Ironia e potere
Portoferraio, Isola d'Elba, 1814. Martino Papucci, poco più che ventenne, è il maestro elementare del paese. Questo almeno fino a quando non si lascia troppo andare nell'arringare i suoi giovanissimi alunni contro l'odiato tiranno Napoleone, che sta per approdare all'Elba, costretto all'esilio ma accolto come un re dai compaesani dell'incredulo Martino. Licenziato, Martino rifiuterà di partire per un lungo viaggio in mare per l'attività commerciale della famiglia, per rimanere a Portoferraio e osservare i movimenti del sanguinario Imperatore. Ma presto gli giungerà un'incredibile proposta: l'offerta di entrare al servizio di Bonaparte, come bibliotecario e segretario personale. Un segno inequivocabile, dal punto di vista di Martino, che qualcuno lassù ha deciso di fornirgli l'opportunità di immolarsi per il futuro della sua terra e per la libertà dei suoi compatrioti, uccidendo il tiranno. L'incontro con Napoleone, però, sarà abbastanza spiazzante: l'odiato corso è infatti un ometto paffuto, sconfitto e un po' patetico che chiede al giovane intellettuale di prendere nota dei suoi pensieri, delle sue riflessioni quotidiane, dei suoi aforismi: un campionario di pomposa vacuità di cui Martino non può non prendersi gioco. Allo stesso tempo, però, l'intimità con Napoleone sembra stemperare il suo fiero disprezzo: il mostro è addolorato, e si dichiara persino pentito...
Martino Papucci, uno Jacopo Ortis un po' più ridicolo e sensuale e senza inclinazioni autodistruttive, è il giovane eroe attraverso il quale Paolo Virzì ci propone lo scontro tra la passione e l'idealismo dei vent'anni e le astuzie del potere: la sua avventura è, però, innanzitutto una spassosa farsa in costume con tutti gli stilemi tipici del cinema di Virzì, ovvero personaggi credibili, dialoghi brillanti e una satira amabile e politically correct. Sì, perché il presunto attacco all'ex premier Silvio Berlusconi è più che altro costituito da un paio di allusioni inoffensive che dovrebbero creare dal nulla il parallelismo con la figura di un Napoleone ritratto come fin troppo scaltro e attraente. Un paragone, insomma, che potrebbe solo risultare gradito al leader di Forza Italia.
L'ambientazione ottocentesca è ricreata con grande precisione e vitalità dai reparti tecnici, anzi, il fasto e la cura profusi dei dettagli d'ambiente risultano persino fuori scala ripetto alla modestia dei siparietti più leggeri e senza pretese del film, ed entrano in qualche punto in conflitto con lo spirito un po'troppo moderno dei personaggi. Ma sproporzioni e anacronismi sono consapevoli e perfettamente in sintonia con il cinema scanzonato e scevro di ogni compiacimento intellettuale di Paolo Virzì.
Questo è ad un tempo un vantaggio e un limite: N (Io e Napoleone) riesce ad avere due anime, quella di un interessante quadro storico e quella di una riuscita commedia, ma rimane troppo in superficie per poter essere considerato un film di spessore.
Movieplayer.it
3.0/5