Francesco Totti è senza dubbio il grande protagonista delle Festa del Cinema di Roma. Anche se domani non ci sarà nel previsto incontro per il pubblico, a causa del lutto per la recente scomparsa del padre, e non ha partecipato all'attività stampa, è stato presente lo stesso. E ha parlato con il suo film, Mi chiamo Francesco Totti, presentato oggi all'Auditorium e in uscita evento il 19, 20 , 21 ottobre con Vision Distribution. "Arriva al cinema in un momento particolare del nostro paese, la nostra volontà è stare tre giorni in sala, ma siamo disponibili a stare anche di più" ha dichiarato Nicola Maccanico di Vision. "Speriamo che Totti, tra i tanti miracoli, riesca a dare un impulso alle sale". Il 16 novembre il film sarà su Sky e in un secondo momento sulla Rai. Mi chiamo Francesco Totti è un film emozionante, epico e intimo allo stesso tempo, una storia universale che farà piangere i romanisti, ma che conquisterà tutti gli appassionati di calcio e di sport.
Alex Infascelli: Una storia d'amore tra Francesco Totti e la città
Assente Francesco Totti per i noti motivi, è toccato soprattutto al regista Alex Infascelli fare gli onori di casa. "La mia avventura nel film nasce con Lorenzo Mieli, con cui c'è sempre stata empatia e conoscenza reciproca" racconta il regista. "Non lo avrei affrontato se non avessi avuto accanto una persona di cui mi fidavo ciecamente. Ovviamente è un film molto particolare, osservando una 'cosa' conosciutissima come Francesco sapevo di rimbalzare narrativamente a tutta una città: a me, ai romani, ai romanisti, alle persone che circondano Francesco. Il film nasce da una relazione di amicizie ed è una storia d'amore tra Francesco e la città di Roma". "Quando Virginia Valsecchi ci ha portato questo progetto ho pensato fosse qualcosa di immenso" racconta Lorenzo Mieli, produttore di The Apartment. "Chi poteva girarlo? Alex è stato scelto perché non è un tifoso sfegatato, non è un esperto di calcio, ma da regista di cinema poteva trovare il centro narrativo". "Il film non è solo una storia d'amore tra un calciatore e una città. ma racconta una generazione: per me Francesco rappresenta, anche fisicamente, una parte enorme della nostra vita" confessa il produttore. "Eravamo giovani quando ha iniziato a giocare, e per noi romani è stato sempre presente. Ha scelto di non andarsene mai, di restare vicino per tutta la vita ai suoi amori, secondo noi ci voleva un non tifoso per raccontarla. Francesco è famoso per l'ironia, fa ridere. E anche Alex sa fare questo". Ha ragione Mieli, quando dice che è il ritratto di una generazione: è un "come eravamo", una "ricerca del tempo perduto" verso dei tempi e un calcio che non c'è più. E che ci manca. "Ero presente il giorno del suo addio" ci svela Virginia Valsecchi "Totti è stato un mito e come tale va raccontato. Quando è uscito il libro Un capitano di Paolo Condò (da cui il film è liberamente tratto, ndr) sono corsa a prenderlo e ho detto a mio padre: dobbiamo prendere i diritti di questo libro. Lui non poteva farlo e sono entrati in scena The Apartment e Wildside, Vision e Rai Cinema".
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Nicola Maccanico: l'ho fatto perché sono juventino
"Nel fare questo film ho trovato molta convinzione proprio dal mio essere juventino" confessa Nicola Maccanico di Vision. "Mi ha permesso di vedere da non tifoso la vita di questo personaggio straordinario. In Totti c'è tutto quello che serve per fare storytelling a livello cinematografico. Quando noi facciamo cinema cerchiamo emozioni. E quello che è riuscito a fare Alex è stato dare quel tocco. La grande maggioranza delle immagini le abbiamo già viste. Quando fai un documentario conta la ricerca, e conta il punto di vista. E qui è quello di Francesco, che rivive le sua vita calcistica insieme a noi". "Se il regista fosse stato un tifoso difficilmente sarebbe nato questo tipo di film" concorda Paolo Del Brocco di Rai Cinema. "Mi giravano le scatole" ammette. "Perché c'era questo progetto e non c'eravamo noi. Poi siamo stati chiamati, e anche la Rai, a suo tempo con la finestra giusta, potrà far vedere questo film meraviglioso. Totti è un eroe, un capo popolo che è stato tradito da quelli a cui aveva dato tutto, la squadra".
Alex Infascelli: Francesco Totti, una figura cristologica
C'è chi ha visto, nella rappresentazione che fa del calciatore Mi chiamo Francesco Totti, una figura cristologica. "Prima di tutto è Roma che è cristologica, che è cattolica" concorda Infascelli. "E la figura di Cristo non differisce da quella di Kurt Cobain o Francesco Totti. Tutti da giovani hanno fatto cose incredibili. Sono persone che avevano una missione, hanno eliminato il proprio ego per fare qualcosa di importante". "Totti viene da una famiglia cattolica, e ha sentito fortissima questa cosa" aggiunge. Alla domanda sul perché non siano strati intervistati altri protagonisti della sua vita, Infascelli risponde così: "Questo è un film che racconta una storia di una persona che si racconta. Emoziona perché lui si emoziona. Ho lasciato tutto lo spazio a Totti per risuonare, e lui lo fa. Gli altri sarebbero stati fuori luogo. Sarebbe stata un'indagine. Non mi interessava. Il film é Io mi chiamo Francesco Totti, è un foglio bianco, è un tema. mi piace perché Francesco è così".
Questa è l'ultima parte del film
C'è chi pensa che, non presentandosi alle attività della Festa di Roma per un lutto, Francesco Totti abbia dato vita all'ultima parte del film che abbiamo visto, che abbia cioè dimostrato che tutti i suoi valori, raccontati nel film, sono autentici. "Credo sia inutile speculare sul dolore, sul lutto: ognuno lo gestisce come vuole" commenta Alex Infascelli. "Questo è l'ennesimo capitolo del film, è vero. Ma Totti, secondo me, ha anche sentito il desiderio che parlasse il film, perché dice tanto. Non aveva più niente da dire, ha detto tutto lì. Ha detto: sto male, voglio stare da solo. E voglio che quello che è accaduto non prenda il sopravvento su una cosa, come il film, che è stata così delicata. Non venendo ha voluto lasciare spazio a noi per farci dire quello che pensiamo di lui". Nel film lo sentiamo dire, a un certo punto, che vorrebbe finalmente vivere una giornata senza dover fare foto e firmare autografi, come gli è capitato finora in ogni giorno della sua vita. Forse quel momento è arrivato.
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Alex Infascelli: Francesco Totti è stato il mio coregista
Guardando il film, si nota come abbia una costruzione molto accurata. Alex Infascelli ci ha spiegato, passo per passo, come è nato il film. "Nei primi mesi, dopo aver girato con lui le riprese allo stadio, le scene delle paperelle (un gioco con la palla che faceva da bambino, ndr), mi sono chiuso al montaggio, ho costruito una struttura in tre atti, che mi sembrava valida. La notte prima dell'addio Totti si trova allo stadio olimpico e ripensa al su passato. Poi è arrivato Francesco, volevo arrivare da lui con un serbatoio pieno di immagini". Immagini che scorreranno per tutto il film, mentre di Totti sentiamo solo la voce, in una sorta di flusso di coscienza. "La tentazione di riprenderlo è stata forte, ma da subito ho lasciato stare" ci svela Infascelli. "Non volevo che fosse un volto, ma che ci fosse un flusso di parole. Ho messo lui sul divano, con un microfono in alto, in modo che non lo vedessimo, e con un caffè e tre biscotti abbiamo iniziato a parlare. A volte Francesco seguiva il mio copione, a volte navigava letteralmente a vista. E ho messo quello che arrivava da Francesco dentro al film: inevitabilmente come uno scalpello andava a scalfire quello che avevo fatto e gli dava una nuova forma. Così gli riproponevo un'altra struttura, e reagiva dandomi un'emozione. A volte andava dove immaginavo avrebbe fatto, altre volte mi suggeriva un'altra struttura". "Manda un po' indietro" è uno dei tormentoni del film, i momenti in cui Francesco chiede di rivedere un'immagine, per leggerla, interpretarla, o svelare qualcosa. "Girare il film è stato come la scena di Ghost - Fantasma, come i due che fanno il vaso con la creta. Francesco è il mio coregista: è un film di Alex Infasceli con Francesco Totti".