinonimo di stile ed eleganza, potrebbe rappresentare la cifra stilistica del nuovo Bond. Chi non vorrebbe ritrovare le atmosfere nelle quali Sean Connery è diventato un'icona del cinema?
Di certo, quello che oggi manca a tutti gli appassionati di 007 è potersi immergere nuovamente nelle atmosfere bondiane, ormai quasi rarefatte, che si possono ritrovare soltanto assaggiando un Martini agitato, non mescolato, mentre si rivedono i capitoli storici della serie. A chi ha tra le mani il destino di James Bond, chiediamo soprattutto di tornare a disegnare un personaggio cui l'eccessiva modernizzazione ha tolto la possibilità di sorprendere positivamente lo spettatore, come accadeva negli anni d'oro dello 007 più classico.